di TERESA ALOI
Non sono certo una novità. Le fake news sono diventate, oggi più che mai, uno degli spauracchi che agita il giornalismo. Perché la moltiplicazione delle informazioni in circolazione potrebbe, e si sottolinea potrebbe, rendere più difficile il lavoro di selezione e verifica, due principi cardine del lavoro dei giornalisti. Ma soprattutto perché “infastidisce” il lettore, ultimo anello della catena dell’informazione.
E’ la bellezza del web, dell’avvento dei social. Una “bellezza” a due facce che da un lato, impone la tempestività nel dare una notizia e, dall’altro, si scontra con la poca attendibilità. Potremmo usare il condizionale e dire si scontrerebbe, per non fare di tutta l’erba un fascio.
E allora parole come social, tempestività, fake news, verifica e deontologia, assumono un significato importante. Da analizzare con coscienza e professionalità. Lo hanno fatto ieri i giornalisti, moderati dal presidente dell’Ordine, Giuseppe Soluri, raccogliendo l’invito del direttore del Festival d’Autunno, Antonietta Santacroce, nella sala conferenze della Provincia di Catanzaro.
Per Soluri “la parola - ha detto – viene spesso sotto valutata. Nel giornalismo la parola è la materia prima, senza la parola è impossibile fare giornalismo. Ma spesso il giornalismo si scontra con un uso pessimo della parola o con un uso improprio. E questo con l’avvento dei social network”. Poi, ha analizzato le parole chiave: Social: una grande risorsa da maneggiare con cura quando si tratta di fare informazione; Tempestività: una parola che si collega al giornalismo con l’avvento del web. “La notizia -ha detto – viene data in tempo reale, ma questo spesso determinata la mancanza dell’analisi approfondita”; Fake news: per Soluri “anche questa parola riguarda il mondo del web. Ci sono organizzazione precise che lavorano per inserire nel web fake news a favore della politica ma anche dell’economia”; Verifica: “la verifica di una notizia è il primo dovere di un giornalismo; Deontologia: “l’obbligo dei giornalisti di collegarsi ad una serie di regole.ancora più stringenti rispetto ad altri professionisti”.
E’ Davide Lamanna, tra i fondatori del sito Catanzaro Informa a portare la sua esperienza su web. “La notizia vive di like, di “mi piace” e allora l’informazione più che dalla testa del giornalista viene dettata dai pollici su”. Anela ad un uso più proprio dei social - “bisogna saperli utilizzare” - per poi ammettere la mancanza di confronto sul web.
Per Danilo Monteleone, oggi in forza al Corriere della Calabria, “i social di per sé non avrebbero una natura cattiva, dipende dall’uso che se ne fa”. Poi, ribadisce la necessità di andare in fondo ad una notizia, di verificarla, di approfondirla.
L’importanza di un titolo, più che del contenuto. Si è mosso da questa considerazione l’intervento di Edvige Vitaliano, giornalista del “Quotidiano del Sud”, che ha poi parlato delle redazioni “unici luoghi dove si costruisce la coscienza di questo lavoro”. E sulle fake news: “Non sono arrivate con l’avvento di internet, ma che le si chiami bugie o bufale sono sempre esistite”. Scomoda De Filippo per dire che “le bugie hanno le gambe lunghe” smentendo il proverbiale detto. “In realtà le bugie corrono velocissime”. E parlando di web e carta stampata “i giornali di carta hanno più tempo per approfondire una notizia”.
Per Antonio Ricchio firma della “Gazzetta del Sud” la carta stampata “resta sul mercato, ma cambiando veste rispetto ad un web che cresce sempre più”. E riguardo alla tempestività spiega “ Ci si sofferma sul titolo e si condivide magari anche senza leggere il contenuto e questo cammina di pari passo con le fake news”. Per lui una situazione dalla quale si può uscire ma solo “affidando la comunicazione a professionisti del settore”.
Esalta la parola deontologia e definisce “una parolaccia” la parola social. Enzo Cosentino, direttore responsabile de “La Nuova Calabria”. Parla della base, del fondamento del giornalismo, “del vivere del giornalista”. Perché di questa professione “ci si deve innamorare”. Come lo è lui. Da anni. “La deontologia – spiega – la devi sentire dentro di te, cercare di praticarla e farla praticare”. “La bellezza del lavoro del giornalista è vivere a contatto con la realtà, raccontarla, approfondirla”.
Approfondirla, già. Che sia carta stampata o web. Perché la deontologia, la credibilità, l’affidabilità di un giornalista è sempre quella. E non varia che sia web o giornale cartaceo.
Una provocazione, quella di Alessandro Manfredi, direttore responsabile di Calabria 7. “Vorrei una legge che impedisse di fare informazione sul web, perché oggi è il web a dettare le regole. Viviamo di numeri perché i numeri portano la pubblicità e la pubblicità porta i soldi”. “Io credo - ha aggiunto - che anche il lettore oggi sia di meno qualità. Ha ritmi diversi, vuole il video di tre minuti, alrimenti non lo guarda. Oggi manca la ricerca della verità. Il social non è nato per fare comunicazione. Chi lo pensa si sbaglia. Il social è nato per fare economia, per orientare le persone verso determinati scenari”.
Parole, tante. Del resto ieri, bisognava confrontarsi sulle parole. Ma senza dimenticare che “la parola è la cifra personale di ognuno di noi. Perché – ha sottolineato in chiusura il presidente Soluri - dalle parole si capisce il livello di esperienza, il livello etico”. Perché “non è vero che le parole volano ma rimangono”.
Oggi però "non si può più tornare indietro" come ha aggiunto Antonietta Santacroce. "E allora diventa fondamentale sapere utilizzare il web nel migliore dei modi e insegnarlo ai nostri ragazzi perché sappiano districarsi in questo mondo". “L’autorevolezza prima di tutto" e allora forse “i social faranno meno danni". E, forse, anche meno paura.
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