DIA 2019. "Trasi munnizza e n'iesci oro": la 'ndrangheta nel business rifiuti. Emergenza a fini di lucro e politici collusi in Calabria

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Smaltimento di rifiuti
  25 gennaio 2020 18:39

di PAOLO CRISTOFARO

"Trasi munnizza e n'iesci oro". Non è una frase casuale. E' la frase scelta dagli inquirenti della DIA per aprire il capitolo della relazione sull'attività investigativa del primo semestre 2019 dedicato alla mafia e ai rifiuti, tema caldissimo data la vera e propria emergenza verso la quale la Calabria sta procedendo a passo spedito (LEGGI QUI). Dal medesimo report, nei giorni scorsi, si è potuto ricostruire un quadro approssimativo del potere delle cosche di 'ndrangheta nel catanzarese (LEGGI QUI), nel reggino (LEGGI QUI), nel crotonese (LEGGI QUI), nel vibonese (LEGGI QUI) e nel cosentino (LEGGI QUI). Allo stesso modo, dalla documentazione della Direzione Investigativa Antimafia, è stato possibile ricostruire alcuni legami tra le consorterie mafiose - in particolare calabresi - e diverse altre regioni d'Italia, con specifica attenzione alla "maggiore piazza finanziaria d'Italia": la Lombardia (LEGGI QUI). Ma un unico filo rosso, un unico grande interesse, sembra accomunare varie cosche, varie consorterie di 'ndrangheta e ampissime aree geografiche: il business dei rifiuti e dello smaltimento illecito.

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Probabilmente, dopo il narcotraffico, è uno dei mercati più favorevoli per la mafia. Secondo gli inquirenti l'estensione dei tentacoli della malavita organizzata sul trasporto e lo smaltimento dei rifiuti in Italia sarebbe preoccupante e di assoluta predominanza, nella "complessa filiera dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, punto nodale delle problematiche connesse ai reati ambientali", come riportano gli inquirenti. Da una lettura attenta e critica delle carte relative alle indagini, emerge un quadro complesso quanto inquietante; emerge un intero sistema perennemente manovrato dalle organizzazioni mafiose, dove il guadagno e il risparmio, come costanti fisse, ingarbugliano la matassa, avvolgendo istituzioni politiche e amministrative, aziende e imprenditori, mafiosi e professionisti collusi, a discapito della salute pubblica. La ricostruzione, a questo punto, diventa torbida e difficile, quando il confine tra malavita, enti pubblici e privati diventa così sottile da non riuscire a distinguere dove finiscano gli uni e inizino gli altri.

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"Quasi sempre, infatti, nei reati connessi al traffico illecito dei rifiuti si intrecciano condotte illecite di tutti i soggetti che intervengono nel ciclo, dalla raccolta allo smaltimento: non solo elementi criminali, ma anche imprenditori ed amministratori pubblici privi di scrupoli", scrive la DIA. E poi ci sono da considerare le imprese private. "Non di rado la scelta d'impresa, tesa ad economizzare i costi e ad imporsi sul mercato, coincide con la volontà di liberarsi illegalmente dei rifiuti per abbattere i costi di produzione", si legge nel report. "I produttori pubblici di rifiuti giustificano comportamenti omissivi o violazioni di legge con la necessità e l'urgenza che a volte accompagna i provvedimenti amministrativi [...] Gli enti locali appaiono mossi dall'esigenza di trovare la soluzione più sollecita alla questione dello smaltimento, sia per risolvere conflitti sociali che per ovviare a esposizioni di responsabilità politica e amministrativa".

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Fatto ancora più inquietante rimarcato dalla Direzione Investigativa Antimafia è che "alcune manifestazioni popolari di dissenso contro la costruzione di siti per lo smaltimento dei rifiuti possano aver avuto registi occulti contigui alle associazioni mafiose che si sarebbero adoperate per mantenere così lo stato emergenziale e continuare a lucrare sul traffico illecito", è scritto nel report 2019. Emerge quindi il tentativo della 'ndrangheta di acquisire appalti anche per il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani. "Tutto ciò ha talvolta consentito quasi un regime di monopolio nei servizi di rimozione e trasporto da parte di imprese direttamente controllate dalla criminalità organizzata: da vittime, gli imprenditori sono divenuti soci".

Anche gli incendi di cumuli di spazzatura, specialmente nelle regioni del sud, "sono appiccati per agevolare e mantenere la situazione di emergenza che obbliga le pubbliche amministrazioni ad intervenire con affidamenti diretti", sottolineano le fonti investigative. Dalle indagini riguardanti diversi enti locali - anche di piccole dimensioni - emerge la nuova tattica, sempre più spesso adottata, proprio di questa tipologia di affidamento (sovente effettuata anche dividendo in parti  più piccole finanziamenti di grosse dimensioni) per agevolare le organizzazioni mafiose.

Preoccupa apprendere da questi report della DIA che "è stato costantemente osservato lo spostamento di ingenti quantitativi di rifiuti, anche pericolosi, dal nord al sud del Paese, dove, nel tempo, il pattume è stato interrato in cave abusive". Nell'inchiesta "Feudo" condotta dalla DDA di Milano, è emerso che "carichi illegali di rifiuti dalla Lombardia, per tramite di compiacenti ditte di autotrasporto e di stoccaggio campane, arrivavano verso la Calabria, dove venivano interrati proprio in cave abusive".

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