Franco Cimino: “Aldo Moro e questo 16 marzo diverso dalla retorica e dai rituali..”

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Franco Cimino
  17 marzo 2025 01:02

di FRANCO CIMINO

Fra tre anni da questo 16 marzo saranno 50 anni da quella tragedia che ha messo in ginocchio il nostro Paese, creando seri pericoli per la tenuta della Democrazia. Cinquant’anni sono tanti nella vita delle persone. Quelle che ne avevano pochi o molti di più quel tragico giorno, ne portano un ricordo struggente. I più politicamente avvertiti tra loro, recano anche quello del vibrante sentire quel pericolo. E i segni delle battaglie democratiche, che hanno condotto in quelle piazze dell’allora unità possibile del popolo italiano. Battaglia dura in quel non breve periodo di spari e sangue, di agguati contro persone inermi e di attacchi mirati contro la democrazia italiana e le istituzioni. Molti di quelle persone non ci sono più.

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Sono andate via con quelle preoccupazioni sulla pelle e i numerosi perché irrisolti. I tanti che siamo rimasti viviamo nello stesso dolore di allora. E nelle preoccupazioni che su di esso sono rimaste. E nelle domande, che ancora ci poniamo sulle ombre ancora fitte, che dalla via Fani del rapimento di Aldo Moro e della strage della sua scorta, si sono allungate fino a via Caetani, il luogo del ritrovamento della famosa Renault rossa nel cui bagagliaio, rannicchiato, stava il corpo trucidato da decine di pallottole del leader della Democrazia Cristiana. Quelle ombre sono andate molto più avanti, negli spazi e nel tempo. La barbara esecuzione di Aldo Moro, la strana impossibilità di salvarlo, nonostante l’intervento di tutte le forze dell’Ordine e della polizia di mezzo mondo, dei più potenti Servizi Segreti di paesi fortissimi, dell’intervento non solo spirituale della Chiesa e di Paolo VI, il suo Pontefice, lascia ancora quelle ombre lunghe nere, intatte sul pavimento della Democrazia italiana.

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La cronaca, che ancora non riesce a farsi storia, i molti processi ai responsabili scoperti di quelle orribili stragi, le decine di condanne a centinaia di anni di carcere mai completamente scontati dagli assassini e dai rapitori, lasciano aperta quella porta che si è tentato mille volte di sbarrare. Sul dolore. Sulla morte. Sulla Giustizia, che quel dolore e quelle morti reclamano in nome della Democrazia, per la vitalità della quale si sono( sono stati) immolati cinque uomini belli. E un uomo bellissimo.

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Eroi che non avrebbero però voluto esserlo. Almeno nel modo in cui sono stati annoverati. Io ancora sono convinto, come quel primo giorno di quarantasette anni fa, che Giustizia completa non sia stata fatta. Che i veri colpevoli della morte del grande statista, i poteri interni e internazionali che hanno approfittato, senza avere complottato con le Brigate Rosse, della stupida follia di un manipolo di illusi e velleitari soldati della rivoluzione impossibile, per cancellare dalla scena politica interna e internazionale di uno dei più grandi statisi della storia. Il più importante sicuramente dell’Europa di quel tempo.

Oggi, pertanto, voglio parlare solo di lui, dopo aver adagiato il mio cuore su quello di Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zinzi, Raffaele Iozzino, gli uomini coraggiosi assassinati per difenderlo. Aldo Moro era un uomo mite e buono, l’intellettuale profondo nella sua costante filosofia sulla Libertà, l’uomo di Stato di grandi capacità, il politico intelligente e lungimirante, l’analista profondo delle problematiche sociali e l’autentico profeta del divenire della società e della Democrazia. Moro, il politico dalle profonde visioni del mondo, il sognatore “ concreto” della mondo più bello. Del futuro più luminoso.

Leader riconosciuto da tutti e da molti rispettato e seguito. In particolare, nelle sue ultime analisi sullo stato della democrazia italiana e sui rimedi che unitariamente si sarebbero dovuti adottare per rafforzarla e ampliarla. Anche attraverso quella straordinaria e coraggiosa strategia di allargamento degli spazi di partecipazione diretta al governo del Paese, che coinvolgesse il Partito Comunista, sotto quella formula denominata( non da lui, in verità) “ compromesso storico”.

Molti osservatori e studiosi pensano ancora che la convergenza di interessi sulla “convenienza “ della morte del leader della Democrazia Cristiana riguardasse proprio il Compromesso Storico e la piena legittimazione del Partito Comunista quale forza democratica avente il pieno diritto a governare, in alleanza con il suo antagonista, nella fase d’emergenza. E nel domani immediato, secondo la formula dell’ alternanza sancita dal voto popolare. Gli Stati Uniti e L’Unione Sovietica insieme a temere, per opposti interessi, la stessa cosa, assai pericolosa per loro. Io credo che non sia questo il vero motivo dell’avversione nei confronti del politico geniale. Aldo Moro, pochi lo sanno, è stato un grande tessitore dei nuovi equilibri mondiali.

Un grande uomo di pace, costruttore, sulla scia del pensiero di De Gasperi, della Pace nel mondo. Tre erano i capisaldi del suo pensiero sulla Pace. Il primo: La definizione, con completamento, del progetto dell’unità europea, attraverso la nascita effettiva dell’Unione degli Stati d’Europa, quale istituzione democratica, entità libera, autonoma e indipendente. E democratica, dai saldi principi di ispirazione cristiana.

Il secondo: un Piano economico straordinario da parte dei Paesi Occidentali per fare uscire i paesi emarginati e poveri dallo stato di arretratezza nel quale si trovavano da sempre, aggravato il quale l’intero pianeta sarebbe stato meno sicuro. Sia per le guerre regionali che sarebbero esplose, sia per l’imponente moto migratorio che si sarebbe avviato senza forza che lo potesse arrestare. Terzo: la questione Mediorientale, nella quale sarebbe esplosa la rabbia del popolo palestinese in lotta legittima per avere la patria e lo Stato di cui hanno diritto. E nel proprio territorio, che storicamente li attende. Senza la soluzione della questione palestinese, senza la costruzione di uno Stato palestinese libero e autonomo, riconosciuto dal mondo intero, il pianeta sarebbe andato in fiamme.

E lo stesso Israele, che faticosamente aveva realizzato nell’immediato secondo dopoguerra il suo libero Stato, non sarebbe stato al sicuro. Il mondo nel suo complesso non sarebbe stato al sicuro. La guerra, nelle sue diverse forme, anche terroristiche, sarebbe tornata a essere lo strumento privilegiato non soltanto per la soluzione dei conflitti, ma per la definizione dei nuovi equilibri di potere nel pianeta.

Aldo Moro, nei molteplici ruoli di governo, in particolare quello di ministro degli Esteri, si è tenacemente battuto per realizzare quel progetto da lui stesso pensato ed elaborato. Da quel tempo in qua, il mondo è quello che Moro aveva temuto, rispetto al quale ci aveva avvertito, profetizzando incredibilmente gli scenari drammatici cui stiamo assistendo.

Oggi, questa ricorrenza, per essere pienamente compresa e moralmente rispettata, va collocata in quel fatto, in quella storia non narrata. E in questa tragedia di una umanità tenuta sotto sequestro dalle forze di tipo imperialista, che volevano, e ancora vogliono, che essa sia frantumata in tanti pezzi piccoli e deboli, per risultare più facile imporre il potere dei più forti. E quello dei vecchi e nuovi prepotenti. I vecchi e nuovi predatori egoisti.

Oggi il sedici Marzo del 1978, è un atto di protesta contro le guerre e contro le povertà. È, insieme, un richiamo ai valori che l’insegnamento di quel grande statista, l’uomo buono e il politico onesto, ha lasciato agli uomini e alle donne di buona volontà. Ai desiderosi di Pace. Ai sinceri costruttori della Pace. Quella vera. Della Giustizia e della Libertà. Per tutti. Popoli e persone.

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