Non era d'accordo il sindacato italiano balneare della Calabria. Era fortemente contrario alla legge della Regione Calabria che stabiliva la proroga delle concessioni demaniali portata in aula dall'allora consigliere Alessandro Nicolò. E questo perché sapeva bene che la competenza in materia è dello Stato.
Una certezza che diventa granitica con la pronuncia della Corte costituzionale che "ribadisce" il potere dello Stato in materia cassando due articoli della legge regionale.
Era stato l'allora consigliere regionale Nicolò, in una fase di vacatio, a portare la legge in aula malgrado il parere sfavorevole del Sindacato che aveva ribadito la "non competenza giuridica" della Regione Calabria considerato che il demanio è materia dello Stato.. A tal punto da essere poi impugnata dal Governo e "bocciata" in parte dalla Corte costituzionale. Il tutto mentre lo Stato nel 2018 legiferava per rinnovare le concessioni fino al 2033 e confermava tale volontà ancora nel 2020 implementando la legge 145/18 che lascia lavorare serenamente i lidi per il prossimo decennio. La sentenza ma soprattutto i titoli dei media hanno ingenerato molta confusione e paura tra i balneari ma la sentenza (LEGGI QUI) rafforza il legislatore nazionale e la legge esistente di proroga .
All'indomani della pronuncia il presidente del Sindacato italiano balneare, Antonio Capacchione, ha scritto una lettera agli operatori del settore.
"Cari amici e colleghi,
La corte costituzionale con la sua ultima sentenza in materia demaniale non fa altro che ribadire il proprio costante orientamento che attribuisce allo stato nazionale la competenza a disciplinare la materia. Non contesta la 145/2018. Anzi. Sia l'Avvocatura di stato che la stessa Corte annullano la legge calabrese proprio in riferimento a quanto previsto e stabilito dall'articolo 1 commi 677 e seguenti della legge nr.145/2018.
Infatti l’avvocatura dello Stato aveva impugnato la legge calabrese perchè “la materia è oggi regolata a livello statale dall'art. 1, commi da 675 a 685, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), che ha imposto una generale revisione del sistema delle concessioni marittime secondo modalità e termini da adottarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, demandando a un successivo d.P.C.m. la fissazione dei principi e dei criteri tecnici dell'assegnazione delle concessioni sulle aree demaniali marittime”.
La Corte Costituzionale non contesta la legge nr. 145/2018 ma proprio sulla stessa fonda la dichiarazione della illegittimità della legge calabrese.. Infatti osserva che “la circostanza, rilevata dalla difesa regionale, che la stessa disciplina statale più recente abbia previsto, nelle more della revisione del sistema delle concessioni marittime da parte di un d.P.C.m., il prolungamento della durata delle concessioni esistenti al 30 dicembre 2018 per quindici anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 145 del 2018, non può d'altra parte legittimare le Regioni a dettare discipline che ad essa si sovrappongano, in un ambito riservato alla competenza esclusiva dello Stato. Per cui non si è in presenza di nessuna “bocciatura” della legge 145/2018 ma, al contrario vi è il riconoscimento della sua validità per effettuare il riordino del settore".
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