Coronavirus. Il giurista Pasquale Poerio: "Prima di ogni altra cosa dobbiamo proteggere un bene fondamentale: il diritto alla vita"

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Pasquale Poerio
  03 aprile 2020 18:35

Di Pasquale Poerio*

Nonostante alla base del sistema giuridico post Costituzione ci sia la tutela dei diritti fondamentali, il periodo storico che la nostra nazione, e, in generale, il mondo intero, sta attraversando, risulta essere problematico al fine di stabilire i confini entro i quali deve avvenire la salvaguardia di tali diritti.

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Stiamo assistendo ad una forma di diritto, che è quella dell’emergenza, la quale, anche senza volerlo, ostacola e comprime le libertà fondamentali.

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Questo diritto emergenziale, pertanto, come già altri campanelli d’allarme, sarà, sine dubio, oggetto di studio negli anni a seguire da parte dei giuristi di tutto il mondo, il che porterà, con molta probabilità, alla nascita di un nuovo diritto dell’emergenza comparato da Covid-19 che, di conseguenza, i nostri figli e nipoti studieranno qualora intraprenderanno la facoltà di giurisprudenza.

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Dipoi, quando si parla di diritti fondamentali, inevitabilmente, viene abbracciato il diritto penale ed il sistema penale latu sensu.

La capacità a delinquere che normalmente cammina di pari passo con la piena libertà di cui un individuo gode nella società, in questo caso, è limitata dalla necessaria restrizione della stessa libertà. Questo aspetto porta, però, non a non delinquere, bensì a farlo ma con un grado intenzionale minore rispetto al normale dolo ovvero con una negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o disciplina, attenuati da una necessità ed urgenza atipica e, nello stesso tempo, insita nell’essere umano ab origine.

E’impensabile che la libertà possa essere vista come “fattispecie” e che l’utilizzo della stessa possa, in questo periodo storico, essere considerato un reato.

Un delitto, una contravvenzione, lo si commette da liberi. E’ proprio la liberà di agire e di autodeterminazione che porta all’inosservanza di una norma.

Occorre, quindi, ora più che mai, uno sforzo maggiore per far sì che i presupposti per l’applicazione delle misure restrittive vengano adeguati ai principi costituzionali e convenzionali in modo stabile, chiaro e preciso secondo i criteri di proporzionalità ed adeguatezza.

 Ad avviso di chi scrive, inoltre, tutto ciò non deve essere esaudito da un Decreto del Presidente del Consiglio ovvero un’ordinanza regionale o del Ministro della salute, bensì da una legge o atto avente forza di legge.

Ciò nonostante, i reati che possono essere commessi sono di varia natura, seppur limitati rispetto alla normalità. L’attenzione, però, si focalizza su una fattispecie in particolare.

Infatti, il  bene giuridico comune protetto in questa emergenza è l’incolumità e la salute pubblica ed un singolo soggetto, anche senza la coscienza e volontà di violare il suddetto bene, può essere responsabile di una epidemia colposa ex art.438 c.p. mediante la diffusione di germi patogeni in grado di causare l’evento che consiste in una malattia contagiosa la quale si presenta in grado di infettare, nel medesimo tempo e nello stesso luogo, una moltitudine di destinatari e recando con sé il pericolo di contaminare una porzione più vasta della popolazione.

L’elemento soggettivo consiste nella diffusione, senza intenzione di causare l’epidemia, di germi che l’agente conosce come patogeni, mentre, la consumazione del reato coincide nel momento in cui si verifica l’epidemia.

L’unico modo per evitare di commettere tale delitto colposo è accettare e scontare, almeno per il momento, questa “forma di arresto domiciliare atipica” disposta non da un giudice del riesame ma da un diritto fondamentale: la vita.

Solo così facendo un soggetto eviterà di compiere il normale delitto previsto dal codice e l’atipico “pre-delitto” consistente nella violazione delle restrizioni de libertate dettate dalla necessità ed urgenza.

*Dottore in giurisprudenza

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