di TERESA ALOI
Calmo. Apparentemente tranquillo. In 4 ore di interrogatorio Sergio Giana, 36 anni, di Badolato, reo confesso, in un primo momento, dell'omicidio di Loredana Scalone, ha ricostruito attimo dopo attimo quel tragico pomeriggio con la cinquantunenne originaria di Girifalco e residente a Stalettì, trovata dai carabinieri tra gli scogli di Pietragrande di Stalettì, nel catanzarese, uccisa lunedì da decine di coltellate.
Assistito dall'avvocato Pasquale Romeo, ai carabinieri e al sostituto procuratore Anna Chiara Reale l'uomo ha raccontato del suo rapporto con Loredana. Di quella storia sentimentale, di quel mese di convivenza non andato a buon fine tanto che lui era tornato a vivere con la moglie. E lei, secondo il suo racconto, non lo aveva accettato. Tanto che sarebbe stata lei a mandargli un messaggio con cui gli chiedeva di incontrarlo per parlare. Per chiarire alcuni aspetti della loro storia d'amore di persona. Non al telefono. Un messaggio che, tuttavia, non potrà trovare riscontri considerato che l'uomo, quel lunedì di sangue, ha gettato in mare il suo telefonino.
Un racconto lineare, quello di Sergio Giana, che ha parlato anche della sua intenzione - manifestata di recente alla moglie -. di tornare a curarsi per i suoi problemi psicologici, riprendendo gli incontri al Centro di salute mentale di Montepaone interrotti lo scorso mese di aprile. Poi ha ripreso il racconto del suo incontro con la vittima.
Lui e Loredana si erano dati appuntamento a Caminia, dove la donna prestava servizio in una casa privata come collaboratrice domestica. Giana era partito da Badolato con un autobus e l'aveva raggiunta. Poi, insieme, verso la terrazza della scogliera di Pietragrande. Avrebbero discusso, consumato un rapporto sessuale e poi Loredana, secondo il suo racconto, avrebbe estratto dalla borsa un coltello dalla lunga lama. Avrebbe cercato di ucciderlo. Ma lui, per difendersi avrebbe girato il braccio della donna verso il collo di lei e le avrebbe inferto il primo colpo. Poi si era accorto di quel sangue che fuorusciva e avrebbe tentato di arginarlo con la mano. Ma lei continuava a tentare di strappargli il coltello. Ed è a quel punto che Giana, in un momento di ira, così come lui stesso ha raccontato ai carabinieri, avrebbe continuato a colpirla. Fino alla morte. Poi resosi conto che era finita, l'avrebbe gettata tra gli scogli. Ma non ha saputo spiegare il perché.
Giana ha riferito di aver gettato i vestiti a mare, secondo una versione subito contestata dai carabinieri, che hanno rinvenuto i vestiti e gli effetti personali della donna accanto al cadavere.
Alle 10 è fissata l'udienza di convalida del fermo davanti al gip del Tribunale di Catanzaro e sarà in aula che l'avvocato Romeo depositerà alcuni documenti finalizzati ad acclarare i disturbi di cui è affetto l'uomo, che avrà ancora una volta la possibilità di difendersi dalla terribile accusa di femminicidio con la quale è finito dietro le sbarre.
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