Elio Canino, il ragazzo del "per sempre"

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Elio Canino
  21 novembre 2019 18:12

 di FRANCO CIMINO

È morto Elio Canino. Un vero peccato, ché era molto giovane. Aveva settant’anni è vero. Ma, a parte che a questa età si è ancora giovani, lui, Elio, lo era davvero e in questa condizione sarebbe sempre rimasto se una brutta malattia non lo avesse colto di sorpresa.

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E ingiustamente più che per chiunque altro. La sua morte giunge improvvisa, e per questo di più costerna l’intera cittadinanza. Ma se era già malato e con i tempi forse dalla malattia già sanciti, com’è possibile tale sorpresa? Lo è. La sua morte ci sorprende invece e molto, perché Elio era un lottatore. Un combattente nato. Un vero soldato delle lotte giuste. Quelle non violente per la promozione del bene degli altri. La sua vita era un bene per tutti, non soltanto per i suoi cari, la sua amata moglie, i suoi adorati figli e i quattro nipotini per cui letteralmente impazziva. Ma per tutti davvero. Difenderla per lui , la sua vita, era un dovere enorme. Una precipua responsabilità. Ha combattuto contro la malattia, ne sono certo, fino in fondo, cedendo infine alla sola forza insuperabile, ma senza lasciare il campo, senza ritirata. Avrà accettato quel finale passaggio, razionalmente ed emotivamente, non come una resa o come una sconfitta, piuttosto come un soldato consapevole di aver dato tutto quel che poteva dare, tutto il suo battito di cuore. Era un ottimista, Elio, credeva sempre che ogni cosa sarebbe finita nel bene. Quel bene che lui ha sempre perseguito.

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Era ottimista anche quando tutti vedevano nero, quando gli avvenimenti congiuravano contro il bene. Quando gli altri cedevano, si ritiravano tra disperazione e rassegnazione, lui aveva sempre il sorriso aperto alla speranza. Nella bocca conservava sempre una battuta ironica con la quale sdrammatizzava anche le tensioni più gravi, che, per il suo fare continuo, quotidianamente incontrava. Elio aveva un cuore immenso, proprio da fanciullo. Era un giocherellone, sempre stracarico di passione. Di passioni al plurale, anzi. In queste ore di autentica commozione, in rete ne circola una alla quale fino a quando gli hanno retto le forze si è dedicato pienamente. È quella di collezionare auto d’epoca. Si dice anche della sua grande competenza in merito e delle sue numerose divertenti partecipazioni alla varie mostre e competizioni. Ne avrebbe da raccontare in un libro o in un incontro pubblico di queste sue attività! Eh sì, che ne avrebbe!

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Personalmente, spero che qualcuno in un prossimo futuro ne parlerà per lui. E con la voglia matta anche di parlare di lui, di per se stesso una storia bella, un lungo racconto. Io, qui, e nella brevità di un articolo, vi posso parlare della sua altra passione, che in tanti abbiamo avuto modo di toccare con mano, quella per la Politica. In essa era condensato il suo animo sempre acceso per le più grandi battaglie a favore della gente e del bene comune. Il suo focoso cercare, fin da ragazzino proprio, la giustizia e l’eguaglianza, la libertà e il riscatto per tutte le più misere condizioni umane.

Bellissima questa sua passione, perché arricchita d’amore autentico verso quel partito che, da eredità familiare quasi, scelse in quanto rappresentava lo strumento con cui sostenere coerentemente quegli ideali. Ideali grandi. In nome della Politica e in rappresentanza orgogliosa di quel partito, divenne giovanissimo consigliere comunale. Per cinque legislature consecutive lo divenne e con una larga messe di voti. E chi glieli dava quei voti veri, conquistati uno per uno, porta a porta, piazza per piazza e vicolo per vicolo? Glieli dava la sua Pontegrande, il quartiere di Catanzaro nel quale era vissuto con forte intensità, lungamente preceduto dalla sua grande famiglia in cui spiccava la forte personalità del padre, il ben noto Sasà, anch’egli consigliere comunale, con la identica fedeltà alla Democrazia Cristiana. Le sue battaglie per il rilancio e il miglioramento del quartiere sono memorabili. Io me le ricordo bene. Le conduceva con intelligenza, rinunciando a quell’atteggiamento proprio di quanti mediocremente questuavano intorno al potere per arraffare piccoli interventi di tipo clientelare.

Pontegrande per Elio era una delle scommesse che le amministrazioni comunali avrebbero dovuto fare per costruire una grande Catanzaro, bella e ordinata nella valorizzazione di tutte le risorse del territorio, in cui la parte alta spiccava per la sua capacità di mantenere la Città ben stretta tra i monti e il mare. Quanta verità non colta, questa, che oggi, difronte alle tristi condizioni del capoluogo , ci rimbalza in faccia come una colpa. E una condanna. Dire che Elio, nonostante la sua giovinezza e vivacità caratteriale, sia sempre stato, dentro il Partito e le istituzioni, un ragazzo educato, cortese, affabile, composto, equivale a rasentare il superfluo, essendo queste sue caratteristiche da tutti riconosciute. Voglio, testimoniare però di altre pur altrettante note: la generosità e la lealtà, per esempio. Nelle competizioni interne per la distribuzione delle cariche, specialmente assessorili, era il primo a lasciare il passo, a mettersi da parte per far posto ad altri, diciamo... più “incazzutamente” pretenziosi. Quelli, sempre presenti dinanzi al potere, che “ o io o salta il mondo per aria” . L’Unità del partito per Elio era un valore irrinunciabile. Infine, pur non finendo ancora, la lealtà. Lealtà e fedeltà in lui combaciavano, erano la stessa forza di un attaccamento, di un servizio fatto con sentimento. Non lasciò mai i suoi amici, non cambiò mai corrente politica interna, non lasciò mai la Democrazia Cristiana, non ne tradì la professione di fede o gli ideali quando questa forza scomparve dalla scena nazionale. Elio fu l’uomo del “ per sempre”. Il per sempre dell’amore e della passione. Per la moglie amata e la famiglia, innanzitutto. Per sempre Democristiano . Per sempre Pontegrande e Catanzaro tutta. Per sempre le aquile e i giallorossi, gli amici. Per sempre giovane. Per sempre lui, Elio.

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