di GIOVANNA BERGANTIN
Osserviamo la Scuola al tempo delle distanze forzate, delle classi virtuali, dei banchi vuoti e della teledidattica. Tutti in rete e a casa dietro lo schermo del computer, avendoli. E mentre presidi e professori discutono i criteri valutativi che serviranno per passare alla classe successiva o daranno l’ammissione all’Esame di Stato da remoto, si attende il decreto ministeriale che regolerà la Maturità per quest’anno. Sta di fatto che l’emergenza porta anche a chiedersi come si muove e come sarà il futuro della Scuola dopo questa esperienza o, meglio, questa prova? Abbiamo chiesto un contributo con qualche riflessione a Rosa De Pasquale, già Capo Dipartimento del Sistema Educativo di Istruzione del MIUR ed oggi membro del Segretariato Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), referente per il gruppo di lavoro goal 4 e gruppo trasversale cultura per uno sviluppo sostenibile.
“Fare di necessità virtù”, questa potrebbe essere la massima che ben rappresenta il momento presente che stiamo vivendo in generale e ancor più per quel che riguarda la nostra scuola e università, momento che ci costringe a porre in essere, in modo totalizzante, la così detta didattica a distanza.
Ma mentre per l’università la didattica a distanza è sicuramente una esperienza più conosciuta ed applicata, anche se in particolare nelle università telematiche, per la scuola la DAD (didattica a distanza) è davvero una novità.
Certo, in tante piccole isole della nostra penisola e in tanti piccoli paesi di montagna, le comunità educanti si sono dovute inventare modalità didattiche che spesso, attraverso anche l’uso delle nuove tecnologie, assomigliavano, in qualche modo, alla didattica a distanza, a volte tra istituzioni scolastiche stesse. Ma la normalità, per la scuola italiana, non è questa.
Certo nella scuola italiana è tanto cresciuta, negli ultimi anni, la ricerca e l’uso di innovazione digitale e il MIUR (quando ancora si chiamava così) ha tanto investito in questa ricerca a supporto delle scuole.
Ma le nuove tecnologie sono solamente un potente strumento per migliorare ed innovare il modo di fare scuola, per rendere più partecipi e reattivi gli studenti, per rendere meno trasmissivo l’insegnamento, aprire nuovi orizzonti e sviluppare capacità critiche dei discenti, sostenendo i docenti nel loro complesso ed essenziale compito. Le nuove tecnologie, quindi, non sono la scuola.
Che cosa è allora la nostra scuola? Sicuramente prima di tutto è una comunità, dove al centro ci sono i ragazzi e le ragazze che, attraverso i diversi anni che passano nella scuola, devono diventare uomini e donne responsabili, capaci di ragionare con la propria testa, in grado di affrontare difficoltà e positività con consapevolezza, creatività e capacità di “problem solving”, coscienti che la diversità è una grande ricchezza reciproca dove ciascuno è importante per se stesso, per l’altro e per la comunità.
Insomma, la scuola prima di tutto è il luogo dei rapporti, dove si impara a costruire relazioni di fiducia e a dare e ricevere sostegno, incoraggiamento, opportunità di conoscere se stessi, le proprie capacità ed inclinazioni, il luogo della creatività, dove ci si apre alla vita e si impara a leggere il passato e l’utilità di tutte quelle nozioni che servono per costruire un futuro nuovo e migliore. Come si arriva a questo? attraverso la didattica, che pone in essere metodi e modalità che consentono di costruire quel complesso reticolo di azioni per supportare le relazioni tra docenti e discenti e di conseguenza la crescita di “cittadini sovrani” (Don Milani).
Da quanto ci siamo detti sopra è evidente che la scuola, per sua natura, richiede la socialità, la vicinanza, il potersi toccare, guardare negli occhi, gioire, saltare, correre, urlare, giocare, piangere, tremare, studiare, capire, agire, progettare, sognare insieme e quindi la presenza e la possibilità di vivere tutto questo uno accanto all’altro, vicini.
Da quasi un mese le lezioni sono sospese, la situazione sanitaria a causa del Covid19 è grave, di conseguenza quello che stiamo vivendo è un momento difficile, emergenziale, diverso dal modo “normale” di condurre la nostra solita esistenza. E per tutti è così, qualsiasi sia l’esistenza di ciascuno, ora è diversa….ed è diverso anche il nostro modo di fare scuola.
In questa occasione, sicuramente le innovazioni digitali e l’uso del web sono degli ottimi strumenti per porre in essere la didattica a distanza e cercare di superare un periodo difficile.
Come ogni crisi questo momento porta in se tanta difficoltà ed incertezza ma anche tante opportunità di crescita e nuove scoperte: la crisi è un acceleratore di nuovi comportamenti, un acceleratore di futuro .
E allora quali sono le difficoltà e quali le positività, le opportunità e le accelerazioni verso il futuro che questo momento di crisi porta alla nostra scuola?
Sicuramente la più grande difficoltà è quella di non poter andare a scuola. Non essere insieme a scuola, e poi anche gli esami, la valutazione, i calendari…e così via. Essere costretti a stare chiusi in casa, vivere con tanta paura, incertezza, vedere morire i nostri cari e tante persone …...
Ma tutto questo non dipende da noi. Da noi invece dipende attivarci, muoverci affinché emergano e producano frutto le positività, le opportunità e, proprio grazie alla crisi, si acceleri verso un futuro migliore che questo momento può portare. In questa dimensione si colloca la DAD.
Tutte le nostre comunità educanti sono chiamate, oggi più che mai, a restare unite, a far uso della didattica digitale e del web per mantenere vive le relazioni, per non perdere nessuno, per rispondere a interrogativi, stimolare domande e approfondimenti sulla difficile situazione che stiamo vivendo, accendere la voglia di bellezza e la curiosità del nuovo e dell’ignoto, sostenere i dubbiosi e i più deboli, non far mancare a nessuno strumenti utili per poter partecipare a questa nuova forma di comunità scolastica.
I docenti sono chiamati a velocemente apprendere ed approfondire modi e sistemi digitali per poter efficacemente porre in essere la DAD.
Ancora, la comunità scolastica è chiamata, ora più che mai, a non lasciare indietro nessuno proprio perché, in questa occasione, il rischio che si determini disparità è molto elevato.
Occorre entrare nella dinamica dell’ e - e, e non farci invece più facilmente prendere dalla dinamica dell’ o – o, mi spiego meglio : questo e quello e non questo o quello.
Infatti, qui sta la sfida più ardua ma anche più sfidante, far sì che tutti, ma proprio tutti gli studenti, partecipino insieme in queste classi virtuali. Non è semplice, soprattutto in comunità particolarmente difficili e degradate nel proprio tessuto sociale, ma conosco Dirigenti e docenti che hanno messo a disposizione i pc e i tablet della scuola per chi ne era sprovvisto, anche con abbonamenti a internet, e che pagano la ricarica a chi è in difficoltà economica anche per aiutare chi è in disagio digitale.
Queste sono le nostre comunità scolastiche che riescono a cucire un vestito su misura ad ogni loro alunno anche digitalmente, che non lasciano indietro nessuno e che sanno fare anche del COVID 19 una pedana di lancio per diventare più umani, più consapevoli, più fratelli.
Quando poi torneremo a scuola sarà bello ritrovarci, riabbracciarci, stare di nuovo insieme, ma, nel contempo, saremo anche più bravi ad usare le nuove tecnologie. Anche coloro che non erano molto esperti avranno imparato ad usarle alla perfezione e ne avranno apprezzato le potenzialità quali utili strumenti per la didattica.
Anche il Governo, ritengo, abbia compreso la necessità estrema di infrastrutturare il Paese con un valido sistema tecnico/ informatico mediante una copertura digitale adeguata dell’intero territorio, la costruzione e l’utilizzo di piattaforme digitali collettive per i servizi fondamentali, oltre l’urgenza di impegnare un grosso investimento in formazione e sostegno alla conoscenza e all’uso delle modalità informatiche e dei relativi strumenti digitali, anche, al fine di colmare il “digital divide” esistente in Italia. Proprio in tal senso Istat, in questi giorni, sta mettendo in essere una rilevazione.
Da questa nuova e approfondita conoscenza dei mezzi informatici e delle nuove tecnologie ne potrà derivare un uso più diffuso degli stessi per ripensare a modalità pedagogiche più efficaci e produttive di capacità di apprendimento, migliorare la didattica a scuola e nel post scuola, per seguire gli studenti anche nel pomeriggio, per rispondere a loro domande, per creare gruppi di attività in vari momenti della giornata, per lavorare più agevolmente e frequentemente in team, per sostenere i più fragili e coloro che si trovano in situazioni di difficoltà, per aiutare tutti a comprendere che possono e devono diventare realmente protagonisti del cambiamento.
Insomma, da una oscurità così forte, se lo vorremo, potrà emergere un cambiamento epocale per la scuola Italiana: la digitalizzazione consapevole, diffusa ed estesa, delle pratiche didattiche al fine di migliorare tanto l’insegnamento quanto l’apprendimento relazionale, formativo ed orientativo.
Naturalmente “tornare” a scuola con questa esperienza nel nostro bagaglio, ci consentirà di desiderare di impegnarci con ancora maggiore forza nel cambiare “modo di fare scuola” valorizzando e sostenendo nuove modalità didattiche che superino quella meramente frontale e che valorizzino approcci pedagogici come quello dell’apprendimento servizio solidale (nota circolare del MIUR numero m_pi.AOODPIT.REGISTROUFFICIALE.U.0002700.08-08-2018 OGGETTO: "Una via italiana per il Service Learning" e tomo allegato) il quale valorizza il protagonismo dei ragazzi e ne potenzia le diverse capacità legando il curriculum disciplinare alle necessità del territorio, sviluppando così negli alunni il senso civico e di appartenenza.
Ugualmente, la riscoperta tangibile di trovarci a vivere in un Paese particolare che si colloca in un ambito ampio, globale, ponendoci in una dimensione di glocalità, ci spingerà ancor più a legare il nostro fare scuola alla dimensione della sostenibilità e di uno sviluppo che possa essere chiamato tale.
Occorrerà allora prendere in considerazione le nuove finalità del nostro apprendere/insegnare tramite una rivisitazione delle discipline per la crescita alla cittadinanza glocale e l’approfondimento dei 17 goals dell’agenda 2030, così come declinata dall’ONU, quale progetto globale verso una società, un’economia, un pianeta ed istituzioni sostenibili. In questo senso sarà indispensabile rimodulare l’insegnamento delle discipline, in linea con le indicazioni nazionali, alla luce dei singoli goal dell’agenda, anche tramite la realizzazione degli stessi, sul proprio territorio, in modalità apprendimento servizio solidale .
Penso proprio che sia valsa la pena che tutti i docenti, in modo ampiamente diffuso, abbiano dovuto, “facendo di necessità virtù”, imparare a pensare l’impensabile e a mettere in azione l’inagibile, camminando verso un vero e reale cambiamento di paradigma.
Ma occorrerà esercitare il coraggio della discontinuità, cioè fare una cosa che per un tempo abbiamo ritenuto essenziale anche quando non sarà più necessario farla, solo così potremo, insieme, cominciare davvero a cambiare in meglio la nostra scuola e tramite essa il nostro pianeta.
E’ utopia ? Forse dopo quello che abbiamo vissuto in questi ultimi giorni, non lo è più e la comunità educante si troverà in un reale, profondo, vitale dialogo con tutte le realtà del territorio, pronta a costruire una rinnovata, forte alleanza sinergica per la realizzazione di una nuova società solidale e sostenibile.
Rosa De Pasquale
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