di STEFANIA PAPALEO
Un altro annullamento di misura cautelare nell'ambito dell'operazione "Clean Money". Questa volta a liberarsi degli arresti domiciliari è Giuseppe Procopio, braccio destro del padre Pietro, quest'ultimo ritenuto il vero promotore del clan del gaglianesi. La decisione è stata assunta dai giudici del Tribunale della Libertà, che hanno accolto l'istanza di scarcerazione avanzata dall'avvocato Toni Sgromo. Il legale si è battuto fin dall'inizio contro le accuse di associazione a delinquere finalizzata alle truffe ipotizzata contro Giuseppe Procopio dai magistrati titolari dell'inchiesta, i sostituti procuratori Veronica Calcagno e Debora Rizza, che avrebbero ricostruito un vorticoso giro di false fatture per giustificare i trasferimenti di merce dal magazzino di Alipadania srl a Catanzaro.
Le truffe, in particolare, ruotavano intorno alla costituzione di una società, la Alipadania srl, con sede in Borgo Ticino, provincia di Novara, attraverso la quale sarebbero stati avviati reali e fattivi rapporti commerciali con varie ditte, finché, dopo aver trattenuto un ingente quantitativo di merce consegnata dai vari fornitori, avrebbero interrotto i pagamenti, portando strumentalmente e fraudolentemente la società al fallimento.
“Se la visione degli atti potrebbe far ipotizzare una mera ipotesi di crisi imprenditoriale rilevante sul piano civilistico contrattuale, con le dovute ricadute sul piano imprenditoriale – scrive il gip Gilda Romano nella sua ordinanza di custodia cautelare - - la valutazione dell’operato degli indagati dalla genesi della società e dalla delineazione poi della concreta attività imprenditoriale porta a scartare l’ipotesi di una crisi economica come fondamento di quanto accaduto e a riportare al giusto significato le sorti della Alipadania e dei rapporti avviati. È risultato chiaro – scrive ancora il giudice - che è stata concepita la costituzione di “una società vuota e fittizia, pensando a chi potesse rivestire la carica formale di una articolata realtà di impresa, per poi individuare il settore di azione, ovvero l'apertura di un supermercato che fungesse da soggetto giuridico ordinante i beni di più disparata varietà, che venivano poi trasportati in Calabria e reimmessi in vendita nelle loro aziende, destreggiandosi fra fatturazioni pilotate, pagamenti posticipati, poi mai effettuati, e poi sviando le richieste dei pagamenti ai primi ritardi”.
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