“Eravamo in via Solferino”, Giuseppe Gallizzi racconta la sua storia di giornalista nel libro scritto con Vincenzo Sardelli

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Giuseppe Gallizzi
  01 aprile 2021 10:04

 
 
Ha suscitato grande interesse il servizio pubblicato dal settimanale Visto, in edicola da alcuni giorni, che ripercorre la brillante carriera di Giuseppe Gallizzi, decano dei giornalisti lombardi, all’interno del Corriere della Sera, il più grande quotidiano d’Italia, prima come corrispondente e poi come caporedattore centrale. Quarant’anni di vita al Corrierone raccontati da Gallizzi nel suo libro “Eravamo in via Solferino”, scritto con Vincenzo Sardelli, giornalista pubblicista e docente di italiano e di latino alle scuole superiori. Ecco l’articolo pubblicato da Visto:
 
“Saggio, cordiale e pacato. Così appare Giuseppe Gallizzi, giornalista e scrittore, già caporedattore centrale del Corriere della Sera. Un alfiere di giornalismo che in quasi 60 anni di carriera ha saputo dirigere e valorizzare grandi penne e cronisti alle prime armi. Ma anche un talento nel mestiere di scrivere, lontano dai toni esagerati e dall’arte della drammatizzazione.  Giuseppe Gallizzi, che ha passato anni tra i piombi delle tipografie, insieme a Vincenzo Sardelli, giornalista pubblicista e docente di italiano e di latino alle scuole superiori, ha scritto libro “Eravamo in via Solferino”, edito da Mugavero-Minerva, che ha un chiaro riferimento alla via di Milano in cui si trova la storica sede del Corriere. In precedenza Gallizzi e Sardelli avevano pubblicato “La scuola dei grandi maestri”, edito da Cdg. La prefazione di “Eravamo in via Solferino” porta la firma di Vittorio Feltri. “Sono state scritte – ricorda l’attuale direttore editoriale di Libero - molte storie del (e sul) “Corriere della Sera”,  che era e rimane il più grande ed importante quotidiano italiano. Ma il racconto di Gallizzi è un’altra cosa. Non mira solo a costruire le vicende del colosso di carta o ad analizzare la funzione che esso ha avuto nell’informazione nazionale. Con Vincenzo Sardelli l’autore narra la sua esperienza, assai particolare, di ragazzo calabrese che, lasciata la sua terra, approdò a Milano con un bagaglio di speranze, soprattutto quella di trovare un lavoro”.
 
“Gallizzi - scrive ancora Feltri-  un passo per volta, è arrivato a diventare caporedattore: con le sue gambe robuste di calabrese, non con quelle della politica che, in cambio di servigi, è pronta a dare spinte e spintoni”. “Il libro - ci dice Gallizzi - tra un aneddoto e l’altro racconta un giornale, una redazione, i personaggi che l’hanno frequentata. Quel giornalismo milanese che aveva la sua nave ammiraglia nel Corriere della Sera, che ha attraversato la storia dell’Italia post unitaria e che dal 1876 a oggi ha costituito l’autobiografia di una nazione. E attraverso i grandi nomi del giornalismo italiano. Indro Montanelli, Gaetano Afeltra, Franco Di Bella, Piero Ottone, Enzo Biagi, Ugo Stille, Piero Ostellino, Paolo Mieli e Ferruccio De Bortoli. Grandi scrittori come Dino Buzzati, Giovanni Mosca, Eugenio Montale”. Gallizzi, nato a Nicotera Marina, una ridente cittadina in provincia di Vibo Valentia, da quasi 60 anni vive in Lombardia. Per 11 anni è stato presidente del Circolo della Stampa di Milano e per anni presidente europeo del “Press Club de France”.
 
“Il giornalismo di oggi - sostiene Gallizzi- è molto cambiato-. Sicuramente l’avvento di internet ha creato problemi alla diffusione della copie dei giornali quotidiani e delle riviste. Anche perché non c’è più il giornalismo da marciapiede,  come scrivo nel mio libro. Così le televisioni ogni mattina riprendono le notizie pubblicate dai quotidiani e i giornali la sera non chiudono le edizioni prima di visionare i titoli di apertura dei telegiornali. Solo la Rai fa eccezione perché può contare su tanti giornalisti,  presenti in tutte le Regioni, per realizzare le edizioni locali”.
 
“Eppure- conclude Gallizzi– malgrado tutto sono fiducioso sul futuro dei giornali e della carta stampata. I quotidiani cartacei di qualità- come sostiene da tempo il direttore del New York Times Dean Baquet- non moriranno mai. Anzi, possono avere margine di incremento”. Ma perché ciò avvenga occorre puntare sulla qualità del prodotto e sulla formazione. In America ciò sta avvenendo. Speriamo che presto succeda anche in Italia”.

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