di Enzo Bonanni*
Il COVID-19 è la causa di morte per decine di migliaia di esseri umani, di solito i più deboli. In Italia, abbiamo, purtroppo, superato il numero dei 13.000. Spiccano, tra le vittime, i sanitari impiegati in prima linea nella lotta contro il virus. Sono 73 i sanitari deceduti a causa del coronovirus e più di 10.000 sono i contagiati. Bilancio tragico che purtroppo è destinato ad aggravarsi.
Una petizione del Prof. Giuseppe Pellacani è sostenuta dall’ONA, per tutelare, prima di tutto in chiave preventiva, e poi in chiave risarcitoria, coloro che sono stati infettati e hanno subito danni anche a causa dell’assenza delle dovute misure di protezione. Si condividono le tesi sostenute dal Prof. Giuseppe Pellacani e si chiede che le vittime e i superstiti siano assistiti dalle necessarie garanzie economiche. Medici e altri operatori sanitari vittime del COVID-19 e i loro famigliari non debbono e non possono essere lasciati soli.
Sicurezza: medici e sanitari vittime del Coronavirus
Il numero dei medici deceduti per COVID-19 è quotidianamento aggiornato sul sito ufficiale della Fnomceo (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici) dove è riportato il bollettino a lutto dei deceduti in prima linea nella lotta contro il nuovo Coronavirus (COVID-19).
Migliaia di medici e operatori della sanità stanno mettendo a rischio la loro salute e la loro vita combattendo in prima linea nella battaglia contro l’attuale pandemia, provocata dal nuovo Coronavirus alias COVID-19.
Le condizioni di lavoro per i medici e gli operatori sanitari sono particolarmente difficili, e gli sforzi e i sacrifici richiesti al personale sanitario sono enormi, non solo a causa della quantità di ore di lavoro e dei turni massacranti necessari per far fronte all’emergenza e tutti abbiamo il dovere di lottare con loro, prima di tutto con le misure di contenimento e poi con la migliore dotazione di strumenti di protezione e separando i pazienti malati di covid-19 da tutti gli altri.
Questo non è il momento più opportuno per interrogarsi sugli effetti di 10 anni di tagli alla sanità pubblica, o di analizzare se e come si sarebbero dovute adottare misure per consentire fin dal primo momento di operare in sicurezza nelle strutture sanitarie e negli ambulatori, o quali procedure avrebbero potuto essere attivate per assicurare sin da subito il tempestivo approvvigionamento e la conseguente distribuzione dei dispositivi di protezione individuale.
Necessaria la tutela legale di coloro che in prima linea rischiano la vita ogni giorno, compresi i sanitari ed è per questo che l’ONA -Osservatorio Nazionale Amianto- sostiene l’iniziativa del Prof. Giuseppe Pellacani, per il riconoscimento dello status di vittima del dovere per il personale medico, paramedico e per tutti gli operatori della sanità, e delle forze dell’ordine e del comparto sicurezza, che stanno svolgendo un ruolo fondamentale per affrontare l’emergenza Coronavirus.
Il riconoscimento dello status di vittima del dovere, oltre ad essere una misura meritoria, eticamente e giuridicamente corretta, risparmierà molte azioni giudiziarie al carico delle ASL, delle Regioni, del Ministero della Salute e dello Stato.
Le vittime, anche per effetto della violazione di regole cautelari, tra le quali la dotazione di idonei strumenti di protezione, di cui allo stato vi è totale carenza, hanno diritto all’integrale risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, patiti e patiendi.
In caso di decesso, il coniuge, i figli, ovvero gli altri superstiti, hanno diritto alle prestazioni di vittima del dovere, oltre all’integrale risarcimento anche dei danni, che hanno sofferto direttamente, oltre che essere eredi in ordine alle spettanze della vittima primaria, eventualmente venuta a mancare in seguito al contagio.
Le somme erogate in seguito al riconoscimento dello status di vittima del dovere, saranno comunque portate in detrazione degli importi dovuti alle vittime e in caso di decesso, ai loro famigliari, con la c.d. compensatio lucri cum damno.
COVID-19: Misure di protezione e tutele legali
Ma quali sono le reali misure di protezione individuale necessarie ad evitare il contagio da COVID-19? Il nuovo Coronavirus è un agente biologico (un microrganismo in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico, che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni) che appartiene al Gruppo 4.
Gli agenti biologici sono comunemente ripartiti in 4 gruppi a seconda del rischio che comportano e in base al grado della loro:
Il nuovo Coronavirus appartiene al Gruppo 4 a cui corrispondono un rischio individuale e collettivo elevati, dunque la capacità di provocare gravi malattie nell’uomo e di costituire un grave rischio per gli operatori; con un elevato rischio di propagazione nella comunità per cui non sono disponibili efficaci misure preventive o terapie.
Medici e operatori sanitari per esercitare la loro professione in sicurezza devono essere muniti di adeguati dispositivi di protezione individuale per uso professionale e a norma di legge.
Come già evidenziato dal Dott. Pasquale Montilla (oncologo medico consulente dell’ONA), il carattere estremamente mutevole del virus SARS Covid-2019, determina una necessità di procedure mirate di prevenzione, che a loro volta necessitano di linee guida finalizzate al biocontenimento essendo il virus trasmissibile per via aerea, ad alto impatto e ad alta trasmissione di classe 4. Il virus essendo caratterizzato da una forte letalità e da un carattere neuro-tossico e con polmonite interstiziale acuta, e pertanto, vi è necessità di dispositivi idonei per limitarne la diffusione.
L’ OMS, finalmente ha recepito le indicazioni e le sollecitazioni fatte proprie anche dal Dott. Pasquale Montilla, e dall’ONA, perché si rivaluti l’utilizzo delle maschere protettive anche per i cittadini, soprattutto nell’ottica della ripresa delle attività.
I dispositivi possono essere di due livelli: il primo di biocontenimento del soggetto in isolamento, che deve essere però posto in essere in delle unità speciali. Il secondo livello è caratterizzato dalla presenza di strumentazione specifica, quale tute o caschi e maschera frontale. Si sottolinea così che al personale sanitario deve essere garantita non solo la mera mascherina con grado FFP2/P3, ma ben altri ausili, ovvero l’integrazione con tute sterili, caschi e maschere che permettono la reale ed effettiva intrasmissibilità del virus.
Per quanto concerne i civili, identificati come i comuni cittadini, l’utilizzo della mascherina ha un reale contenimento allor quando la stessa è utilizzata da un soggetto già contagiato, in quanto la protezione disposta dalla mascherina limita la diffusione aerea del virus e la conseguente trasmissione a soggetti sani. Pertanto, l’utilizzo della mascherina, non coadiuvata da altri mezzi di protezione, mette in dubbio la reale capacità di idoneità del mezzo all’evitare la diffusione del contagio.
Uno studio del 2014 di un gruppo di ricercatori di fluidodinamica del MIT, guidato da Lydia Bourouib, ci aiuta a capire in che modo la mascherina possa aiutare a limitare la diffusione aerea del virus. Un colpo di tosse media è in grado di diffondere fino a 3.000 goccioline che possono muoversi fino a 75 km all’ora. Lo starnuto, invece, genera fino a 40.000 goccioline, che possono raggiungere una velocità di 320 km all’ora.
La distanza percorsa dalle goccioline dipende dalle loro dimensioni (quelle inferiori a 5 micron di diametro possono rimanere sospese nell’aria anche per 10 minuti). In ogni caso, non cadono a terra entro 1-2 metri, ma possono viaggiare fino a 8 metri se emesse da uno starnuto, e fino a 6 metri con la tosse.
Mancanza di dispositivi di protezione del coronavirus
È del 1 aprile 2020 la notizia che le mascherine, ricevute dagli Ordini dei medici provinciali da parte della Protezione Civile il giorno precedente (circa 600mila pezzi) non erano autorizzate per uso sanitario. Per questa ragione, il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici, Filippo Anelli, ricevuta tale comunicazione dal commissario Arcuri, ha provveduto immediatamente ad inviare agli Ordini regionali una comunicazione. In essa invitava a «sospendere immediatamente la distribuzione e l’utilizzo di quanto ricevuto, informando eventuali medici o strutture che ne fossero già in possesso».
Il COVID-19 continua ad essere sottovalutato, ed è carente ed intempestiva la distribuzione dei dispositivi di protezione individuale, con difficoltà di raccordo tra livello nazionale e regioni, ed è per questo che l’Osservatorio Nazionale Amianto ha sollecitato l’esecuzione dei tamponi in modo particolare per i sanitari, per evitare la diffusione del contagio, ovvero per evitare che gli ospedali diventino incubatori dell’epidemia.
Necessità di un segnale forte a garanzia del personale medico
È necessario un segnale forte e concreto rivolto ai medici e al personale medico, vittima del Coronavirus nel servizio di assistenza ai pazienti contagiati. Coloro che sono stati infettati dal COVID-19 (all’interno del personale sanitario così come pure tra le Forze dell’Ordine, ecc…) hanno diritto ad essere riconosciuti come equiparati alle vittime del dovere, ai sensi dell’art. 1 co. 564 della L. 266/05, e sulla base dell’art. 1 lett. c del D.P.R. 243/06.
Il personale medico e paramedico, e tutti gli operatori della sanità, chiamati a fronteggiare l’emergenza Coronavirus, privi di adeguati strumenti di protezione, e con una sottovalutazione del rischio, hanno dovuto operare in particolari condizioni ambientali ed operative eccedenti l’ordinarietà, che con diritto alla tutela, riconosciuta alla vittime del dovere, in relazione ai danni subiti e in caso di decesso, tale diritto deve essere riconosciuto ai familiari, e si aggiunge a tutte le altre prestazioni, e al diritto al risarcimento dei danni, sia sofferti direttamente, che subiti dai loro congiunti.
Petizione Coronavirus: garanzie economiche per medici e famigliari
Il Prof. Giuseppe Pellacani ha lanciato una petizione per codificare, dal punto di vista legislativo, il diritto dei sanitari e dei loro congiunti, familiari e superstiti, gli stessi benefici economici, normativi, previdenziali e fiscali, riconnessi al riconoscimento dello status di vittima del dovere, con le stesse prestazioni riconosciute alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, sulla base di quanto già sancito dalla L. 03.08.2004 n. 206.
Qui trovate la petizione da firmare.
L’ONA, e tutti coloro che sono onesti intellettualmente non possono negare il diritto di queste vittime ad ottenere il riconoscimento dello status di vittima del dovere. Dobbiamo sostenere l’iniziativa del Prof. Giuseppe Pellacani, in questo impegno professionale, scientifico e giuridico di sostegno dei medici, e del personale paramedico, e di tutti coloro che si stanno battendo in prima linea per la battaglia contro il COVID-19. Vi invitiamo a firmare la petizione per richiedere di estendere a queste vittime del dovere e ai famigliari di medici e sanitari vittime del COVID-19, gli stessi benefici economici, previdenziali e fiscali che lo Stato da tempo prevede a favore delle vittime per fatti di terrorismo e di criminalità organizzata (legge 3 agosto 2004 n. 206 e successive modificazioni):
Equiparazione alle vittime del terrorismo
Sulla base dell’insegnamento delle SS.UU. 7761/17, 22753/18 ed ex multis, sono dovute altresì agli odierni ricorrenti le seguenti ulteriori prestazioni:
Il diritto al riconoscimento dello status di equiparato alle vittime del dovere
Il personale medico e paramedico, e tutti coloro che in prima linea si stanno battendo per sconfiggere il covid-19 e che perciò stesso hanno subito infermità, hanno diritto al riconoscimento dello status di vittima del dovere, e perciò stesso all’accredito di tutte le prestazioni con gli stessi importi delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
L’art. 1 comma 563, L. 266/05, stabilisce espressamente: “Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all’art. 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:
Le prestazioni di vittima del dovere debbono essere riconosciute in relazione alle infermità occasionate dalla prestazione di quelle particolari attività di dovere indicate nel testo normativo, a prescindere dalla sussistenza o meno di un rapporto di lavoro subordinato, come è stato peraltro ribadito nel capitolo 20 della SS.UU. 22753/2018.
Infatti le SS.UU., con sentenza n. 22753/2018, richiamano il precedente, e testualmente:
«20. Va, invece, ricordato che questa Corte (cfr. SU n. 233000/2016) ha riconosciuto la natura assistenziale dei benefici a favore delle vittime del dovere consistente in un sostegno che lo Stato offre a chi abbia subito un’infermità o la perdita di una persona cara a causa della prestazione di un servizio in favore di amministrazioni pubbliche da cui siano derivati particolari rischi. La richiamata pronuncia precisa ulteriormente che “tale diritto non rientra nello spettro di diritti e doveri che integrano il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Si tratta infatti di un diritto che si colloca fuori e va al di là di tale rapporto, contrattualizzato o meno che esso sia, potendo riguardare anche soggetti che con l’amministrazione non abbiano un rapporto di lavoro subordinato ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio”..».
Medici vittime del dovere: approfondimenti giuridici
Sulla base della giurisprudenza della Suprema Corte e per il caso specifico, si può affermare, con certezza, la sussistenza del diritto al riconoscimento dello status di vittime del dovere anche per i medici, infermieri e tutti coloro che hanno subito e subiranno infermità a causa del coronavirus, anche per assenza di prevenzione tecnica e di protezione individuale. In caso di decesso, i superstiti (art. 6 della L. 466/80) ne hanno diritto, con costituzione delle prestazioni in loro favore.
In questo caso, trova applicazione la previsione normativa di cui all’art. 1 co. 563 della L. 266/05, ovvero dell’art. 1 co. 564 della L. 266/05, in combinato disposto con l’art. 1 lett. c) del DPR 243/06. Gli importi e le prestazioni sono le stesse già riconosciute a coloro che sono vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, nel percorso di una sostanziale equiparazione delle prestazioni, rispettosa del criterio di eguaglianza e razionalità delle disposizioni normative, come già osservato dalle SS.UU. 7761/2017.
Le SS.UU. 22753/2018 hanno sostenuto la distinzione tra le due categorie, circa il perimetoro di applicabilità della tutela «seppure equiparato, e quelle della criminalità e del terrorismo, fermo restando il fine di estendere i benefici dell’una verso l’altra» e pertanto, facendo applicazione dei criteri di cui a SS.UU. 7761/2017, hanno ribadito che «l’ammontare dell’assegno vitalizio mensile previsto in favore delle vittime del dovere e dei soggetti ad esse equiparati è uguale a quello dell’analogo assegno attribuibile alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”. Pur avendo, detta pronuncia, sottolineato l’esistenza nella legislazione in materia di un intento perequativo tra le categorie delle vittime del dovere e quelle del terrorismo e della criminalità organizzata, quale del resto enunciato dalla stessa L. n. 266 del 2005, come obiettivo postosi dal legislatore, la pronuncia di questa Corte non può che essere letta nel senso che ove siano riconosciuti gli stessi benefici la loro misura deve essere la medesima, senza peraltro potersi, invece, pervenire ad affermare l’attuale totale equiparazione tra le due categorie per altri aspetti in assenza di qualsiasi esplicita manifestazione del legislatore in tal senso».
Con questa precisazione, le SS.UU. hanno ribadito che, accertato lo status di vittima del dovere, la vittima, e in caso di decesso, i superstiti, hanno diritto ad ottenere la costituzione delle stesse tuttele previdenziali che sono erogate alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Per le stesse prestazioni erogate, come per esempio l’assegno mensile vitalizio, è di tutta evidenza che l’importo dovuto è quello di €500,00 mensili, piuttosto che quello di €258,23, che è indicato nella normativa che riguarda le vittime del dovere, secondo la giurisprudenza ormai costante di tutte le Corti di merito e di quella di legittimità.
Risarcimento dei danni della vittima
In caso di infezione e di residuata infermità, la vittima ha diritto all’integrale risarcimento di tutti i danni, da quello biologico a quello morale, a quello esistenziale, e in caso di decesso anche a quello tanatologico e catastrofale.
Si aggiunge anche il diritto al risarcimento del pregiudizio patrimoniale, per danno emergente e lucro cessante. In caso di decesso, che avrebbe conseguenze catastrofiche anche per i familiari (si pensi ai casi di orfani in giovane età, privati anche del sostegno economico, e scaraventati in uno stato di totale povertà anche per effetto delle riforme pensionistiche volute dalla Prof.ssa Fornero) i familiari hanno diritto all’integrale ristoro di tutti i pregiudizi:
I diritti dei familiari delle vittime.
Il covid-19 induce effetti devastanti. Le stesse turnazioni eccessive, il fatto stesso che i sanitari debbono separarsi dai familiari per evitare il rischio di un loro contegio, e di più, in caso di decesso, hanno provocato, stanno provocando e provocheranno, gravi pregiudizi anche ai familiari, e a tutti coloro che hanno un significativo rapporto con loro. Anche in questo caso sussiste il diritto al risarcimento di tutti i danni:
Perdita economica per l’assenza di reddito del congiunto;
*Presidente dell'Ona
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