Coronavirus. L'allarme sul turismo della Confesercenti: "In Calabria a rischio 16mila aziende. Se non si apre, le imprese spariranno"

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images Coronavirus. L'allarme sul turismo della Confesercenti: "In Calabria a rischio 16mila aziende. Se non si apre, le imprese spariranno"
Vincenzo Farina, presidente di Confesercenti Calabria
  17 aprile 2020 17:06

L'emergenza coronavirus rischia di mettere in ginocchio uno dei settori trainanti della Calabria, quello turistico-alberghiero. Un settore, però, nel quale "si naviga a vista" come dice all'ANSA Vincenzo Farina, presidente Confesercenti Calabria.

Secondo i dati Confesercenti sono 2500 gli stabilimenti balneari, mentre 13.481 le attività, tra alloggio e ristorazione, che lavorano nel turismo balneare. A questo si aggiungono 58mila attività che normalmente si occupano della fornitura di prodotti per il settore. "Nei giorni scorsi - spiega Farina - ci siamo concentrati sulla stagione balneare alle porte. Ci siamo detti con l'assessore regionale Fausto Orsomarso di iniziare a preparare per l'estate. Solo che si naviga a vista e lo dico con rammarico perché parliamo della vita delle persone. Abbiamo deciso di iniziare una programmazione per la manutenzione e le riaperture, con la consapevolezza che si corre un rischio. Potremmo infatti trovarci a modificare tutto anche pochi giorni prima di iniziare perché non siamo nelle condizioni di sapere come andrà realmente da qui a giugno. Io sono un bottegaio del turismo e come tutti i miei colleghi non abbiamo cassetti economici con depositati risparmi da poter utilizzare nei periodi di difficoltà perché usciamo da dieci anni di difficoltà economica. La batosta del Covid arriva nella coda della grande crisi del 2008".

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"Questo significa - aggiunge - che i nostri commercianti sono gli stessi che andavano avanti alla giornata, che facevano assegni postdatati per acquistare dai fornitori, che se non lavoravano il weekend non potevano pagare personale o la bolletta della luce". Allargando il discorso anche alle altre attività merceologiche Farina evidenzia che "stiamo vivendo un momento di così seria difficoltà per alcune famiglie, per alcune partite Iva e contesti sociali che dire che fra due mesi risolviamo il problema equivale a dire che quella gente fra due mesi non c'è più, non per il coronavirus, ma a causa del coronavirus. Rischiamo di morire di fame e non di coronavirus. Per questo mi rivolgo al mondo della scienza per fare in fretta". 

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"Deve darci certezze e rapidamente, perché non è possibile non avere una versione univoca per farci ripartire. A noi servono certezze - conclude - come può chi ha responsabilità istituzionale dare indicazioni su come e cosa riaprire. Su che basi, se mancano le certezze scientifiche?".

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