La Corte di Cassazione, VI Sezione Penale, all’esito dell’udienza camerale ha emesso la sentenza con cui ha accolto i ricorsi presentati dall’avv. Arturo Bova, nell’interesse di Fabio Bevilacqua e della moglie Luana Pappaianni , nonché il ricorso presentato dall’avv. Salvatore Iannone nell’interesse di Cosimo Bevilacqua..
L’operazione condotta dall’Arma dei Carabinieri e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, era scattata nella notte del 28 marzo ed aveva portato all’arreso di 6 persone ritenute, a vario titolo ed unitamente ad altri indagati, responsabili di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.
Secondo la Procura Antimafia di Catanzaro, il sodalizio criminale a conduzione marcatamente familiare e capeggiato da Bevilacqua Fabio, aveva riversato nella città di Catanzaro un vero fiume di cocaina ed eroina proveniente da vari canali di approvvigionamento.
La droga veniva spacciata nel quartiere Pistoia e in viale Isonzo di Catanzaro, dove erano situate anche le basi logistiche. Nelle abitazioni degli indagati, sotto gli ordini e le direttive di Fabio Bevilacqua , la droga veniva parcellizzata e confezionata dalle donne della famiglia e successivamente spacciata al dettaglio anche dai figli minorenni.
Le indagini coordinate dalla DDA di Catanzaro, in particolare modo quelle svolte mediante l’utilizzo di captatore informatico c.d. Trojan, avevano consentito di far luce sull’esistenza ed operatività del sodalizio criminale, nonché sui ruoli ricoperti da ciascuno degli affiliati.
La gerarchia criminale vedeva al vertice Bevilacqua Fabio con il ruolo di promotore ed organizzatore dell’associazione. Era lui anche ad approvvigionare il sodalizio della droga. Dopo il suo arresto nell’ambito dell’Operazione Aesontium, sarebbe stato coadiuvato e sostituito nel ruolo dal fratello Bevilacqua Cosimo. Un ruolo rilevante l’avrebbero svolto anche la moglie di Bevilacqua Fabio, Pappaianni Luana, quale organizzatrice, e la di lui madre, Vecceloque Pereloque Silvana, addetta al confezionamento delle dosi e alla successiva distribuzione ai pusher.
L’avv. Arturo Bova nell’udienza camerale di mercoledì si era particolarmente soffermato sulla inutilizzabilità delle risultanze intercettive, stante l’illegittimità delle intercettazioni, sostenendo che il Trojan era stato attivato dagli investigatori fuori dai limiti fissati dal G.I.P. con il decreto autorizzativo.
Sebbene non sia stata ancora depositata la motivazione della Cassazione, il difensore degli indagati ritiene sia stato proprio questo il motivo di accoglimento del ricorso, stante l’effetto estensivo prodottosi anche con riferimento alla posizione del coindagato Bevilacqua Cosimo, difeso dall’avv. Salvatore Iannone.
Adesso si attende la fissazione della nuova udienza davanti ad altra sezione del Tribunale della Libertà di Catanzaro, chiamato ad un nuovo esame dei presupposti legittimanti l’emissione della misura cautelare, all’esito della quale probabilmente gli indagati saranno rimessi in libertà se non detenuti per altro.
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