di FRANCOCIMINO
“Nasce prima l’uovo o la gallina?” Oggi farebbe ridere tutti i bambini del mondo più lontano. Ai miei tempi era un bel quesito, misurazione popolaresca del quoziente intellettivo. Gioco e “pensosità” si davano la mano nella società semplice. La tecnica dell’antico detto la si può usare per rispondere a una domanda che solo pochi si pongono. Riguarda le Città, tutte. La nostra di più. Chi nasce prima la cultura o la Città, con tutte le sue attività? Chi va in crisi prima, la Città o la cultura? Qui, da noi, la risposta è semplice, la Politica. La Politica con la maiuscola è scomparsa, ormai da tempo. Ovvero, non è tornata con chi giurava di farsi accompagnare da essa. Per cambiare. Cambiarla. Farsi cambiare.
Cambiare il Potere, anche questo sostantivo con la lettera “grande”, per dirla con i bambini di un tempo. Com’è la Politica di cui dico sempre? Mi domandano in tanti. In particolare, i miei ragazzi della Scuola. Del cosa sia la Politica, per me, qui non ripeto. Del come debba essere, mi basta quella parola, cultura. La Politica deve essere sempre gravida di essa. Partorirla e rigenerarla, senza fine. La cultura è sangue della Politica, gli ideali ne sono l’anima, la passione e la coerenza, i battiti del suo cuore. La cultura è vita, sua propria, e della vita stessa della Politica. È alimento della discussione e spinta alla partecipazione della gente. È forza vigilante contro la corruzione. A Catanzaro la cultura è assente da moltissimi anni. D’ala Città e dalla Politica. E direi anche dall’intera Città. Questo ha causato la crisi delle due realtà, nate insieme si sono indebolite insieme.
La Politica è diventata sempre più, specialmente negli ultimi anni, questi, mediocre e cinico esercizio del potere, con la minuscola, quale si scrive quello che è deprivato della Politica. E, quindi, di idealità e di visione alta del suo agire nella realtà sospesa tra sogni e bisogni. Politica e cultura si sono separate, via via distanziandosi. La prima, divenuta solo potere piccolo e misero, l’ha usata come una qualsiasi postazione ad uso e consumo proprio, personale di chi la occupa. La usa in generale attraverso i soldi in essa impiegati, in particolare se pochi, e le nomine dei sodali alle cariche di “ potere”, anche nei luoghi di cultura, come posti di potere dall’ignoranza considerati.A Catanzaro il teatro Politeama, nato per cambiare la Città, è diventato l’emblema di questa doppia crisi. In esso si racchiudono molte delle contraddizioni politiche e tante delle cause soggettive che l’hanno indebolito progressivamente dalla scomparsa del grande Mario Foglietti, uomo di cultura e d’arte fine e del teatro vero, in poi. Il Sovrintende, catanzarese del mondo, che Catanzaro amava profondamente e per la cui rinascita si era impegnato, inascoltato e trascurato, fino al giorno della morte. Aver lasciato indebolirsi, il Politeama, ancora di più in questi ultimissimi anni, ben consapevole la Politica, dei precedenti quasi fallimentari, è responsabilità, questa, non trasferibile come le tante del classico “ scaricabarile”, strumento misero che la politica mediocre usa per coprire incapacità e ipocrisia. Impegni mancati, promesse negate.
Oggi sono arrivate le nuove nomine nelle cariche di gestione del Teatro “ firmato Portoghesi”, che nel suo disegno e collocazione, da tanti non è stato ancora apprezzato come comunque meriterebbe. Si riparte, adesso. Con una coppia, Santacroce-Pisano, che se operasse in piena sintonia anche umana, e in totale esclusività di servizio al nostro Teatro, potrebbe, per il curriculum dei due professionisti molto nutrito, fare molto bene. Personalmente, fossi il Sindaco, avrei(ancora si fa in tempo), trovato un ruolo importante anche a Chiara Giordano, pure lei riconosciuta in campo nazionale e internazionale quale operatrice dell’arte e della cultura di grande valore. Come i successi di ventidue anni di Armonie d’Arte pienamente da soli affermano. Attendiamo con trepidante interesse, la nuova programmazione e la discontinua idea di gestione e di strategia a lungo termine del nuovo corso. Il desiderio mio è che il Politeama si riempia di spettatori vivaci. Ma non di spettacoli cosiddetti popolari, di tipo concertistico a prezzi alti, che possono consentirsi i pochi che dispongono di risorse in una città fatta diventare povera. Sia restituito il Politeama al Teatro vero, a partire da quello classico e tradizionale e alla musica alta. Lo si faccia vivere per tutto l’anno, estate compresa.
Lo si renda fruibile a tutte le classi sociali e alle diverse generazioni. Lo si apra ai giovani, con strategie che “ obblighino” i nostri ragazzi, dagli studenti di tutti gli ordini di scuole e delle Università, a quanti vivono in Città in attesa di un lavoro. Ché il Teatro aiuta a vivere meglio le sofferenze e a superare ansie e insicurezze. E non ci si dimentichi degli anziani, dei catanzaresi più deboli e delle persone fragili, che il Teatro non hanno ancora visto per le sue “ chiusure” rispetto ai bisogni di cultura e di soffi di vita liberata. Bisogni che il nostro piccolo mondo ha, sebbene non li avverta per il prevalere di quelli considerati vitali, dal pane alla fine delle solitudini. Il Politeama, infine, rompa assurde incomunicabilità con i teatri e i cinema presenti nel Centro Storico, che, con grandi capacità dei loro gestori, unitamente al coraggio e alle immani fatiche impiegati, hanno più volte supplito alla mancanza di autentiche iniziative della politica e della cultura e di quelle realtà, che diversamente da quelle eroiche, hanno operato con i soldi pubblici in mano. Si faccia rete, si aprano nuovi teatri piccoli nelle periferie più lontane. In particolare del promesso, su giuramento, Cinema Orso, a Marina. Si pratichino strategie che portino le periferie al centro, e le scuole continuativamente, non occasionalmente, nei nostri teatri. Si faccia questo è la cultura riprenderà fiato. E con essa anche quegli intellettuali, che preferiscono stare in casa, in pantofole a carezzare i libri che hanno già letto. Il lavoro della Sovrintendete e del Direttore del Politeama, apparentemente appare facile, partire da poco o niente rende il fare, poco o niente, migliore. E visibile. Ma fare, come immagino saranno le ambizioni della nuova dirigenza, in grande per cose grandi, non è facile. Confido che ci riusciranno, me già pronto a rinnovare il mio abbonamento, antico quanto gli anni del Politeama.
Desidero, in apparente contraddizione rispetto alla mia premessa, ringraziare, interpretando, credo, i sentimenti dei catanzaresi del Teatro, Aldo Costa per quasi vent’anni direttore del Politeama. Aldo, pur tra limiti oggettivi e qualche errore, è stato un grande protagonista delle stagioni del Teatro. In particolare, negli anni d’oro, anche grazie a lui, del sodalizio con Foglietti. È stato un costruttore delle grandi prospettive della cultura e degli strumenti che la muovono. Gli ultimi anni sono stati difficili e sofferti per la sua attività. Ma egli, pur stanco, ha operato per non far morire Politeama. La Città gli deve molto, spero che se ne ricorderà. Ne ha ancora tanto bisogno. L’energia di Aldo è preziosa per chi voglia guardare alla politica come servizio e non come potere di disporre di ciò che appartiene alla Politica. E alle istituzioni. Pertanto, ai cittadini. Con Aldo saluto un vero soldato del Politeama, il generoso e competente Nicola Santopolo, che il Teatro ha visto nascere dalle fondamenta, mattone su mattone, fisicamente inteso. Dal cantiere, in cui è stato operatore tecnico, al monumento costruito, di cui è stato responsabile per la sicurezza ininterrottamente dall’inizio fino a ieri. Sempre al Politeama. Tutti i giorni da mattina a sera all’interno dell’edificio. Tutto questo lungo tratto di vita, per il Politeama. È stato un soldato, a difesa del castello. L’ha difeso da solo. Commoveva vederlo o saperlo solo lì dentro, con accanto il buon Viviano Veraldi. Se ci passavi ti raccontava del suo amore per il Teatro, per il Politeama, per Catanzaro. Grazie anche a te, Nicola.
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