Corte dei Conti, la "guerra" sulle tariffe di rifiuti e dell'acqua fra Regione e Comuni minaccia "l'attendibilità del bilancio"

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Corte dei conti, la presentazione del giudizio di parificazione del rendiconto della Regione
  23 ottobre 2019 12:01

 

I crediti incerti minacciano “l’attendibilità dei conti e comunque legittima serie perplessità sugli equilibri dei bilanci futuri”. La nebulosa dei residui attivi, appunto i crediti vantati dalla Regione e sorti negli esercizi precedenti, sono la spina del suo bilancio. Un aspetto prontamente rilevato dal Procuratore regionale della Corte dei Conti Rossella Scerbo, in occasione dell’adunanza di oggi sulla parificazione dell’esercizio finanziario 2018. Lo stock totale fa impressione: 4,2 miliardi. I residui passivi, i debiti della Regione invece, sono pari a 3 miliardi. Restando ai soli “vecchi” crediti, i principali guai sono, come avviene da qualche anno, sui canoni idrici e sulle tariffe di conferimento dei rifiuti. La Regione non solo non riesce a riscuotere quanto richiesto ai Comuni, ma gli enti locali spesso rinnegano l’entità del loro debito o comunque non c’è rispondenza nelle loro scritture contabili. Nella sua introduzione il presidente Vincenzo Lopresti ha quantificato il residuo attivo regionale sull'acqua in 266,6 milioni di euro, ma agli enti locali non "risulta". Il Procuratore regionale ha voluto fare la lista dei comuni capoluogo, con l’eccezione di Crotone che non ha inviato i dati. La Cittadella pretende da Reggio Calabria 40,9 milioni per i rifiuti e quasi 80 milioni per l’acqua, solo per quest’ultimo pare possa partire il piano di rateizzazione. “Le rispettive posizioni sono difficilmente conciliabili”, scrive così Scerbo nel rapporto Regione-Cosenza. La Cittadella dice che non sono prescritti 19,6 milioni di euro come preteso da Palazzo dei Bruzi. Poi ci sono i casi Catanzaro e Vibo Valentia che vantano rispettivamente 64 e 87 milioni di euro, mentre ne sono riconosciuti poche migliaia di euro a testa. Una situazione di incertezza sulla possibilità di riscuotere effettivamente tutti i crediti che ha indotto il Procuratore a chiedere l’incremento “in misura adeguata” del Fondo crediti di dubbia esigibilità per poter procedere alla parificazione del rendiconto 2018.

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GLI ALTRI NUMERI- Il disavanzo effettivo del bilancio 2018 è di - 89 milioni di euro, che significa l’assenza di disponibilità libere, caratteristica ormai strutturale del bilancio regionale. La mole del contenzioso vale circa 420 milioni di euro. I debiti fuori bilancio, nel 2018, sono cresciuti del 6,4% arrivando a quasi 3,6 milioni di euro.

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I PIGNORAMENTI- Piuttosto duro il giudizio del giudice referndario Stefania Anna Dorigo sulla gestione regionale dei pignoramenti e del rapporto con il Tesoriere. Sarebbero emersi addirittura 6.700 atti di esecuzione nei confronti della Regione, alcuni risalenti addirittura al 1999. La Regione non pare avere un piano per uscire da questo assedio. Così Dorigo scrive: "Questa gestione palesemente inefficiente drena risorse liquide alla collettività: si ribadisce che circa un quarto delle risorse liquide non sono disponibili e, considerata la scarsità di risorse della Regione Calabria, questo è un lusso che non ci si dovrebbe permettere".

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I MANCATI TAGLI SUL PERSONALE "SPECIALE"- Nelle conclusioni del Procuratore regionale c’è anche un passaggio, nel capitolo della spesa del personale, alla legge n. 39 del 2018 che avrebbe dovuto tagliare retroattivamente del 9% le indennità del Capo di gabinetto della Giunta e del Presidente del Consiglio, del portavoce e dei componenti dell’ufficio del portavoce. I tagli non ci sarebbero stati perché la norma si applica solo ai soggetti “estranei”” alla pubblica amministrazione, ma secondo le “risposte” fornite dal dipartimento regionale competente non si applicanno poiché il Capo di gabinetto del Presidente della Giunta e il portavoce “non sono estranei”. “Le misure introddote - si legge nell’annotazione del Procuratore Scerbo- non sono idonee a superare i rilievi mossi”.   g.r.

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