De Crescenzo “O filosof e Napule”

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Franco Cimino
  21 luglio 2019 16:26

Di Luciano Crescenzo, artista autentico, perché nei napoletani è innata la teatralità e la comicità in essa, ne hanno scritto tutti. Della Napoli, che l’ha partorito lasciandogli il cordone ombelicale attaccato, ne ha detto continuamente lui stesso, facendone il tratto identitario più significativo della sua esistenza. Ma del filosofo che è in lui, se n’è sempre parlato poco e con troppa velocità, forse perché della filosofia conserviamo il pregiudizio di una materia scolastica elitaria troppo difficile e per giunta inutile. Sentirla, in un uomo delle spettacolo, trattare con leggera e allegria, ha provocato un certo imbarazzo e la sensazione che quegli ci scherzasse sopra o perché non la conoscesse o perché ne volesse rimarcare l’assoluta inutilità. È stato invece tutto il contrario. Luciano De Crescenzo è stato un maestro in senso socratico. Un divulgatore in senso platonico. Un rigoroso filosofo in senso aristotelico e pitagorico. Un “ giostraio” della parola, tecnicamente in senso sofistico. Di certo è il filosofo del dubbio, della distruzione dell’avvio e delle certezze di esso . L’affabulatore ineguagliabile attraverso una verbosità nutrita di concetti, e perciò per nulla noiosa e sempre gradita. Una sorta di sofista all’incontrario, che macina non aria, ma nell’aria idee forti, e le ricompone, anche sotto forma di domanda a collana di perle. Luciano è mago della dialettica che si afferma sulla vacantezza della retorica. È il teorico della libertà, intesa come condizione necessaria dell’essere umano, come fondamento della sua natura. E ragione prima del suo vivere tra gli esseri umani, che sono simili proprio a motivo della libertà che individualmente li costituisce. Tutto il resto, per il filosofo di Napoli, sono in qualche modo delle sovrastrutture. Istituzioni, organi associativi, le costituzioni, le leggi, l’economia, le divisioni territoriali, le stesse nazioni e i popoli( tranne quello napoletano, naturalmente), sono prodotti dell’uomo che si lega, che crea rapporti di utilità. E, comunque, prendono valore autentico solo quando si pongono a tutela di quella libertà originaria. E pura. La stessa democrazia, il sistema politico imperfetto per eccellenza, in quanto tale, assolve al compito di ordinare al meglio i bisogni, le risorse e la giustizia che li cura, ma non è conforme pienamente al principio di libertà, pur se la libertà, nella forma che si conosce, costituzionalmente “ amministra”. Nella filosofia di De Crescenzo c’è il Tempo, la concezione di questo strano e incomprensibile calendario della vita. Superare le sue divisione con cui esso è stato inserito nella cultura della vita associata, è questo il suo intento. Passato e futuro non esistono, sembra ancora di sentirlo con quel suo tono leggero come il timbro di voce. Se passato e futuro non esistono, non può esistere il presente perché nel mentre lo interroghi esso è già passato e, in quanto passato, non può essere futuro. Ve la ricordate? Questa sua affermazione è stata collocata in una delle scene più divertente di un suo film. Paradossalmente e inspiegabilmente, esiste la vita, la cui sostanza e misura è data dall’Amore. Di certo questi pensieri non sono suoi. Nella sua filosofia non c’è nulla di originale. D’altronde, non potrebbero esserlo, poiché, secondo il decrescentiriano pensiero, è già stata tutta compiuta duemilatrecento anni fa. Dai greci, quando ancora il pensare filosofico non era diventato sistemico. Tutto, dalla matematica (l’origine del pensiero strutturato e di ogni sapere), alla cosmologia, dalla psicologia alla fisica, dalla morale all’anima, dalla medicina alla ingegneria, tutto, per il nostro, è nato nella Grecia antica. La Bellezza e il senso estetico della vita è nato lì. Tutto ciò che è venuto dopo, attraverso il progresso, è opera della tecnica. E non riguardo la civiltà. Questa, è stata eternizzata in quel tempo. Le rovine di oggi derivano dal distacco da quel mondo. Di quella filosofia De Crescenzo utilizza il dialogo e l’idea che attraverso di esso il sapere si possa trasmettere. Il dialogo attiva la curiosità dell’ignoranza. È sapere di non sapere, il non avere certezze se non quella di non poterne raggiungere alcuna, che crea la conoscenza. Anche di se stessi. La Bellezza della filosofia di Luciano, consiste nel fatto che, nascendo da una cultura larga e poliedrica e da una intelligenza finissima, come le sue, abbia saputo mettere, in un pensiero organico,il meglio della filosofia greca. L’altra sua bellezza, è di aver saputo portare all’attenzione di tutti discipline considerate difficili e lontane. Aiutato dal suo carattere gioviale e dalla cultura napoletana, il filosofo partenopeo ha saputo sdrammatizzare il pensiero pensante oltre i limite del pigro pensare, cioè la filosofia. Impiegando la sua acuta e forbita ironia, in parte vi è riuscito. Con questa, ha compiuto due cose in una: prendere in giro i filosofi che se la tirano, rendere il filosofare un metodo accessibile per interpretare la realtà, affinché ciascuno si possa dare risposte sui temi più inquietanti. E potersi sollevare da quel senso di amarezza e frustrazione dinanzi alle avversità della vita e alle difficoltà del vivere. Insomma, la filosofia per liberarci dall’ignoranza e dall’angoscia esistenziale. La filosofia contro il pessimismo della vita moderna e per costruire la felicità. Qui, in questo mondo. Perché per De Crescenzo, che si definiva ateo cristiano-all’interno, a mio avviso, di una spiritualità intensa- il primo paradiso deve essere la terra. Dove ogni essere vivente possiede amore, mentre tutto ciò che non è vivente riceve vita e significato per il servizio che svolge a favore della vita. De Crescenzo ci lascia la sua filosofia e con essa una grande lezione, dove c’è Amore deve esserci la Felicità. Chi ha l’uno deve andare a cercarsi l’altra. Chi manca di tutt’ e due deve andare a cercarsele insieme. “Pcché si nun è fess e trov...”

Franco Cimino

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