Franco Cimino e la Calabria al voto: "La democrazia rinasce in primavera"

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Franco Cimino e la Calabria al voto: "La democrazia rinasce in primavera"
Franco Cimino
  02 dicembre 2020 19:45

di FRANCO CIMINO

Da sempre io mi domando cosa sia Democrazia, ché mica basta saper leggere e scrivere, aver studiato, tanto o poco, per saperlo davvero. Non basta neppure sapere di Costituzione, o conoscerla tutta intera, articolo per articolo, per conoscere Democrazia. Democrazia, cui pure potrebbe bastarne uno solo, ha in realtà mille significati. Nel senso, cioè, che essendo corredata da tanti principi ciascuno di questi si presta all’uso strumentale che ne fanno persone, istituzioni e potere. E condizioni storiche e ambientali sempre diverse e cangianti. Tutto questo volume di cose e di molteplici dinamiche, fanno talvolta della sua forza una fragilità. Prendiamo ad esempio uno dei suoi tanti fondamenti. Quello più richiamato. Il più invocato. Specialmente quando Democrazia difetta, si indebolisce e muore. Più drammaticamente, quando Democrazia non c’è. È il diritto di voto. Questo fondamento, furbescamente, si declina a volte in un modo, a volte in un altro. Affermare, per esempio, “ bisogna restituire presto il diritto di voto ai cittadini”( quante volte lo abbiamo udito in questi ultimi anni?), può significare una cosa diversa da quella che afferma la Costituzione quando il diritto al voto contrasta apertamente con le condizioni ambientali che di fatto lo limitano, lo intralciano.

Banner

Per impedire la limitazione della libertà del voto, che deve essere sempre “ personale ed eguale, libero e segreto”, è intervenuta la legge che persegue con severità il cosiddetto voto di scambio, le cui diverse forme sono dinanzi agli occhi di tutti e nelle carte delle procure. Cosa significa tutto ciò? Significa che Democrazia si caratterizza per la garanzia che essa offre al voto davvero libero e in alcun modo condizionato, e per gli spazi che costruisce alla più larga partecipazione dei cittadini alle urne. La Costituzione, infatti, afferma che “ l’esercizio di voto è un dovere civico.” La partecipazione elettorale, a sua volta, è foriera della più piena partecipazione dei cittadini alle scelte fondamentali del Paese, comprese quelle di governo. Assicurare la partecipazione di tutti, e concretamente, alla vita politica significa che mai vi debba essere ostacolo alcuno sul percorso che conduce l’elettore al seggio. Quando questo non è assicurato, vuol dire che Democrazia è malata e il suo meccanismo si è inceppato. Avere diritto al voto e non poterlo esercitare liberamente, è segno che Democrazia soffre e che, pertanto, non possa rispondere a quel principio costituzionale non scritto, secondo il quale, attraverso la Politica, si realizza il più sano rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. È in questo rapporto che il consenso diventa anima del voto e coscienza civile. Ambedue legano, attraverso la responsabilità reciproca, l’elettore all’eletto e, paradossalmente, anche l’elettore al proprio candidato non eletto.

Banner

Quando, in una data realtà, la partecipazione al voto progressivamente si riduce, arrivando a toccare la percentuale del quarantacinque per cento, come è accaduto meno di un anno fa in Calabria, la stanchezza della Democrazia si fa dramma. Autentico. Grande. Pesante. Un dramma istituzionale anche per il formarsi di un governo che non è investito neppure di un terzo della fiducia dei calabresi. Come nel cane che si morde la coda, dalla prima debolezza si passa alla seconda e poi alla terza e così via, fino a rendere incolmabile il distacco dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni. Il male mortale di cui soffre la Calabria si trova qui, in questa voragine senza fine. Gli altri mali, mafie comprese, in quel vuoto trovano la loro crescente virulenza e la propria imponente forza di condizionamento e di interdizione su tutti gli ambiti in cui maturano interessi e affari e la necessità di controllo del territorio e del consenso. Compito delle classi dirigenti responsabili, è quello di operare per ricostruire un vero rapporto di fiducia tra la gente e tra le persone e il potere. Un modo immediato è quello di restituire ai calabresi la gioia delle urne.

Banner

Ricordo a me stesso che di questa esigenza ne feci una pubblica richiesta all’onorevole Iole Santelli all’indomani della sua “ storica” elezione a Presidente della regione. Le richieste, in verità, furono due. La prima, quella di cercare di unire, anche attraverso l’elezione del capo dell’opposizione a Presidente del Consiglio, la massima istituzione elettiva e poi proseguire sulla strada dell’unità possibile dei calabresi. La seconda, creare un clima di serenità che aiutasse la politica a rinascere e con essa il valore, anche morale, del voto nella nostra terra. La scomparsa prematura di Iole Santelli, di cui conserverò un forte dolore, ha reso la situazione più incerta e meno chiara. Ma proprio questo dramma avrebbe dovuto impegnare quanti ne hanno la competenza a realizzare, specialmente perché anticipata, una consultazione elettorale piena e libera. Partecipata, finalmente. Invece, cosa si fa? Si decreta il voto per il quattordici febbraio, giustificandolo con le norme che impongono il voto entro una data stretta che, tuttavia, sarebbe stata comunque oltrepassata.

Votare in febbraio in pieno inverno, in pieno Covid, sapendo già che decine di migliaia di calabresi non saranno in condizione fisiche di recarsi alle urne e molte di più saranno scoraggiate, o forse anche impossibilitate, a rientrare per votare, è un fatto assai grave che da nessun interesse partitico o personale potrà mai essere giustificato. È un un atto lesivo della libertà degli elettori e insieme della sensibilità, già molto tesa e affaticata, della nostra democrazia. Pensare di risollevare le sorti della nostra terra con un gioco della politica ristretto soltanto agli interessi, diversamente e largamente intesi, di una cinquantina di persone al massimo è delittuoso. Senza le persone in carne e ossa, che si prendano, questa volta sì, la piena responsabilità della scelta elettorale e della conseguente formazione della nuova Giunta, non potrà esserci una elezione pienamente legittimata quantomeno sul piano morale.

Senza uomini nuovi, idee nuove e nuove coscienze politiche, che abbiano il giusto tempo e il necessario spazio per organizzarsi e anche quello del confronto per dimostrare la loro migliore qualità, non potrà esserci alcun rinnovamento della politica e alcuna rivitalizzazione delle istituzioni, men che meno un vero rilancio economico della regione.

Senza una larga, impegnativa, coinvolgente e partecipata campagna elettorale, in cui le forze politiche tradizionali, che abbiamo capito la lezione di questi anni drammatici e l’abbiano saputa tradurre in ricambio autentico delle loro rappresentanze politiche, si aprano a un sano confronto con la società e con le novità da essa scaturenti, la Calabria non risorgerà. I commissari, di qualsiasi natura e finalità, saranno le figure democratiche più presenti e la legalità, parola che in sé non dice letteralmente nulla, costituirà l’unica azione di governo e lo strumento attraverso il quale mantenere le nostre istituzioni sotto il controllo esterno. Mentre un giudice bello e combattivo continuerà a rappresentare l’unico punto di rifermento per chi voglia cercare ancora nella Giurisdizione la giustizia che, invece, deve nascerà dalla Politica.

Si voti, allora, in primavera, quando ci sarà il sole, i prati torneranno verdi e i fiori spunteranno pieni della loro forma, dei loro colori e dei loro profumi. In primavera quando il grano annuncerà la sua bellezza di vita rinnovata e la gente potrà incontrarsi come persone che si guaderanno in faccia, si parleranno finalmente. E, poi, si daranno la mano per a camminare verso il sole e a favore di vento. E farsi popolo. Che lotta. Spera. Crede nella forza della Democrazia e della terra dei padri. E vince.

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner