di CLAUDIO MARIA CIACCI
Il tanto atteso confronto sulla sanità a Catanzaro aveva tutte le carte in regola per essere un momento di chiarezza e responsabilità, un’occasione in cui i candidati alla guida della Calabria e le istituzioni locali potevano guardare i cittadini negli occhi e spiegare cosa intendono fare per rimettere in piedi un sistema che, da anni, si regge a malapena sulle spalle di medici e infermieri. Eppure, mentre le luci si accendevano e i posti in sala si riempivano, a rispondere presente è stato soltanto uno: Roberto Occhiuto. Gli altri, quelli che di solito riempiono le piazze di proclami e social di slogan, si sono dati alla macchia.
Il caso più clamoroso è quello di Pasquale Tridico. Da settimane non perde occasione per puntare il dito contro le falle del sistema sanitario, dipingendo un quadro drammatico che, a dirla tutta, nessuno contesta. Il problema non è riconoscere i guasti, ma dire come ripararli. E lì casca l’asino. Perché quando arriva il momento di confrontarsi, di rispondere a domande concrete e di mettere nero su bianco una visione, Tridico improvvisamente sparisce. Un’assenza pesante, che non si può liquidare con un “non potevo”, perché a nessuno sfugge che se davvero avesse voluto esserci, ci sarebbe stato. Forse ha capito che a un confronto pubblico non basta agitare lo spettro del “vaffa” grillino, e che i calabresi vogliono ascoltare proposte, non prediche.
La sua assenza ha il sapore amaro della fuga. Una fuga che racconta più di mille discorsi. Racconta che la conoscenza del territorio è scarsa, quasi nulla. Racconta che la sanità calabrese per lui è più un tema da cavalcare in campagna elettorale che una sfida da affrontare con serietà. Racconta che, senza i riflettori nazionali e senza il sostegno della propaganda movimentista, la sua voce rischia di rivelarsi un bisbiglio impacciato. Alla fine, la sua presenza sarebbe stata identica alla sua assenza: inconsistente.
Ma Tridico non è stato l’unico grande assente. A stupire, e non poco, è stata anche la defezione del sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita. Si parlava del pronto soccorso cittadino, della sua collocazione, del ruolo della città capoluogo nella rete sanitaria regionale. Temi che riguardano direttamente la sua amministrazione e i suoi cittadini. Eppure Fiorita non c’era. Nemmeno una parola, nemmeno un gesto. Un’assenza che grida, perché se il sindaco non partecipa a un dibattito sul futuro della sanità nella sua città, quando dovrebbe farlo? Forse non voleva esporsi, forse non sapeva cosa dire, forse ha preferito non disturbare. Ma la politica non si fa con i “forse”: si fa con la presenza, con la responsabilità, con il coraggio di affrontare anche i dossier più scomodi.
E così, sul palco del Musmi, a parlare di sanità calabrese e di pronto soccorso, a spiegare strategie e scelte, è rimasto Roberto Occhiuto. Da solo, certo, ma con la chiarezza di chi conosce il peso delle decisioni e con la concretezza di chi non si sottrae. Ha dialogato con il candidato Toscano, ha esposto con puntualità i problemi e le possibili soluzioni, ha difeso le sue scelte e si è assunto la responsabilità di fronte ai cittadini. Tutto quello che la politica dovrebbe sempre fare.
Piaccia o meno ai suoi detrattori, la differenza tra Occhiuto e i suoi avversari ieri si è vista tutta. Da un lato chi si assume la responsabilità di esserci, di parlare, di rispondere. Dall’altro chi preferisce nascondersi dietro il silenzio o dietro il solito repertorio di slogan, utile a strappare un applauso facile ma inutile a cambiare le cose.
La sanità calabrese non ha bisogno di fantasmi, né di predicatori del populismo a comando. Ha bisogno di chi è disposto a metterci la faccia, a prendersi critiche e fischi, ma anche a proporre soluzioni concrete. Occhiuto lo ha fatto, Tridico e Fiorita no. Ed è proprio questa la differenza che i cittadini hanno visto a Catanzaro: da una parte la presenza, dall’altra il vuoto.
Il confronto
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