Franco Cimino: "Alcide De Gasperi e questa nostra Italia che si sente in guerra"

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images Franco Cimino: "Alcide De Gasperi e questa nostra Italia che si sente in guerra"
Franco Cimino
  19 agosto 2020 18:48

di FRANCO CIMINO

No, non è questa la guerra mondiale che possa demolire paesi e il mondo, per poi doverli ricostruire dalle stesse macerie che li hanno sepolti. È di certo una gravissima emergenza, sanitaria ed economica, che ha messo in ginocchio il pianeta, neppure impoverendolo, ché a restare poveri e a diventarlo sono sempre quelli che dalle rovine e dalle crisi pagano il pesante esclusivo prezzo.

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No, non è la terza guerra mondiale, che, per il potere distruttivo che hanno le nuove armi nucleari, tra l’altro, cesserebbe dopo tre giorni, forse meno. Il Coronavirus è semmai una sorta di pugile superdotato che prende a pugni se stesso per mancanza di avversari, tutti precedentemente demoliti. Ovvero, è l’uomo stesso che, per dominare, manipolandola e sfruttandola, la natura, ha finito col subirne una delle ultime sue violente reazioni. E non è dittatura l’essere stati costretti a restar chiusi tutti in casa per quarantacinque giorni, subire la successiva limitazione degli spazi di movimento, ovvero essere obbligati a portare la mascherina in determinate situazioni.

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Non è una violenza sui giovani o un figlicidio, la decisione di chiudere gli stadi e le discoteche, avvenuta da parte di “un sistema di potere autoritario e immorale.” No, la guerra e la dittatura e il potere autoritario e immorale, il mondo intero li ha conosciuti davvero. L’Italia, soprattutto, li ha conosciuti, subendoli troppo dolorosamente. Dal 1922 fino a quel famoso aprile del 1945, il nostro Paese quei fatti li ha tragicamente vissuti. Non glien’è stata risparmiato uno. Fascismo e guerra, povertà e disprezzo per la vita e la persona, furono compagni strettissimi in un tempo in cui la fine della democrazia coincise con la perdita dei più importanti valori universali. Tutte queste rovine, nazifascismo e guerra, divisero popoli e paesi e i popoli stessi all’interno di ogni singolo paese, di ogni singola comunità. L’Europa stessa era diventata il perimetro frammentato di lutti, sofferenze, sospetti, divisioni, frustrazione e disperazione, individuale e collettiva. Vinti e vincitori, si annullarono dentro la più grande sconfitta della storia dell’umanità. Quella della Pace e della fratellanza, della giustizia e dell’eguaglianza. Quella della Libertà coniugata con il Progresso.

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Non c’era molto tempo da perdere , il mondo stava crollando, l’Europa stava sparendo. L’Italia stava morendo, anche sotto il peso della colpa morale e della pesante sconfitta militare. Bisognava fare qualcosa e subito. Qualcosa di grande, di salvifico. Che necessitasse nell’immediato per rimuovere le rovine di ogni genere e ricostruire materialmente e moralmente palazzi e strade e l’animo delle persone, e, in prospettiva per edificare il ponte dell’avvenire. Quell’avvenire che sarebbe stato per tutte le nuove generazioni. Per un sempre che solo la grandezza degli ideali può garantire nella più alta Politica che li rappresenti. Questo qualcosa nasceva dalla visione illuminata di uomini immensi, una sorta di ibrido tra santità ed eroismo. Mani operaie e genio creativo. Quelle menti e quelle mani pensarono all’Europa. Non quella geografica, ma quella politica, la più grande invenzione del ventesimo secolo. Un’ Europa della Pace e per la Pace, costruttrice di pace nell’intero pianeta. Un’Europa con una sua lingua, un suo governo, una sua economia. Un’Europa così non avrebbe potuto che essere libera, per liberare altri paesi. Essere dei popoli, per affratellarli tutti, i popoli. E democratica, per affermare la democrazia in ogni suo parte e territorio e per aiutare quei paesi lontani che la democrazia e la libertà avrebbero cercato. Quell’Europa non avrebbe potuto che essere del lavoro e della persona, ché lavoro e persona non sono la stessa cosa, certo, ma insieme operano per il riconoscimento della centralità dell’uomo, per l’elevazione della dignità umana e per il rispetto assoluto della vita, ovunque essa si manifesti.

Potrei continuare ancora per dire che l’Europa democratica non avrebbe potuto che respingere gli egoismi dei gruppi di potere, specialmente economico, e le spinte nazionaliste, intesi quali germi di altro o replicato autoritarismo, anche foriero di nuove divisioni tra cittadini, categorie e classi sociali e di rinnovato odio contro i diversi di qualsiasi genere, poveri e ‘forestieri” fra tutti. Mi fermo qui, però. Quel che ho detto anche oggi mi serviva solo per dire che uno di questi grandi uomini, eroi dell’umanità in rivolta contro il male, il più semplice contadino del Bene, era Alcide De Gasperi, lo statista europeo, l’uomo di governo italiano, il politico illuminato, che già questa grande idea di democrazia la stava applicando, nell’unità delle forze autenticamente democratiche, in Italia, per farla rinascere più forte e più bella dalle rovine in cui la dittatura fascista l’aveva portata. Oggi sono 66 anni dalla sua scomparsa. Dinanzi a questa politica odierna, la nostalgia di uomini come Lui si fa tormento. Dolore. La sua lezione, che resta, è, comunque, una luce, anche se piccola, di speranza. Quando ancora, nei miei interventi e riflessioni o semplici conversazioni, parlo di De Gasperi o di Sturzo o Moro... qualcuno mi rimprovera un mio scarso senso della modernità, un dannoso, per me evidentemente, sostare nostalgico sul passato. “I giovani- costoro mi dicono- hanno bisogno di sentire altro e di altri “.

Ho sempre detto (e continuo a dirlo) ai miei vicini di età che facevano politica o ai ragazzi che avrebbero voluto farla, esattamente questo:” se non volete parlare di De Gasperi per paura di non essere moderni e, quindi, compresi dalle nuove generazioni, non parlate di Lui, di Sturzo...Non menzionate neppure il loro nome. Ma aiutate il vostro pensare con il loro pensiero, fate il vostro lavoro con il loro rigore morale, agite nella società con i loro insegnamenti di vita e di politica. Prendete tra le mani i bisogni della gente e occupatevi solo di questi, del loro futuro e del Paese, secondo i principi della giustizia sociale e dell’eguaglianza. E mettete al primo posto la Libertà e la Persona, la Libertà della persona e nella persona, e non barattatela mai neppure per mille tonnellate delle vostre ambizioni individuali e della vostra brama di potere e di ricchezza. Ché lo spirito della Libertà è vento che pulisce l’aria dalle tante sostanze sporche che la inquinano ed è premessa fondamentale della Pace. Quella vera.”
 

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