di ANTONIO ARGENTIERI PIUMA
“Un uomo buono che racconta la vita in carcere senza fronzoli”.
Così parla Francesca Scopelliti, giovane compagna di Enzo Tortora al momento del suo arresto, avvenuto il 17 giugno 1983, del noto presentatore di Portobello, vittima di un gravissimo errore giudiziario che lo portò in cella prima della sua definitiva assoluzione in Corte D’Appello.
Il libro presentato questa mattina all’Auditorium Casalinuovo gremito di studenti dal titolo, “Enzo Tortora - Lettere a Francesca”, contiene una selezione di lettere che Enzo Tortora le inviò dal carcere e che qualche anno fa, su invito dell’Unione della Camere Penali Italiane e del presidente Beniamino Migliucci, Francesca Scopelliti ha deciso di dare alla stampa per raccontare quanto sia davvero alta la cifra di sofferenza che porta con sé ogni detenzione, specie quella ingiusta.
Puntuali i saluti di Rosetta Falbo Preside del Liceo Classico “Galluppi”.
Moderatrice dei lavori, Antonella Canino, consigliere del Direttivo della Camera Penale di Catanzaro. Coordinamento a cura di Gianluca Scalise referente Legalità del Liceo Classico “Galluppi”.
“Il libro – afferma l’ex senatrice a quarant’anni dal “caso Tortora” in un dialogo con Ilario Ammendolia, giornalista e scrittore - per la prima volta è il racconto in presa diretta di un soldato che vive la guerra in trincea senza falsità. Non ci sono voli di fantasia è la vita del carcere. E lui scrive senza fronzoli. Quando dice che “ci pigiavano in 7 in una cella era vero”. I detenuti sapevano che era innocente e lo trattavano con rispetto e lui li aiutava. A Regina Coeli – racconta la giornalista - c’era un detenuto nella sua stessa cella che aveva la moglie ammalata di tumore e per aiutarlo scrisse al suo amico Veronesi chiedendogli di poter visitare quella donna. Così, ad un altro che soffriva di enfisema polmonare a cui le giardie avevamo tolto il ventilatore, grazie al suo avvocato avviò la procedura affinchè gli venisse restituito: era un uomo buono!”
Dal un punto di vista legislativo e correttivo, “non è cambiato molto – sostiene l’ex compagna del giornalista Rai - ma probabilmente è vero che basare una sentenza di condanna sulle dichiarazioni di 18 farabutti non sarà più possibile. Tuttavia, c’è un’apatia da parte della classe politica di fronte al tema della giustizia e delle riforme forse perché la magistratura ha preso un tale potere che perfino la politica fa fatica. Anche il ministro Nordio, da ex magistrato, non riesce a fare un piccolo passo in questa direzione”.
Responsabilità civile e separazione delle carriere, ma anche valutazione dei magistrati, tutti “elementi che davvero possono prevenire l’errore giudiziario. In Italia ci sono tre vittime della giustizia al giorno in galera e il 99 per cento dei magistrati è ritenuto eccellente: qualcosa non torna!”
E infine dice: “Tortora era un grande ma era definito antipatico, invece era simpaticissimo ed un vero maestro di vita. Tra noi c’era una bella differenza di età ma ci compensavamo benissimo”.
Dal canto suo, Francesco Iacopino, presidente della Camera Penale di Catanzaro afferma: “La vicenda di Tortora ci richiama ad un senso di responsabilità del posizionamento di fronte ai temi della giustizia sociale. Ancora oggi si crede che la sicurezza sociale possa essere regolata dalla leva penale. La vicenda Tortora ha insegnato poco: il principio della presunta innocenza è violato e assistiamo alla spettacolarizzazione della giustizia. Nonostante si aumenti il tasso autoritario del diritto penale, registriamo un numero si errori giudiziari intollerabili per un Paese civile. Tutto questo per dire che la ricetta utilizzata è inadeguata. Se tre persone al giorno, 1000 all’anno e 26000 negli ultimi 25 anni sono ingiustamente arrestati vuol dire che la penalità non è la risposta per il benessere collettivo e il diritto penale ha tradito la sua funzione”.
Sulle riforme della giustizia suggerisce: “Intanto, separazione delle carriere sotto due profili: tra Procure e stampa, perchè il primo danno alla libertà personale e alla reputazione del soggetto avviene attraverso la spettacolarizzazione mediatica delle vicende penali; la seconda, tra la magistratura requirente e giudicante. Non è stata la giudicante ad attrarre culturalmente la requirente nel suo ambito d’azione ma il contrario, in una logica sempre più autoritaria. In Italia c’è uno strapotere delle Procure, bisogna dirlo, che crea squilibrio nella giurisdizione, ecco perchè bisogna riportare in asse la giustizia e riportare la centralità del giudice.
Poi dice: “La vicenda Tortora rappresenta la più alta espressione di errore giudiziario in Italia ma anche di ostinazione punitiva. A un certo punto i Pm non potevano non accorgersi dell’impostazione accusatoria errata e quell’accanimento è una ferita nella società. Una delle vergone che si accompagnano al mantenimento in carcere di Enzo Tortora fu come furono gestite le conseguenze dell’assoluzione. Il giudice Michele Morello che compose il collegio giudicante della Corte D’Appello che lo ha assolto venne emarginato dai suoi colleghi perché non accettarono di perdere la faccia. Un giudice che ha saputo restituire la verità ha subito l’isolamento”.
Sulla vicenda giudiziaria di Mimmo Lucano: “In una battuta penso si sia voluto giudicare un sistema. Sul mio profilo Fb ho pubblicato una sua frase che mi ha colpito molto: “Mi hanno accusato di associazione a delinquere e i miei associati erano Bregantini, Zanotelli, tutte persone conosciute per il grande impegno sociale. La solidarietà non può essere un reato”. Sicuramente – osserva Iacopino - in quel contesto sono stati commessi errori, ma quel modello doveva rappresentare un vanto per la nostra terra e non, come malamente rappresentato, un sistema da combattere con la leva penale. Il rammarico è che esperienze simili sembrano non arrestino il populismo penale e il giustizialismo penale mediatico”.
Alla fine, numerose domande da parte degli studenti del Liceo Classico “Galluppi”, dell’Istituto di Istruzione Superiore “De Nobili”, dell’Istituto Tecnico Tecnologico “Chimirri”, dell’Istituto Tecnico Commerciale “Grimaldi-Pacioli” e dell’Istituto Tecnico Agrario “V. Emanuele II”.
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