Coronavirus. Francesco Pacilè: "Che l’applicazione del diritto allo studio per tutti sia l’apripista per una società più libera, più giusta e più uguale"

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Francesco Pacilè

"Sarebbe necessario (a maggior ragione in questo momento) portare ad attuazione una proposta che non più di qualche anno fa il Professore Stefano Rodotà fece per garantire a tutti i cittadini l’accesso alla Rete: la costituzionalizzazione del diritto d’accesso ad Internet"

  21 aprile 2020 13:17

di FRANCESCO PACILE'

Se c’è una cosa che abbiamo capito essere fondamentale, “grazie” a questa pandemia di Corona Virus, (oltre al sistema sanitario pubblico) è sicuramente il sistema scolastico e universitario.

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La scuola e l’università, in queste settimane, non si sono fermate, ma hanno continuato ad erogare i propri servizi attraverso la didattica a distanza.

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Tuttavia in un Paese dove il 27% degli studenti non ha dispositivi per seguire le lezioni a distanza, e dove la linea internet veloce non è appannaggio di tutte le zone d’Italia, il diritto costituzionale allo studio subisce una forte contrazione.

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Premessa: chi scrive è dell’idea che la didattica a distanza, tanto per la scuola quanto per l’università, non possa assolutamente sostituire la didattica dal vivo.

Il motivo è semplice: l’essere umano, in quanto animale sociale per antonomasia, ha necessità di vivere a contatto con altre persone.

Il calore che può trasmetterti dal vivo un compagno di classe o un collega di corso, così come quello che può arrivarti da un Professore, è insostituibile!

Al netto di tutto ciò, viste le condizioni che momentaneamente impediscono didattica, valutazioni ed esami di persona, è necessario garantire comunque a tutti il diritto allo studio attraverso la rete internet, che è indispensabile anche per altri importanti aspetti della nostra vita quotidiana.

Posto che per quanto riguarda l’accesso ai dispositivi hardware o software lo Stato ha effettuato un ingente investimento per far fronte al Gap sopr’anzi citato, sarebbe necessario (a maggior ragione in questo momento) portare ad attuazione una proposta che non più di qualche anno fa il Professore Stefano Rodotà fece per garantire a tutti i cittadini l’accesso alla Rete: la costituzionalizzazione del diritto d’accesso ad Internet.

Introdurre un articolo 21 bis (non a caso subito dopo l’articolo 21 sulla libertà di opinione e d’informazione) alla nostra Costituzione, in cui venga sancito che “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale (…)”, significa (anche) aiutare tutti quegli gli studenti (e quelle famiglie) che al di là di questo brutto periodo utilizzano quotidianamente la Rete per studiare, iscriversi ad esami, intrattenere rapporti con compagni, colleghi, professori etc.

Ovviamente l’eventuale attuazione di questo nuovo diritto costituzionale richiederebbe un grande dispendio di energie e di denaro pubblico.

Se c’è una cosa che abbiamo imparato per tramite (ahimè) di questa epidemia è che le risorse pubbliche servono innanzitutto a garantire l’esercizio dei diritti sanciti nella Costituzione.

Il diritto allo Studio, intrinsecamente legato agli articoli 2 (“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”) e 3 (“…È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”) dei Principi Fondamentali della nostra carta costituzionale, è un diritto che richiede un finanziamento costante da parte delle casse pubbliche dello Stato, delle Regioni e dei Comuni, poiché il suo esercizio è al base del sacrosanto diritto alla cittadinanza.

Se pensiamo che in questo momento ci sono studenti universitari fuori sede costretti a pagare affitti esosi e tasse esorbitanti, quando magari i loro genitori sono in difficoltà economica a causa del necessario ma drammatico lockdown, ci rendiamo conto dell’importanza di finanziare il nostro sistema universitario esclusivamente attraverso la fiscalità generale, rendendolo, pertanto, completamente gratuito.

Se pensiamo che finita la quarantena si riporrà nuovamente il problema dei genitori che a causa del proprio lavoro non sanno a chi lasciare i figli, ci rendiamo conto di quanto sia necessaria l’attuazione del tempo pieno nelle scuole di ogni ordine e grado, cose che alle nostre latitudini significa anche togliere dalla strada tanti ragazzi altrimenti facilmente ingannabili dalla criminalità organizzata.

La stessa cosa potremmo dire per le così dette “classi pollaio”: come faccio a garantire la distanza di sicurezza di un metro in classi di 30 persone?

Il problema come sempre è grande, ma una cosa è certa: finita la pandemia bisognerà necessariamente modificare le priorità, e il diritto allo studio così come il connesso diritto alla rete internet dovranno essere oggetto di un’attenzione maggiore, rispetto a prima, da parte dello Stato in tutte le sue articolazioni.

Garantire una buona istruzione, con tutto ciò che ne consegue, dall’asilo all’università, a tutti gli abitanti del Paese, significa dare piena applicazione a tutti principi insiti nella nostra carta costituzionale.

Chiedere l’integrale attuazione della Costituzione repubblicana e antifascista è oggi il gesto più rivoluzionario che si possa pensare.

Che l’applicazione del diritto allo studio per tutti sia l’apripista per una società più libera, più giusta e più uguale.

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