La vicenda dei fondi distratti ai diversamente abili del centro Prisma di San Sostene ha colpito prima di tutto gli amministratori dell'associazione. Oggi il tribunale del Riesame ha dissequestrato una parte delle somme precedentemente sottoposte a vincolo e stabilito come i fondi fossero utilizzati effettivamente per le attività educative e formative dei ragazzi diversamente abili (LEGGI QUI).
Ora prende la parola Giuseppina Ranieri, amministratrice dell'Onlus e responsabile fino al 2016.
"Ciò che colpisce e rende triste una storia di inchiesta e di ricerca di verità sulla gestione di un centro diurno per disabili è, ancora una volta, il modo DISCRIMINANTE con cui viene considerata la persona diversamente abile.
Ancora, dopo tutti questi anni, dopo leggi sull’integrazione e sui diritti dei disabili, una sorta di BARRIERA ARCHITETTONICA pervade la mente della gente cosiddetta “normale”. Una comunità di persone con patologie invalidanti di tipo motorio e cognitivo viene “GHETTIZZATA” dalla gente “normale” perché non la si considera capace di esprimersi attraverso l’attività strutturata del Gioco libero indispensabile a dare voce ad una, seppur compromessa, capacità mentale che non è corrispondente a quella cronologica. La gente “normale” che conduce le inchieste e ipotizza reati non considera la persona disabile così “ ABILE e DIGNITOSA” da potersi occupare, come qualunque persona “normale” , della cura estetica e del proprio aspetto esteriore attraverso laboratori di Social Skils e l’utilizzo di cosmesi.
Non si riconosce ad una comunità di uomini e donne con storie di sofferenza psico-fisica e di emarginazione sociale la possibilità di avere vissuto e di vivere esperienze “costruttive” e gratificanti come escursioni e visite guidate al sabato nei loro territori, e attività estive anche il mese di agosto sulle spiagge attrezzate finalmente accessibili a tutti e non solo ai “normali” che sono in ferie. Non si riconosce la capacità a questa comunità l’abilità di allestire un laboratorio fotografico per ritrarre i bei borghi dei loro paesi ed avere poi la giusta gratificazione di vedere esposti i propri lavori in una mostra magistralmente allestita.
In questa nostra epoca votata alla “prestazione” ,al risultato, al guadagno si è molto poco attenti a ciò che può esprimere colui che è “ALTRO DA NOI” e cioè portatore di un disagio fisico, psichico o sensoriale ma che ha al suo interno risorse e potenzialità enormi. La nostra cultura gretta e limitata non sempre riesce a mettere tra parentesi la patologia (Autismo, Sindrome di Down, tetraplegia, Ritardo Mentale) per pensare ad un’attività semplicemente rivolta alla PERSONA. Perché in questa inchiesta è di persone che stiamo parlando. Persone disabili capaci di recitare in un Musical in teatro, di essere protagonisti di trasmissioni televisive, di giocare a tennis in carrozzina, di realizzare un libro autobiografico di lavorare in un’azienda agricola.
Questa ultima esperienza ha permesso alle persone diversamente abili di avere, come le persone “normali” che conducono le inchieste, di poter acquistare uno smartphone, un tablet, un rasoio elettrico, una sedia, un tavolo, un televisore, una lavastoviglie, un frigo, un’antenna parabolica per se e per la propria casa.
Quello che colpisce ancora in questa curiosa inchiesta condotta da persone “normali” è il loro pensiero discriminante rispetto a come deve essere arredato l’ambiente in cui vive una comunità di persone disabili.
Queste persone “normali” non hanno ritenuto verosimile che l’ambiente strutturato che accoglie dei disabili può contenere una cucina dignitosa, dei divani comodi, belli e colorati, mobili confortevoli e funzionali alle proprie necessità. “ABITARE” questi ambienti per i disabili non vuol dire essere PARCHEGGIATI ma è sentirsi a casa, ospitati da uno spazio che non li ignora. Dove dire è udire, dove rispondere vuol dire corrispondere. E’ sapere dove deporre il soprabito, dove sedere alla mensa. Dove abbandonare le ansie e le paure, dove trascendere dalla propria malattia per recuperare dei gesti semplici e abituali e restituirli alla loro normale quotidianità. Le storture di questa indagine hanno posto una lente di ingrandimento su aspetti intimi e delicati dei disabili e delle loro limitazioni fisiologiche come difficoltà di deglutizione, incontinenza urinaria e fecale, enuresi ed encopresi che necessitano il consumo di prodotti (omogeneizzati, vasetti di frutta, biscottini solubili, pannolini, pannoloni) altrimenti non utilizzati da persone “normali”.
Ciò che rende veramente “SPECIALE” la nostra comunità di persone diversamente abili è soprattutto il fatto che le risorse finanziarie che la Regione ha trascurato di pagare, nel tempo la ns comunità se l’è procurate attraverso innumerevoli progetti finanziati da altri enti virtuosi e attenti.
Questa brutta storia di malversazione culturale e mentale a danno di una bella comunità di persone diversamente abili non tiene conto di un aspetto fondamentale e cioè che la VITA di queste persone fa inevitabilmente parte della NOSTRA VITA. La loro crescita, il loro cambiamento ci emoziona e ci stupisce ogni giorno. Il loro perdersi e ritrovarsi sono anche la NOSTRA STORIA.
Nella vita Camminiamo tutti insieme nella medesima RICERCA DI SENSO"
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