Crisi di governo, tutto nelle mani di Mattarella. Conte lascia e sale al Colle

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  20 agosto 2019 20:58

di GABRIELE RUBINO

Ora è tutto nelle mani del capo dello Stato. Il lungo pomeriggio a Palazzo Madama ha sancito la “parlamentarizzazione” della crisi del governo gialloverde. Il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha detto sia nella prima comunicazione ai senatori e sia in sede di replica che l’azione dell’esecutivo «si interrompe qui» e salirà stasera al Colle. Il Quirinale da ora diventa il crocevia della crisi. (Leggi qui e qui le fasi salienti)

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Nonostante il ritiro della mozione di sfiducia da parte della Lega durante il dibattito in aula, Conte è stato risoluto: «Mi assumo io la responsabilità di fronte al Paese, se manca il coraggio». Quel coraggio che sarebbe mancato a Matteo Salvini, riprendendo l’intervento del leghista che aveva detto di sentirsi «un uomo libero perché non aveva paura del voto», con il sottointeso “a differenza di altri”. Fra Conte e il ministro dell’Interno c’è stata un’inattesa, sicuramente nei toni, resa dei conti dopo un anno e due mesi di esperienza gialloverde. Il professore ha insisto, quasi da accademico, sul principio di «leale collaborazione», sul quale Salvini ha «stentato». Cala così il sipario sul primo governo italiano fondato su un contratto di governo fra forze politiche estremamente diverse. Non dovrebbe esserci spazio per quelle che il premier ha definito «giravolte verbali», probabilmente riferendosi all’apertura di Salvini di approvare la legge sul taglio dei parlamentari ed eventualmente una manovra “coraggiosa”. Non è detto però che la carriera politica di Conte sia finita oggi in Senato. Il pallino passa a Sergio Mattarella. In serata il Quirinale ha fatto sapere in un comunicato stampa che le consultazioni avranno inizio da domani pomeriggio.

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Cosa ne possa uscire dalle stanze del Quirinale è ancora tutto da scrivere. Di certo, lo scenario di un’intesa fra Pd e M5S resta in piedi con Matteo Renzi, uno dei primi proponenti, che ci spera ancora pur levando dagli impicci i potenziali futuri alleati grillini della sua ingombrante presenza. «Non farò parte del governo», ha detto l’ex presidente del Consiglio che ha comunque profondamente condizionato la strategia del Pd, con l’immagine del segretario Nicola Zingaretti che non ne esce proprio rafforzata. Se Fratelli d’Italia è pronta per andare al voto subito, in teoria dovrebbe esserlo pure Forza Italia per tentare una riedizione del centrodestra classico. Ma le carte del partito di Berlusconi sono ancora da svelare del tutto.  

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