di ANTONIO CANNONE
Come prevedibile il Consiglio di Stato ha ribadito la decisione già assunta nei mesi scorsi confermando lo scioglimento del Comune di Lamezia Terme per mafia. La sentenza è arrivata oggi, e nel dispositivo si parla chiaramente di "condizionamento evidente della criminalità, nel disordine organizzativo e amministrativo, negli appalti gestiti irregolarmente".
Dunque, è stata scritta la parola fine e pertanto Lamezia Terme tornerà al voto il prossimo 10 novembre, con "buona pace" di ancora sperava in un ribaltamento.
In 37 pagine, i giudici del Consiglio di Stato (presidente Franco Frattini, consiglieri Massimiliano Noccelli, Stefania Santoleri, Giovanni Pescatore e Raffaello Sestini), illustrano punto per punto i motivi dello scioglimento. Di seguito alcuni passi tra i più salienti.
"Questo Collegio deve rilevare che la disciolta amministrazione comunale, anziché operare in modo “esemplare” come pure affermano gli appellati nella loro memoria, non ha nemmeno atteso, incontestabilmente, lo scadere del termine previsto dall’art. 92, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 al fine di acquisire la documentazione antimafia, per affidare il servizio ad una società inquinata da grave condizionamento mafioso, che da moltissimi anni continuava a svolgere detto servizio, mentre sarebbe stato opportuno attendere l’emissione del provvedimento antimafia liberatorio".
"Le condotte infiltrative della criminalità organizzata"
E' "indubbio - si legge altresì - che una gestione poco lineare e trasparente delle procedure ad evidenza pubblica costituisce terreno fertile per l’inserimento della criminalità organizzata e la disorganizzazione e il disordine amministrativo
costituiscono terreno fertile per le condotte infiltrative della criminalità organizzata, ciò che è dimostrato, peraltro, dalle continue proroghe contrattuali utilizzate per sopperire all’esigenza di continuità nell’erogazione dei servizi pubblici essenziali. I condizionamenti mafiosi sulla vita amministrativa dell’ente - è scritto ancora - per i collegamenti diretti o indiretti dei suoi amministratori con la ‘ndrangheta si sono riflessi in un generale disordine amministrativo nella gestione degli appalti pubblici, con affidamenti diretti e proroghe in favore delle medesime imprese. L’insieme di questi elementi la cui pregnanza e univocità appare difficilmente contestabile, dimostra l’esistenza di una fittissima rete di intrecci, legami, cointeressenze tra i vertici politici del Comune, che essi appartengano alla maggioranza o alla minoranza, e una irrimediabile compromissione del governo locale con soggetti e logiche di stampo criminale mafioso, considerata persino la contestazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa ad alcuni degli amministratori locali".
"Contributo determinante della mafia"
"Il contributo determinante della mafia nel condizionare il voto popolare, è tale da inficiare irrimediabilmente il funzionamento del consiglio comunale per un suo vizio genetico, essendo difficilmente credibile, secondo la logica della probabilità cruciale, che un Consiglio comunale i cui componenti siano eletti in parte con l’appoggio della mafia, per una singolare eterogenesi dei fini, possa e voglia adoperarsi realmente e comunque effettivamente, non solo per mero perbenismo legalitario, per il ripristino di una effettiva legalità sul territorio e per la riaffermazione del potere statuale contro l’intimidazione, l’infiltrazione e il sopruso di un ordinamento delinquenziale, come quello mafioso, ad esso avverso per definizione".
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