Farmacista all'interno delle strutture pubbliche e private calabresi: bocciata la legge regionale

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  19 gennaio 2022 12:17

di GABRIELE RUBINO

La Corte costituzionale ha bocciato la legge regionale che prevedeva la presenza obbligatoria dei farmacisti in determinate strutture pubbliche e private. Le norme erano state introdotte a novembre del 2020. La legge prevedeva "la presenza obbligatoria della figura professionale del farmacista negli istituti di ricovero, di riabilitazione, nelle residenze sanitarie assistite (RSA), negli hospice, nelle residenze socio sanitarie assistite (RSSA), presso i servizi per le tossicodipendenze (SERT), negli ospizi, nelle case protette e comunità terapeutiche, case di cura private e in tutte le altre strutture pubbliche e private della Regione ove sono utilizzati farmaci". Un farmacista abilitato e iscritto all'ordine per le strutture con 60 posti letto, due per le strutture superiori. 

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La Consulta fa emergere anzitutto il contrasto fra l'intervento del legislatore regionale e le competenze del commissario ad acta della sanità calabrese. "I compiti e gli obiettivi funzionali per l’attuazione del piano di rientro sono stati assegnati al Commissario ad acta con delibera del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 luglio 2019 per l’attuazione dei programmi operativi 2019-2021, che prevedeva al punto 8, fra gli interventi demandati al Commissario, la: «razionalizzazione e contenimento della spesa per il personale in coerenza con l’effettivo fabbisogno in applicazione della normativa vigente in materia»; compiti poi confermati nel punto 8 della delibera del Consiglio dei ministri 27 novembre 2020, con cui è stato nominato il nuovo Commissario ad acta". "Alla luce di tale quadro regolatorio - si legge nella sentenza- risulta evidente il contrasto delle disposizioni regionali in esame con le competenze della gestione commissariale in materia di contenimento della spesa per il personale come definita dalla ricordata delibera del Consiglio dei ministri e, al contempo, è altresì evidente il contrasto con le disposizioni dettate dall’art. 11, commi 1 e 4, del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, in tema di tetto di spesa per il personale nel settore sanitario. La previsione dell’obbligatoria presenza di personale farmacista, opportunamente inquadrato nell’organigramma secondo le dimensioni della struttura, si configura difatti come un preciso obbligo riferito alle amministrazioni pubbliche interessate per l’assunzione di farmacisti, al di fuori della programmazione del fabbisogno di personale nel servizio sanitario".

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Inoltre, secondo la Corte costituzionale ci sarebbe stata un'eccessiva apertura alle attività riconosciute ai farmacisti che invece dovevano rimanere nel recinto della legislazione nazionale. "Le predette innovazioni si inseriscono nel processo di ampliamento delle attività attribuite al farmacista e, nello specifico, al “farmacista ospedaliero” – in relazione al quale è prevista la specifica specializzazione in “farmacia ospedaliera” – o comunque operante nelle strutture socio-sanitarie e nell’assistenza farmaceutica territoriale. Anche la ricordata evoluzione della disciplina comunitaria in materia, pur ampliando le attività professionali del farmacista, non può ritenersi ricomprendere le previsioni della legge impugnata".

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