di MARIANNA MAURO
A ben leggere il documento approvato dalla Commissione Europea in data 19 marzo 2020, “Quadro temporaneo per le misure di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid -19” (alla base del Decreto Liquidità), emerge che le garanzie a sostegno delle imprese per l’accesso alle nuove linee di credito trovano il loro fondamento nella temporanea carenza di liquidità.
In altre parole, gli aiuti alle imprese, per contrastare gli effetti dell’emergenza Covid - 19, possono essere concessi solo alle imprese che, a seguito del lockdown, presentano temporanee carenze di liquidità per affrontare impegni già assunti, nel “tentativo” di non pregiudicare la redditività; sono escluse le imprese che erano in difficoltà alla data del 31.12.2019.
Pertanto sembrano delinearsi, per le imprese, due scenari: 1. Crisi dipendenti da Covid-19 e 2. Crisi non dipendenti da Covid-19. La distinzione degli scenari apre a dei percorsi molto diversi: ad essa possono essere ascrivibili le difficoltà già segnalate da molte imprese nell’accesso al nuovo credito. Infatti, le imprese che hanno chiesto di accedere ai finanziamenti fino a 25 mila euro hanno dichiarato, consapevoli delle responsabilità penali in caso di dichiarazioni mendaci e della conseguente decadenza dai benefici concessi, di essere danneggiate dall’emergenza Covid-19.
È chiaro che la linea di demarcazione, nella realtà, non è così netta! A ciò si aggiunga che il tessuto imprenditoriale pre - Covid si presentava già provato dall’ultima crisi finanziaria e da un’economia poco vivace.
Nel quadro normativo che va delineandosi, uno degli aspetti più delicati, è la responsabilità degli amministratori degli attori coinvolti: impresa e istituto finanziatore. I prestiti garantiti espongono imprese e banche a rischi penali. Sia le banche che i consigli di amministrazione delle imprese rischiano l’accusa di bancarotta se viene erogato un prestito quando sia gli indicatori sia lo stato di crisi suggerirebbero di non concederlo.
Nei casi in cui si finanzi un’impresa in evidente stato di crisi (da Covid - 19?), gli amministratori dell’impresa richiedente e dell’istituto di credito dovranno rispondere di bancarotta nel caso in cui, successivamente, si verifichi il default. In particolare, i crediti concessi alle imprese in forza del Decreto Liquidità, in caso di bancarotta, si trasformerebbero in “crediti privilegiati” (per effetto di una consolidata posizione della Corte di Cassazione – cfr. Cass., sez I, 29/01/2019): il loro privilegio risiede nella possibilità di avere una priorità nella soddisfazione rispetto agli altri debiti. Pertanto, se, successivamente, l’impresa risultasse insolvente ed intervenisse una dichiarazione di fallimento, le banche potrebbero escutere la garanzia, sostituendosi allo Stato per l’ottenimento del pagamento. Gli amministratori dell’impresa si troverebbero a dover rispondere del reato di bancarotta preferenziale per aver favorito alcuni creditori (violando la par condicio creditorum), con la responsabilità concorsuale dell’istituto di credito.
Allo stesso modo, la concessione di finanziamenti corredati da garanzia pubblica, ad imprese in stato di crisi verrebbe inquadrata, in caso di fallimento, in un’operazione gravemente imprudente (volendo escludere le ipotesi di fraudolenza), che avrebbe ritardato la richiesta di fallimento, con il relativo danno per gli altri creditori. Pertanto, dal punto di vista dell’istituto finanziatore, nelle scorse settimane, l’Associazione bancaria italiana ha già chiesto una tutela penale per l’attività di erogazione di finanziamenti durante la crisi, in modo da poter allargare le maglie del credito senza sopportare i rischi connessi all’insolvenza delle imprese. Le imprese avrebbero bisogno di interventi di sostegno che possano consentire di individuare il nesso di causalità con l’evento dovuto alla pandemia limitando, in questo modo, le responsabilità degli attori coinvolti rispetto all’evoluzione di scenari futuri caratterizzati da un alto livello di incertezza.
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