E' di Taverna Rosario Canino, direttore sanitario a Cremona: "Noi, travolti da uno tsunami. Ho avuto paura e non mi vergogno ad ammetterlo"

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images E' di Taverna Rosario Canino, direttore sanitario a Cremona: "Noi, travolti da uno tsunami.  Ho avuto paura e non mi vergogno ad ammetterlo"
Il direttore sanitario dell’Asst di Cremona, Rosario Canino
  17 maggio 2020 19:22

di CARMINE MUSTARI

La città di Taverna ha consegnato, anche se non personalmente, al direttore sanitario dell'Azienda Socio-Sanitaria Territoriale di Cremona Rosario Canino un attestato di riconoscimento (nella foto in basso Sebastiano Tarantino, Emanuela Canino, Clementina Amelio) per l’operato svolto dallo stesso nella struttura sanitaria cremonese in un periodo di emergenza dovuta al covid 19. 

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La pergamena è stata consegnata alla sorella Emanuela dal sindaco di Taverna Sebastiano Tarantino e dalla delegata alla Cultura Clementina Amelio.

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Le motivazioni riportate nell’attestato: "Per l’impareggiabile servizio reso durante l’emergenza coronavirus, con grande competenza, dedizione, spirito di abnegazione e straordinarie doti umane e professionali, rendendo tutti i cittadini tavernesi orgogliosi di aver portato in alto il nome della nostra amata città di Taverna.  Rosario Canino tavernese di nascita, primogenito di Antonio Canino e Caterina Parrotta, ai quali seguono Maria, Piero ed Emanuela, quest’ultima l’unica rimasta a Taverna e che ha ricevuto il riconoscimento dal sindaco Tarantino Rosario Canino si è trovato a gestire a Cremona, una delle zone rosse più colpite dal covid 19, una situazione che ha messo in ginocchio una città intera"

Con Canino abbiamo avuto modo di comunicare attraverso un collegamento, gli abbiamo rivolto delle domande, poche ed essenziali, ha risposto con professionalità e anche commozione, perché non sempre basta la sola competenza, serve anche un gran cuore e grande passione per far bene il proprio lavoro. 


L'intervista 

Cosa ha significato per lei questa pandemia? 
"È stata un’esperienza terribile, non so quanto possa essere resa a parole, bisogna viverla. Nessuno era preparato ad una pandemia di questo genere.L’Ospedale di Cremona è stato travolto da uno tsunami. Sono stato io per prima a parlare di tsunami, in quanto tale espressione racchiudeva due concetti fondamentali, che tutti noi abbiamo scoperto con lo tsunami avvenuto ad inizio anni 2000, la forza travolgente e la non conoscenza del fenomeno. Noi nel primo week-end, 22-23 febbraio abbiamo avuto ricoverare 48 polmoniti gravi da Covid, provenienti dalla zona rossa di Codogno, che dista a pochi km da Cremona. Abbiamo istituito una Unità di Crisi, di cui io ero il responsabile, ho dovuto prendere decisioni importanti alcune volte senza avere il tempo di rifletterci sopra e di confrontarmi con i miei collaboratori più stretti.
Le prime settimane è stato veramente difficile, eravamo da soli".

Ha mai avuto paura?
"Sì. Ho avuto paura e non mi vergogno di ammetterlo! Ma non l’ho mai dimostrato! Non era permesso e non era corretto rispetto a medici e infermieri in prima linea. Ho avuto paura, perché non sono stato chiuso nel mio ufficio ad impartire ordini. Andavo nei reparti, dove c’erano i medici e gli infermieri che erano sfiniti dai turni massacranti, per rendermi conto della situazione e per rincuorare gli operatori. Avvolti nei dispositivi di protezione individuale eravamo sconosciuti, ma gli occhi parlavano, e come parlavano “Direttore tranquillo! Ci siamo noi e non molliamo! Andrà tutto bene!” L’Ospedale di Cremona e l’Ospedale Oglio-Po, entrambi afferenti all’ASST di Cremona, sono stati forse gli unici ospedali completamente COVID. Abbiamo sconvolto la tradizionale configurazione dell’ospedale, man mano che arrivavano malati svuotavamo i reparti dai pazienti “normali” e li trasformavano in reparti COVID. Alla fine tutti i vari specialisti - ortopedici, neurochirurghi, otorino, chirurgi - hanno curato pazienti COVID, sotto la supervisione dei pneumologie ed infettivologi. In numero normale di posti letto di terapia intensiva nei due presidi è di 12 (8 a Cremona e 4 ad Oglio-Po).Abbiamo tenuto intubati fino a 64 pazienti, trasformando le sale operatorie in terapia intensive".

C’è stato un momento particolare che vuole ricordare?
"Momenti da ricordare ce ne sono molti! Alcuni molto tristi! Altri molto stimolanti dal punto di vista professionale. A metà marzo a Cremona è arrivato un ospedale da campo della Samaritans Purse, di 60 posti letto. Di cui 8 di terapia intensiva. In due giorni il campo è stato reso funzionale nel parcheggio dell’ospedale. Abbiamo fatto diverse riunioni per condividere, protocolli e modalità operative. Ma la burocrazia rallentava la partenza. Un pomeriggio, verso le 17:30, mi telefona il Responsabile della Terapia Intensiva, e mi dice “ho tre persone da intubare, una donna di 56 anni, e due signori di 61 e 67 anni. Non abbiamo posti letto. Ho telefonato al centro di coordinamento regionale e mi hanno detto che al momento non c’è nessun posto nelle Terapie Intensive della Lombardia”. In questo caso mi sono assunto le mie responsabilità e contro il parere di tutti, compreso il mio Direttore Generale e il mio Direttore Amministrativo, ho dato l’ordine di aprire gli 8 posti letto  di Terapia Intensiva dell’Ospedale da Campo e trasferire  tre pazienti di quelli già intubati per recuperare i letti per i tre pazienti in attesa. Entro le 23 abbiamo trasferito tre pazienti e siamo riusciti ad intubare i tre pazienti in attesa".

Qualche altro episodio?
"Sicuramente ci sono state molte situazioni spontanee che non dimenticheremo mai, una mattina gli americani hanno accolto con gli applausi e con dei cartelli i medici e gli infermieri che entravano in ospedale, le manifestazione di solidarietà sono state tante. Un bel momento è stato il Venerdì santo, quando il vescovo Napolioni, che era stato ricoverato per Coronavirus a Cremona, ha salutato e pregato per tutti sulla pista dell’eliporto. Da ricordare la Violinista, Lena Yokoyama, che dal tetto dell’ospedale con un violino stradivari ha suonato la melodia di Mission, per il personale e per i malati. Indimenticabile. Commovente. Surreale. Da brivido. Oggi è l’ultima scena della nuova pubblicità del Mulino Bianco.
Grazie ad una donazione di tablet, abbiamo fatto fare delle video chiamate ai pazienti. Infine Mattia. Il più giovane paziente di COVID in Terapia Intensiva. 18 anni. Che scrive alla mamma un whatsapp “Ti amo. Non ti preoccupare lotterò per te!” Poi abbiamo scoperto, alla dimissione, il significato di quelle parole, una storia struggente".

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