
di ANTONIO BEVACQUA
Si fa un gran discutere, in queste ore, delle norme contenute nella proposta di legge riguardante la riforma dei condomini, presentata dalla sua prima firmataria On. Elisabetta Gardini e dai deputati Montaruli, Osnato, Amich, Caretta, Colombo, De Corato, Giordano, Iaia, Marchetto, Aliprandi e Polo, tutti di Fratelli d’Italia.
La proposta, subito avversata sia dai partiti di governo, in primis dalla Lega, e perfino dallo stesso Fratelli d’Italia, cui appartengono tutti i firmatari, sia da quelli all’opposizione, è finita nel tritacarne dei mass media. E’ bastata l’uscita del leader leghista Salvini: no a “nuova burocrazia per i condomini e per gli inquilini che adempiono al loro dovere” per far partire titoli e articoli contenenti le accodate dichiarazioni degli altri partiti, di maggioranza e di opposizione, ma privi di un qualsiasi approfondimento dei contenuti della proposta di legge. Bocciatura senza appello anche in alcuni talk televisivi, dove la riforma condominiale è stata fantasiosamente censurata, ho persino udito, per la volontà che sarebbe in essa contenuta di “punire i condomini” rei di aver profittato del super-bonus e superficialmente identificata con “la richiesta della laurea” per gli amministratori e col potere dei creditori di “mettere le mani in tasca ai condòmini diligenti”.
In realtà, a mio parere, e lungi da me l’idea di difendere la proposta di legge o la parte politica dalla quale essa proviene, la riforma non è da gettare nel fuoco solo perché non piace ai soliti lisciatori di pelo a caccia di voti.
Nulla di più falso a proposito di quanto viene detto sul fatto che i condòmini in regola debbano pagare per i morosi, la norma non dice questo, piuttosto ottima è da considerare è la previsione (ovviamente ideologicamente osteggiata) che sia vietato il contante e che tutti i pagamenti debbano transitare sul conto corrente condominiale, a tutto vantaggio della tracciabilità e della sicurezza nella contabilizzazione. Nella proposta poi, e chi ha tempo e voglia vada a leggersi l’atto Camera n. 2692, è contenuto un principio da non sottovalutare e sul quale, molto più modestamente, io stesso mi sono spesso intrattenuto. Mi riferisco a quello secondo il quale, attraverso la “previsione di titoli di studio più elevati sia per l’amministratore sia per il revisore condominiale”, si introduce, finalmente, la necessità per chi amministra organismi, come in questo caso i condomini, di possedere stringenti requisiti oltre che di onorabilità, anche di professionalità. Requisiti fondamentali rappresentati da integrità, correttezza e soprattutto adeguatezza delle competenze in capo a chi viene chiamato, posto o eletto all’incarico (assenza di condanne penali, di fallimenti, di misure interdittive, ecc.; presenza di esperienza e titoli di studio idonei all'attività specifica).
Ho il sospetto, però, che il tentativo di affossare la proposta sia dettato dal pericolo che l’affermazione di un tale principio, una volta che venga sdoganato per i condomini, possa poi espandersi a macchia d’olio e raggiungere magari la politica e allora, mi rendo conto, sarebbero dolori.
Antonio Bevacqua
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