Curriculum anonimo e meritocrazia: una soluzione possibile anche in Italia?

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  05 marzo 2025 19:29

Un candidato su due ritiene di aver subìto delle discriminazioni, in fase di selezione. A rivelarlo è un sondaggio che mette in chiaro luci e ombre del mercato del lavoro, in Europa e in Italia, ponendo una domanda cruciale: esiste un modo per premiare esclusivamente il merito, senza farsi condizionare dai pregiudizi?

Che cosa svela il sondaggio

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Il sondaggio è di CVwizard ed è una fotografia molto interessante sull’attuale mercato del lavoro. Condotto su un campione di 1000 persone tra i 18 e i 60 anni, esplora una serie di aspetti spesso sottovalutati nelle analisi di questo tipo. Per esempio il problema dei pregiudizi negativi, o bias, nel processo di candidatura e valutazione dei CV.

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Su questo fronte, la metà dei partecipanti (50,73%) riferisce di aver subìto dei pregiudizi negativi in fase di candidatura. Per quali ragioni? Al primo posto troviamo i bias legati all’età, subito dopo quelli legati alla nazionalità, poi quelli legati al genere.

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Sul genere, specifichiamo per inciso, si apre un divario che va ben al di là della fase di selezione. Si riscontra infatti anche nella correlazione tra la laurea conseguita e l’impiego svolto, nel livello di competenze specialistiche che richiede l’impiego e soprattutto nel riconoscimento economico: a essere soddisfatti dello stipendio sono oltre il 67% degli uomini, meno del 56% delle donne.

Per quanto riguarda l’età, il fenomeno è noto come ‘ageism’ e riguarda i candidati senior, potenzialmente anche quelli dotati di lunghe e brillanti carriere, mentre il bias legato alla nazionalità è trasversale, sia in termini anagrafici che di genere. È infine da sottolineare che tra i fattori di discriminazione viene citato, in alcuni casi, anche il quartiere di residenza. In questo scenario, non stupisce che il 66,89% degli intervistati vorrebbe che le candidature fossero anonime. 

Che cos’è il curriculum anonimo (o blind recruiting)   

Per curriculum anonimo, detto anche ‘blind recruiting’ in riferimento alla pratica di valutazione che consente, si intende un CV in cui non compaiono dati personali come nome e cognome, età, genere, foto, luogo di nascita e qualsiasi altra informazione che possa essere oggetto di pregiudizio.

L’idea è che il selezionatore, recruiter del comparto Risorse Umane dell’azienda o datore di lavoro, si concentri esclusivamente su competenze, esperienze e risulti del candidato, senza essere distratto – consapevolmente o inconsapevolmente – da altri fattori. I bias, infatti, non sono necessariamente riconosciuti come tali da chi ne è condizionato; spesso, al contrario, agiscono in modo subdolo, influenzando il giudizio in modo molto sottile, ma non meno fuorviante.  

Come premiare il merito: consigli per le aziende

Alla luce di queste considerazioni, non si può che auspicare la promozione di pratiche di assunzione più eque, inclusive e trasparenti, in grado di valorizzare il talento a prescindere dalle differenze di età, genere, provenienza. In una parola, realmente meritocratiche.

Il curriculum anonimo è un passo in questa direzione. Non a caso in diversi paesi europei è stato introdotto, già qualche anno fa, in via sperimentale, per esempio in Finlandia, dove ha avuto un riscontro molto positivo sia da parte dei candidati che delle aziende. Analoghi provvedimenti sono stati messi in atto anche in Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania. In Italia non sono noti progetti pilota.

Per mettere il blind recruiting a regime, l’ideale è integrare o attivare le funzionalità che lo consentono nei software di gestione del personale. La maggior parte di quelli in commercio già ne dispone, rendendo invisibili tutti i dati potenzialmente discriminatori, nelle prime fasi di screening.

Un altro modo per testare le competenze dei candidati al netto dei bias è quello di somministrare dei test: prove pratiche e assessment che consentano di quantificare in modo oggettivo le skill richieste. Si tratta in questo caso di una pratica che richiede del tempo, sia ai candidati sia ai recruiter, ed è perciò da valutare con criterio.

Infine, è fondamentale che chi si occupa di selezione sia consapevole dei pregiudizi inconsci, e a questo scopo ciò che serve è la formazione. Per eliminare i pregiudizi e promuovere la meritocrazia, infatti, gli strumenti ci sono, ma prima di tutto ci vuole la volontà di usarli. E qui è la cultura aziendale che fa la differenza, con le policy che adotta e le iniziative pratiche che promuove.   

 

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