di STEFANIA PAPALEO
Camminava sempre a piedi, Sergio Giana. Era frequente vederlo lungo la Nazionale mentre rientrava in paese, nella sua Badolato, dove oggi non si parla d'altro che di quel trentaseienne solitario finito in carcere con un'accusa gravissima, quella di aver massacrato a coltellate la donna che amava di un amore malato. Si, proprio così, un amore malato che due giorni fa gli ha armato la mano di un coltello affondato decine e decine di volte nel corpo indifeso di Loredana Scalone, la cinquantunenne trovata dai carabinieri tra gli scogli di Pietragrande dove l'uomo l'avrebbe gettata dopo averla uccisa su una terrazza di uno dei posti più suggestivi della Calabria.
Un femminicidio scoperto paradossalmente nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne e che ha sconvolto ben tre comunità, quelle di Girifalco e Stalettì, rispettivamente paese d'origine e di residenza della vittima, e Badolato, dove l'assassino reo confesso è nato e abita con la moglie e il figlio. Ed è qui, a Badolato, che tutti descrivono Sergio Giana come un tipo strano, solitario, in cura per depressione, sempre trasandato, ma mai violento. Nel paese si sussurrava da tempo della sua relazione con Loredana, ma nessuno sapeva che fosse ormai finita, men che meno che l'uomo si fosse trasformato in un incubo per la donna, la quale aveva anche confidato a qualcuno di avere paura dell'uomo che non voleva accettare la sua decisione di lasciarlo, tanto da iniziare a starle con il fiato sul collo seguendola anche quando andava a lavoro. Proprio come quel maledetto lunedì, a Caminia, dove, con la mente annebbiata da chissà quali spettri, avrebbe messo in atto il suo progetto di morte.
Anche il sindaco di Badolato, Gerardo Mannello, parla di Sergio Giana come di un tipo strano, senza amici, particolarmente asociale e depresso. Il primo cittadino spiega anche di avergli concesso da tempo una casa popolare con assistenza alloggiativa, in considerazione delle difficoltà economiche in cui versava la famiglia, e il suo pensiero adesso va alla moglie dell'uomo, "una brava ragazza - dice - appartenente a una famiglia perbene, figlia di due insegnanti, tutti adesso distrutti dal dolore".
E nel dolore si stringe tutta la comunità per un fatto di sangue senza precedenti in paese e destinato a lasciare dietro di sè una scia di dubbi e interrogativi anche sul contesto di labilità mentale in cui è tragicamente maturato e che potrebbe essere stato sottovalutato da chi di dovere. L'uomo, infatti, pare che avesse abbandonato la terapia che stava seguendo presso il Cis proprio per i suoi tormenti psichici. e
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