Fategli fare il Governo, accontentateli tutti, ma lasciate in pace Moro e Berlinguer

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images Fategli fare il Governo, accontentateli tutti, ma lasciate in pace Moro e Berlinguer
Franco Cimino
  28 agosto 2019 23:22

Il tempo per scrivere questo articolo, che non ha la misura standard dei miei, è stato assai più lungo di quello utilizzato dalla Direzione del PD per dare il via libera all’accordo di governo con i Cinque Stelle. Il tempo che impiegherà quest’ultimo per sottoporre, attraverso la piattaforma Rousseau e il voto on line, l’adesione del Movimento al nuovo corso del “ governo a tutti i costi”, sarà ancora più breve. Quello per elaborare un programma per la nuova alleanza sarà stato, alla fine dei giochi, l’equivalente del famoso vaffa di grilliana memoria, cioè esattamente tre secondi( provare per credere). Il tempo, invece, per dirimere le controversie sui ministeri, soddisfare gli appetiti di persone e partiti, superare i contrapposti veti strumentali, tentare di accaparrarsi le migliori posizione e un numero maggiore di dicasteri, ovvero quello di bilanciare numero e qualità degli stessi con l’insuperato manuale Cencelli, questo tempo è stato lunghissimo. Tutto intero quasi quello concesso dal Presidente della Repubblica ai partiti per cercare un’intesa e una soluzione alla crisi politica. Stasera, alle venti o poco più, ogni tempo per la crisi scadrà e noi avremo avuto ragione nel preannunciare, tra le prudenze e le diffidenze degli osservatori, un minuto dopo la caduta del primo governo Conte, la certezza dell’incontro per la “ vita” tra i vertici del PD e quelli di 5S. Incontro per la vita, perché il futuro di ciascuno di loro, e cioè se avrà vita o fine, dipenderà paradossalmente da questo inimmaginabile abbraccio. Voluto dai rispettivi vertici, perché le basi dei due partiti, segnatamente quelle elettorali, si sono formate sulla violenta contrapposizione tra le due formazioni politiche.

È difficile immaginare che, poste le inventate ragioni nel modo in cui siano state poste, esse possano rappresentare la lezione più affascinante che fece Socrate alla sua Atene per farla, nella sua gran parte, ricredere della fallace credenza e della peggiore delle accuse rivolte al filosofo. Cito così per celia e amarezza, l’innocuo Socrate per avvertire quanti in queste ore lo stanno, per propria convenienza(la stessa che per gran parte sta difendendo la sopravvivenza di questo Parlamento già nato settimino), facendo, di non richiamare a difesa di questo poco storico incontro Aldo Moro ed Enrico Berlinguer. E, soprattutto, di non parlare con le loro frasi scheletrite e secche, rubate a un contesto assai complesso e a un ragionamento molto articolato. L’intesa fra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, le due forze democratiche più importanti d’Europa e le più rappresentative nei due mondi culturali in cui era divisa la storia dell’umanità, quello occidentale e quello orientale, non nasceva tra due partiti in odio tra loro. Non fu ricercata sul terreno di inconciliabili posizioni o di insanabili contrapposizioni, per quanto la posizione ideale della prima si rappresentava come contrapposta alla ideologia del secondo, principi e valori cristiani antitetici ai dogma marxiani. Non fu immaginata per la condivisione di una lunga azione organica di governo, attraverso un’alleanza politica stabile da estendere su tutto il lungo stivale, dalle Alpi al Mediterraneo, dalle circoscrizioni alle regioni. Fu pensata, profondamente pensata, lungo un sentiero non breve non leggero, in cui le due forze popolari, mai populiste, pensose dello Stato non del partito, della gente non dei tesserati, del domani per tutti non per l’oggi del proprio gruppo dirigente, per utilizzare il più grave assalto subito dall’Italia ad opera di un dollaro( allora la principale moneta di scambio)e di una inflazione a due cifre alte, e di un terrorismo, nero e rosso, sanguinario e “golpista”, ai fini del completamento della più grande alleanza democratica e” rivoluzionaria” mai realizzatasi in alcuna parte del mondo. Quella tra cattolici, comunisti, socialisti, liberali e radicali di diversa provenienza culturale, nata dalla Resistenza per la Costituzione e la costruzione di uno Stato democratico e moderno.

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A questo disegno scritto da un sogno, mancava un solo passeggio, che Moro prima di tutti intuì e più di tutti, con Berlinguer, si impegnò a realizzare: l’abbattimento del fattore k( così volgarmente da altri fu classificato il veto ai comunisti al governo), e con la piena legittimazione del PCI a partito di governo, la realizzazione della Democrazia compiuta, secondo la definizione dello statista democristiano, che anche per questa battaglia fu lasciato morire tra le mani lorde di sangue e di follia delle Brigate Rosse. Aggiungo, per gli incolti eruditi, specialmente quelli che siedono in questo Parlamento, che i passaggi di quello storico incontro, che muoveva da molto lontano, furono gli organi statutari, Congressi, Consigli e Direzioni nazionali, regionali e provinciali, dei partiti, dove si discuteva per intere giornate senza alcuna soluzione notturna. All’interno di quelle assemblee ci si divideva in maggioranza ed opposizioni e nella sintesi unitaria ci si incontrava per rendere quella intesa politica, strumento fondamentale nell’esclusivo interesse del Paese. Di quella storia e di quella cultura politica, oggi resta solo Sergio Mattarella, il Presidente. Ed è grazie a lui se questi ultimi drammatici eventi politici stanno evitando di essere pienamente avvolti dal “dramma più farsesco” che in una democrazia europea si possa pur lontanamente immaginare. Stiamo calmi tutti e gravemente pensosi, lasciamo l’ottimismo solo ai caratteri delle persone, ché oggi né il cuore né la ragione possano iniziare le danze allegre. Uno dei problemi più pesanti che oggi ha il paese, non è il dominio da parte di partiti che della natura del partito non hanno nulla, non è neppure che a guidarli non siano Moro, Berlinguer, Craxi, La Malfa...Il problema è che tutti i capi dell’attuale politica, sol perché si siano trovati al punto più alto della ruota panoramica, si sentano pienamente Moro, Berlinguer...

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Franco Cimino

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