di JASMINE CRISTALLO
Amicus Plato, sed magis amica veritas.
Il mio legame affettivo e umano con la famiglia Poggi Madarena, non mi impedisce di fare alcune valutazioni su ciò che sta accadendo in queste ore, anche se con grande difficoltà emotiva. È evidente che il contagio avvenuto nella RSA Villa Torano, non sia responsabilità della proprietà e so per certo che erano stati messi a punto, in maniera scrupolosa, tutti i protocolli di sicurezza. Il punto non è il contagio: ma tutto ciò che è accaduto dopo l’accertamento del focolaio.
Quanto emerge da un articolo de La Nuova Calabria su Villa Torano, è estremamente grave e racconta come una parte della società, una parte dell’imprenditoria, una parte delle istituzioni, dileggi, con il proprio comportamento, chi è privato dell’esigibilità del diritto, affermando il primato di chi il potere lo esercita e lo frequenta. Se confermato, emerge lo spaccato indecoroso di quello che è il sistema della sanità in Calabria, affidato ad un direttore generale che non merita alcuna riconferma, anzi dovrebbe essere oggetto di destituzione immediata. Il responsabile del Dipartimento, dottor Belcastro, avrebbe gestito in modo “amicale” la vicenda Villa Torano in diretta intesa con la proprietà, aggirando le competenze dell’Asp di Cosenza, fornendo strumenti di rilevazione e presidi medici, cui altri non sono potuti accedere.
Tutto ciò costituirebbe un gravissimo precedente perché il messaggio che passa è quello che non serva un rapporto tra enti preposte, istituzioni e strutture interessate, ma quello dei rapporti interpersonali e di accreditamenti politici alle maggioranze di turno.
Massimo Poggi, responsabile legale del gruppo, con le sue dichiarazioni odierne, parrebbe quai confermare questo impianto di relazioni come aspetto strutturale di sistema. Se vi è stata una scorretta e non giustificabile istanza da parte dell’imprenditore, vi è stata un ancor piu’ grave e indecente accondiscendenza da parte delle istituzioni.
Ripercorrendo a ritroso altre vicende degne di nota della sanità calabrese al tempo del Coronavirus, possiamo pensare che quello di Mimmo Pallaria sia stato solo l’anteprima, un antipasto, di un disastro gestionale della sanità, di cui molti erano già a conoscenza. Le dimissioni di quest’ultimo, sono state rassegnate per molto meno...
Tante, troppe, in queste settimane sono state le domande, gli interrogativi cui la Regione non ha voluto dare risposte.
In queste ore il silenzio è ancora più assordante e stride con l’alacre impegno dei sindaci che nella loro solitudine si stanno battendo come leoni per provare a proteggere le proprie comunità. Se il virus è invisibile e subdolo, è evidente invece, la spericolata incapacità gestionale della Regione. Gli organi competenti facciano il loro lavoro, vadano fino in fondo, facciano piena luce su tutto e su tutti. S’indaghi sull’intero sistema, e poi si traggano le conclusioni.
Ancora una volta emerge con forza il circuito perverso di blocchi di potere che si scompongono e ricompongono per gestire la sanità Calabrese. L’attuale maggioranza, che aveva sbandierato ai quattro venti la sua volontà di innovare, e regolarizzare tutto l’impianto gestionale, lo ha invece consolidato con i vecchi arnesi del passato, riesumati nel corso della campagna elettorale, addirittura affidando ad esse ( Claudio Parente, “deus ex machina”) la stessa composizione delle liste dei candidati. Io resto garantista sempre e non a convenienza, lo stato di diritto è l’architrave che tiene la nostra democrazia e per questo spero che ciascuno sappia far valere nelle sedi competenti il proprio operato.
Altra cosa, pero’, sono le opportunità politiche, e le responsabilità morali, perché questa volta il dramma è reale ed investe la vita.
Sarebbe doveroso che qualcuno uscisse di scena. Attendiamo fiduciosi le dimissioni del direttore Belcastro.
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