Coronavirus. Confedilizia contro l'atto d'indirizzo del Comune sui canoni di locazione. "Senza accordi fra le parti, sospensione o riduzione dell'affitto sono inadempimenti"

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images Coronavirus. Confedilizia contro l'atto d'indirizzo del Comune sui canoni di locazione. "Senza accordi fra le parti, sospensione o riduzione dell'affitto sono inadempimenti"
Sandro Scoppa, presidente di Confedilizia Calabria
  06 aprile 2020 11:51

Durante l'ultima seduta del Consiglio comunale di Catanzaro è stato approvato un atto d'indirizzo con destinatario il governo nazionale con la richiesta di adozione di un provvedimento legislativo che equiparasse l'emergenza Coronavirus a "causa di forza maggiore" nei contratti di locazione. Un modo per consentire alle attività tenute a pagare l'affitto per ottenere una sospensione o riduzione almeno nel periodo in cui sono stati costretti alla chiusura dalle restrizioni nazionali senza portare alla risoluzione del contratto per inadempimento. Insomma, per i negozi una forma di "sospensione" di aiuto in vigenza dei divieti di apertura, visto che il governo ha previsto un credito d'imposta pari al 60% del canone di locazione. La proposta, votata in Aula, è stata proposta dall'assessore alle Attività Produttive, Alessio Sculco. Tutti d'accordo? Confedilizia Calabria si schiera apertamente contro. Il presidente Sandro Scoppa ne spiega i motivi in una lunga lettera inviata al sindaco di Catanzaro, agli assessori, al presidente del Consiglio comunale e ai consiglieri.

"L’emergenza e le restrizioni imposte non si possono invocare come eccessiva onerosità impossibilità sopravvenuta Anche i proprietari di immobili, case o locali commerciali, si trovano in difficoltà in questo momento. Soprattutto coloro, e sono la maggior parte, che come reddito hanno solo il provento derivante dalla locazione di un appartamento o di un negozio. Se si abbassasse o, addirittura, si sospendesse l'affitto, si troverebbero in gravissime difficoltà economiche e mancherebbero loro le risorse necessarie per vivere.Gli stessi inquilini, del resto, sostengono di trovarsi in difficoltà. Nonostante ciò, una cosa che non può essere accettata è l'autoriduzione, o perfino l’autosospensione, dell'affitto. Per una riduzione temporanea è possibile parlarne e trovare un punto d’incontro tra le parti, ovviamente rispettando le regole dettate dal contratto e dalla legge". Esordisce così Scoppa che prosegue: "Altrimenti si sconfina in un arbitrario uso delle proprie ragioni, che hanno pure rilevanza penale, e si innescano liti che non porteranno nulla di buono, se non ad esacerbare gli animi. Occorre, quindi, buonsenso e pragmatismo. È un periodo travagliato per tutti e che tutti insieme supereremo. Si devono però, e sempre, rispettare le regole, i contratti sottoscritti e le leggi".

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"In tale ottica - accusa Confedilizia-, non sono ovviamente da condividere quelle proposte di politici che ipotizzano sbrigativamente modifiche legislative finalizzate a disattendere o interferire in contratti stipulati fra privati. E, persino, quelle iniziative che vorrebbero addirittura sospendere il pagamento dei canoni d’affitto, soprattutto dei locali commerciali. Come, ad esempio, quella dell’Assessore alle Attività Produttive del Comune di Catanzaro, il quale ha unilateralmente inteso proporre al Consiglio Comunale di Catanzaro di adottare un atto deliberativo per chiedere al Governo nazionale il «riconoscimento del periodo di emergenza sanitaria da Coronavirus Covid 19, per gli esercizi costretti a sospendere l’attività, come causa di forza maggiore nell'ambito dei contratti di locazione commerciale». "Intanto - ha aggiunto-, fermo restando che neppure durante il Fascismo, o durante altre crisi di rilevante portata, si è mai arrivati a tanto, ci si chiede se, nel caso venissero accolte le predette proposte, al di là degli evidenti problemi di legittimità, gli affitti ai proprietari saranno versati dallo Stato? Non lo crediamo proprio. A parte ciò, e volendo apprestare una disamina ancor più in profondità delle problematiche di cui trattasi, vi è comunque da considerare che, per gli affitti dei locali commerciali (ma i rilievi si possono tranquillamente estendere anche alle locazioni abitative ordinarie e, soprattutto, a quelle transitorie per studenti universitari), in ordine ai quali le misure previste per il contenimento dell’epidemia dispongono restrizioni e, persino, la chiusura, salvo eccezioni specifiche, che il conduttore non può validamente e legittimamente interrompere il pagamento dei canoni fintanto che l’emergenza non sia finita. Né invocando a tale scopo l’impossibilità sopravvenuta (articoli 1463 e 1464 del Codice civile) o l’eccessiva onerosità (articolo 1467 del Codice civile)".

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Scoppa spiega le ragioni giuridiche per cui il ricorso alla "causa di forza maggiore" non è ritenuta idonea da Confedilizia: "Infatti, il richiamo a tali soluzioni non sembra conferente ed privo di pregio e valore giuridico. In primo luogo, perché i previsti divieti di esercizio delle attività non incidono sulla prestazione principale del locatore, vale a dire la messa a disposizione di locali. Essi, in particolare, non attengono all’immobile in sé o alla sua idoneità all’uso convenuto. E i tentativi – pure operati da qualche interprete – di dar rilievo alla causa concreta del rapporto (cioè ai motivi che hanno indotto le parti, e segnatamente il conduttore, a stipulare il contratto), non trovano riscontro, in tema di locazione, nella giurisprudenza. In secondo luogo, perché, a tutto concedere, la chiusura temporanea dell’attività non rende, all’evidenza, decisamente impossibile la prestazione principale del conduttore, consistente nel pagamento del canone di locazione e delle spese accessorie.Si aggiunga, infine, che (eccetto l’impossibilità sopravvenuta parziale di cui all’articolo 1464 del Codice civile) le soluzioni invocate mirano, in sostanza, alla risoluzione del contratto in essere, mentre in questo caso le pretese dei conduttori sono generalmente dirette alla sola interruzione del pagamento dei canoni fino a quando sarà in corso l’emergenza. D’altra parte non può non darsi rilievo al fatto che nel decreto “Cura Italia” si prevede, con riferimento agli immobili di categoria catastale C/1, il riconoscimento di un credito d’imposta in favore dei conduttori pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 per l’immobile destinato allo svolgimento della loro attività: ciò che costituisce elemento di conferma che i conduttori sono tenuti a pagare il canone per il periodo di interesse".

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"In sintesi, dunque, interruzioni o riduzioni nel pagamento del canone, se non previamente concordate tra le parti interessate, sono da considerarsi, a tutti gli effetti, inadempimenti che non possono trovare giustificazione invocando l’impossibilità sopravvenuta ovvero l’eccessiva onerosità. Né, per quanto detto, tali rimedi potranno essere invocati ove il diverso interesse sotteso sia la conclusione della locazione. Al limite, a detto ultimo scopo, potrebbe essere percorsa, da parte del conduttore, la strada del recesso per gravi motivi (con conseguente esame, in concreto, dell’esistenza o meno di tali ragioni). In siffatta ipotesi, però, è bene tener presente che, in base alle disposizioni in tema di recesso, è previsto un preavviso di sei mesi (periodo durante il quale il conduttore è tenuto a pagare il canone). Nessun problema, invece, se il locatore ritenesse di accettare di ridurre il canone. Ma davanti a simile evenienza è consigliabile che la riduzione sia cristallizzata in un accordo scritto, e che nel relativo atto si chiarisca, in particolare, che essa viene accordata per un periodo preciso e solo per ragioni di difficoltà temporanea del conduttore", sono le alternativi ammissibili per Confedilizia.

"Occorre, infine, sottolineare che, se le parti si accordassero per la risoluzione consensuale del rapporto di locazione, nell’accordo andrebbe precisato, per prevenire eventuali contenziosi circa l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, che la richiesta di risoluzione è stata avanzata dal conduttore e che il locatore si è limitato ad aderirvi. Va da sé che tutte le osservazioni svolte in questa sede relative ai principii generali che governano la chiusura di una locazione commerciale valgono, a maggior ragione, e come già indicato, anche per le locazioni ad uso abitativo per le quali, peraltro, le difficoltà create dalla pandemia rilevano in via indiretta", chiosa Scoppa. 

 

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