di TERESA ALOI
Ricostruisce giorno per giorno l'intero scenario. E ne viene fuori una fotografia a tinte fosche, allarmante. Frame che hanno tutto il sapore di rimpalli di responsabilità e di mancanze. O meglio di assenze. Di quelle che pesano. Fosse solo perché in gioco c'è la vita di decine di anziani.
Nell'esposto inviato al presidente della Regione Calabria, Jole Santelli, ai vertici del Dipartimento tutela della salute e a quello della Protezione civile e al procuratore della Repubblica, firmato dall'avvocato Antonello Talerico per conto della Salus M.C. Srl, titolare della struttura socio-sanitaria assistenziale per anziani di Chiaravalle Centrale, meglio conosciuta come “Domus Aurea”, amministrata dall'avvocato Domenico De Santis, la richiesta è una sola: salvare 42 anziani affetti da Covid 19 perché, senza alcun intervento, il rischio non è poi così lontano.
Tutto inizia il 22 marzo quando i carabinieri notificano un provvedimento di quarantena domiciliare obbligatoria ad una dipendente della struttura. Ventiquattro ore dopo - siamo al 23 marzo - la direzione della Struttura Domus Aurea invia una "formale richiesta di tamponi alle varie autorità competenti, rappresentando che la propria dipendente era stata raggiunta da disposizione di quarantena domiciliare obbligatoria".
Una richiesta rimasta inevasa. E' il giorno dopo ancora - il calendario segna il 24 marzo - che si chiede l’intervento del Suem 118 per una degente della struttura. Non sta bene, ha la febbre. I sintomi sono chiari e ormai fin troppo noti: risulterà positiva al Covid-19 il 25 marzo.
Ciò che non doveva accadere, quello che tutti temono, accade. Un focolaio in una struttura in cui vivono persone "deboli" ad alto rischio ospedalizzazione, nonché mortalità è già di per sè un fatto grave ma soprattutto perché potenzialmente infinite sono le reti sociali che si intrecciano. Alla Domus Aurea lavorano infatti persone che arrivano da tutti i paesi vicini: Vallefiorita, Squillace, Cenadi, solo per fare qualche esempio. Si procede immediatamente all’isolamento della struttura, "allertando tutte le Autorità competenti che intervenivano lo stesso giorno presso la struttura Domus Aurea ed eseguivano i tamponi a tutti i dipendenti ed a tutti i pazienti".
I risultati arrivano il 27 marzo. I primi, seppur parziali, cristallizzano il contagio per Covid di ben 52 persone tra pazienti e dipendenti. L'esito, il giorno dopo - è il 28 marzo - degli ulteriori tamponi, fa emergere tutta la drammaticità della situazione evidenziando la quasi capillare diffusione del virus tra gli anziani.
Solo allora le Autorità dispongono il trasferimento di 11 dipendenti risultati positivi al Covid-19, ma " non adottavano alcuna misura a tutela dei pazienti risultati negativi al test", che vengono lasciati all’interno della RSA.
Ed è questo che determina "l'ingestibilità della situazione, poiché su 67 anziani totali, ben 60 erano rimasti presso la “Domus Aurea”, mentre dei 48 dipendenti, soltanto in 13 si ripresentano al lavoro (qualcuno è in quarantana, qualcun altro non va adducendo vari motivi).
Il "focolaio" da contagio coronavirus ormai è conclamato. E' il 28 marzo quando la struttura allerta " tutte le Autorità sanitarie e amministrative competenti, anche al fine di chiedere supporto e assistenza mediante l’invio di personale sanitario per assistere tutti i degenti affetti da coronavirus, trattandosi di anziani ultra 85enni e con patologie più o meno gravi, tali da renderli, parzialmente o integralmente, non in grado di assolvere ai propri bisogni primari e di svolgere le attività più elementari".
Un'allerta che resta lettera morta perché dopo oltre una settimana, il 30 marzo "non seguiva l’invio di personale a supporto, né di dispositivi di protezione sufficienti ed adeguati alla gestione di pazienti covid-19 conclamati". O meglio alle 14.30, si presenta solo uno degli infermieri "asseritamente designati dagli organi amministrativi competenti". E finito il suo turno di lavoro, il giorno dopo non torna nella casa di cura.
"Ad oggi, nessuna Autorità sanitaria ha inteso intervenire - si legge nell'esposto - per procedere agli accertamenti sanitari sugli anziani affetti da Covid, nè somministrare alcun farmaco, nè le Autorità competenti hanno inteso trasferire in strutture idonee i malati Covid".
E così nella casa di cura, restano 42 pazienti contagiati dal coronavirus "abbandonati dalle istituzioni sanitarie e amministrative competenti, nonostante i plurimi formali e infornali solleciti". Ed è evidente che " le condizioni generali di partenza degli anziani ammalati rende ogni ritardo non solo inaccettabile ma anche concretamente letale".
Senza dimenticare che il numero dei dipendenti è stato decimato: al momento ne risultano soltanto sei e va da sè che sono insufficienti per gestire la grave emergenza sanitaria su ben 42 pazienti.
"Neanche l'ospedale "Pugliese Ciaccio" e il Policlinico arrivano insieme a 42 contagiati ricoverati, nè può gestirli una RSA". E i pazienti restano ognuno nel proprio letto.
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