Ennio Curcio commenta il film di Gianni Amelio: "Ferito e vendicativo"

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Ennio Curcio
  18 settembre 2022 12:10

di ENNIO CURCIO

"Il signore delle formiche" di Gianni Amelio, in programmazione in questi giorni nei cinema italiani, è un film dalla "potente" sceneggiatura, ispirato alla storia vera dell'intelletuale Braibanti, processato a Roma, alla fine degli anni 60 del secolo scorso, perché omosessuale, con l'espediente giuridico di avere plagiato dei giovani tanto da indurli all'omosessualitá. Il film descrive la barbarie di un processo penale in una società bigotta. 

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Un personaggio del film, tra i tanti attori molto bravi,  mi ha lasciato "amareggiato" perché avulso dalla prosa narrativa. Si tratta di un anonimo e giovane avvocato che il regista inserisce nel contesto, a dire il vero senza aggiungere nulla di rilevante alla sceneggiatura, se non per rimarcare che è di Catanzaro, accentuando caricaturalmente anche la dizione e le cui idee non si scostano per nulla dal sentire generale di quell'epoca.

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Ecco il punto, attribuire il peggio di un terribile e inaccettabile "sentire" collettivo, dalla società civile alla politica, alla magistratura ed anche all'avvocatura italiana, al giovane avvocato di Catanzaro che non ha alcun peso e ruolo nella tragedia umana del "povero" Braibanti, unico vero "gigante" di umanità, triturato dalla "macchina" giuridica e dal pubblico ludibrio.

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Un riferimento a Catanzaro che forse è autobiografico per il regista di origini catanzaresi, in particolare di Magisano, che ci narra evidentemente il "clima" che si viveva in quegli anni anche a Catanzaro.

Dispiace, autenticamente, se è  stato così per lui, come per tutti gli altri che hanno vissuto sulla loro pelle questa barbarie razzista ed omofoba, ma perché dargli un nome di città, Catanzaro appunto, quando invece finanche la città di origine del Braibanti, certamente omofoba, viene celata nel film ?

Come lo stesso Amelio riconosce nella sua "pellicola" era l'Italia intera, la stessa area culturale di sinistra, con esclusione di quella radicale, a considerare l'omosessualità una "malattia" da curare addirittura in manicomio.

Il regista Gianni Amelio si è macchiato, purtroppo, del medesimo pregiudizio dei persecutori del Braibanti, eleggendo Catanzaro a paradigma, anche becero, di un comune sentire meschino e violento.

Eppure l'ottimo regista ha studiato nel liceo classico di Catanzaro e pertanto avrebbe dovuto,quantomeno, imparare che un luogo, una collettività, non è fatta di soli grezzi e razzisti.

Peccato, che a distanza di così tanti anni porti con sé questo ricordo doloroso, questo "rancore" senza essere riuscito ad elaborarlo, ricercando invece ciò che di bello è importante questa città gli ha dispensato.
La sua cultura si è formata anche grazie alla nostra città.
Ma pare lo abbia dimenticato.

È un peccato per lui, ma anche per noi.

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