di GAETANO MARCO GIAIMO
"Senza le persone che ho intorno, quelle che mi hanno detto che potevo farcela quando sentivo tutto mancare, non sarei stato nulla: sono loro la linfa di tutto quello che ho fatto". È con grande umiltà che Francesco Maiorano ha voluto dedicare un pensiero ai suoi cari e a chi ha avuto accanto nei momenti difficili. Il giovane, che ora vive a Roma ma è nato a Tiriolo (CZ) nel 1998, ha preso parte alla serie Sconfort Zone, diretta e ideata dal comico Maccio Capatonda e andata in onda su Amazon Prime. Non solo lo sceneggiato è stato tra i più visti in Italia, ma oggi è anche finalista ai Nastri d'Argento.
Raccontaci un po' di te: com'è nata la passione per la recitazione?
Io non sono un attore, principalmente lavoro nella musica. Ho iniziato nel 2022-2023 nel ruolo di manager di Mezzosangue, con cui ho fatto uscire l'album "Sete" per Sony Columbia, da lì piano piano ho conosciuto persone e ho incontrato Marcello (Maccio). Mi sono spostato dal management alla produzione di concerti quindi mi sono occupato di produrre concerti molto grossi su Roma, Boosta dei Subsonica, Rachele dei Baustelle, 100-150 artisti che ho gestito live negli ultimi 3 anni. Un giorno Luca Del Fuego Confortini mi chiamò e mi disse che Maccio mi voleva per una sue serie: Un po' titubante mi son detto "proviamoci": non avendo studiato recitazione non è stato facile, ti ritrovi dalla videocamera dei tuoi genitori alla recita delle elementari a una macchina da presa grande quanto un automobile con 30 persone dietro e la pressione è grande. Ho preso così parte a "Maccioverse", uscita per Elimobile. L'idea era molto bella e strutturata ma non ha potuto raggiungere molto pubblico poiché era riservata agli abbonati della compagnia telefonica. Ricordo un episodio in cui c'era una scena con un gelato che si è sciolto 20 volte.
E quindi come sei finito a fare parte di Sconfort Zone?
Questa estate ero con Carotenuto all'Atlantico e mi arriva questa chiamata per la nuova serie di Maccio, in cui mi veniva detto che lui mi voleva sul set. Le riprese sono iniziate poco dopo: è stata l'esperienza più difficile in ambito attoriale fino ad ora, considerata anche la pressione di finire su Amazon Prime ed essere potenzialmente visto da chiunque. Io ho fatto una settimana di riprese e sono passato da lavorare ai concerti - avendo quindi un orario di lavoro più "notturno" - alla sveglia presto, trovandomi ad avere a che fare con truccatrici e costumiste. Sul set c'erano anche attori importanti come Lundini, Fru dei Jackal, Edoardo Ferrario. C'era molta ansia, anche perché avevo diverse scene importanti: recitare non è solo leggere il copione, stare davanti la videocamera cambia la prospettiva, sbagliare una scena significa dover trattenere diverse persone lì e quindi ti senti sempre sotto pressione. Ringrazio Valerio Desirò, che è anche uno degli attori principali della serie e lo sceneggiatore di Maccio, che un giorno, vedendomi agitato, mi ha preso da parte e mi ha detto: "Nessuno è attore davvero, neanche io. Servono anni e anni di studio, tu dai il massimo e vanne fiero". Sono tornato a Tiriolo a fine estate: dopo sei o sette mesi dalla fine delle riprese la serie è uscita e c'è stato un bel riscontro, soprattutto in paese, ed è molto emozionante quando la gente si congratula per strada. All'inizio avevo un sacco di paranoie, si è attivata una sorta di sindrome dell'impostore perché mi ci sono ritrovato per caso ma molte persone del settore mi hanno detto di cogliere le occasioni che ti capitano davanti.
Parlaci di te dal punto di vista personale: chi è Francesco al di là della professione?
Ciò che mi rappresenta pienamente e mi permette di esprimere me stesso è l'arte, soprattutto la musica: mi sveglio la mattina ascoltando musica e vado a dormire ascoltando musica. Ho iniziato a studiare a Roma nel 2018, frequentavo Economia: la prospettiva di stare dietro una scrivania e non essere felice, però, mi stava stretta. La fortuna principale che ho avuto è stata la mia famiglia: nell'esatto momento in cui ho detto di voler fare arte mi hanno dato fiducia e spronato a seguire i miei sogni. Tante persone vengono ostacolate dai propri genitori e invece io li ho avuti al mio fianco. Il primo lavoro è stato proprio quello con Sony e quindi posso dire di aver cominciato col botto.
Com'è stato crescere a Tiriolo e quanto ha influito sulla tua formazione personale e artistica?
Tiriolo ha giocato un bel ruolo sia umanamente che a livello artistico, perché storicamente è un paese pieno di musicisti, scrittori, artisti in generale. Mi raccontano che negli anni '80 era un paese pieno di sale prove e concerti: è un po' un antro della cultura locale. Crescere in un paese è una delle esperienze migliori che possono capitare a chiunque. A Roma ho notato che c'è molta divisione di classi sociali: qui tutti quanti da piccoli crescono insieme e questo ti insegna a saper stare con tutti senza avere distinzioni di sorta.
Com'è stato lavorare con Maccio Capatonda? Che tipo di esperienza ti ha lasciato? C'è un aneddoto dal set che ti è rimasto particolarmente impresso?
È stato molto bello, tralasciando l'amicizia che ci lega. Sul set si stava tranquilli perché c'era molta coesione: lui è una persona molto professionale e che ti sa mettere a tuo agio. Per quanto l'esperienza fosse forte e non facile, nel momento in cui sbagliavo mi tranquillizzava e mi dava consigli su come andare a rifare la scena al meglio; questo mi ha aiutato a calmarmi e a lavorare dando il massimo. Essendo senza esperienza pregressa, non è stato facile ma grazie a lui, a Valerio e a Luca sono riuscito a superare ogni difficoltà: il set era una vera e propria famiglia.
La serie è stata tra le più viste su Prime Video e ora è finalista ai Nastri d'Argento: che effetto ti fa?
In realtà ho appreso la cosa accedendo per caso su Instagram: da quando sono in Calabria non sto utilizzando molto i social, tendo a non volere distrazioni e focalizzarmi su ciò che mi circonda. Ho visualizzato la storia di Valerio Desirò che condivideva il post delle candidature ed è stata un'emozione unica, ora siamo tra i finalisti assieme ad altre bellissime serie, quindi la sfida è agguerrita.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Hai già in mente nuovi ruoli o collaborazioni?
Al momento il mio lavoro è a Roma ma mi piacerebbe tornare qui. In Calabria a livello concertistico siamo rimasti molto indietro, nonostante ci siano tantissimi amanti dell'arte e della musica. Io sono molto a collaborare in zona e spero di poter fare qualcosa per questa regione che io amo: quello che ho sotto casa a livello di bellezza estetica, storia, valore intrinseco e persone è senza eguali. Nell'arte fare progetti a lungo raggio non è mai una scienza esatta, domani puoi andare a prendere una birra in un locale e avere l'opportunità della vita che ti si palesa davanti. Continuerò nel settore dei concerti e spero di tornare presto nel management discografico: nel caso escano altre parti da attore dirò di sì con meno riluttanza.
Ti piacerebbe raccontare la Calabria, magari con un progetto artistico tutto tuo?
Mi piacerebbe davvero tanto raccontare la verità della Calabria e dei calabresi con tatto, è una cosa che purtroppo ho visto provare a fare da tanti ma senza che nessuno ci riuscisse. Vorrei provarci anche io, parlando di una regione che è rimasta per tanto tempo in secondo piano ma quando è dovuta risaltare lo ha fatto magistralmente. Si deve sempre ragionare molto bene sulle opere che si mettono in campo perché si rischia di fare le cose di fretta, di raccontare storie, di cadere nel pop: è un progetto sul quale sicuramente in futuro ragionerò, per il momento rimango da osservatore.
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