di FRANCO CIMINO
Io non so come si scriva Libertà in bielorusso o in cinese. Non so neppure come si scriva in birmano. Conosco a malapena la sua scrittura in lingua inglese, e con più certezza, in quella sudamericana, argentina o cilena. Libertad deriva dalla lingua spagnola ed essa è molto simile alla nostra antica lingua italiana. Tuttavia, ne conosco il suono in qualsiasi lingua venga pronunciata. Specialmente, quando nelle piazze viene urlata contro il potere assolutista e oppressivo, da tante persone. In particolare, giovani e donne. Quelle poche decine, che poi, a forza di urlarla col cuore, diventano centinaia e poi migliaia. E sempre di più diventano anche quando, a numero imprecisato, vengono “rapiti” e fatti sparire. Il suono è felicemente melanconico come una musica gitana, un tango o il canto, che dalle miniere di ogni lavoro disumano sale per farsi inno alla vita, canto di lotta e di ribellione. Questo canto, io non ho avuto bisogno di farlo uscire dai libri di storia, magari quella più recente della lotta antifascista. Non ne ho avuto bisogno perché ho udito, con questo mio cuore e questa mia pelle, il canto di Libertà che centinaia di migliaia di ragazzi hanno urlato da Plaza de Mayo, Argentina, Plaza Italia, Cile, Plaza Colon, Spagna, Praça José Fontana, Portogallo, Piazza Syntagma, Grecia, piazza Tienanmen, Cina, Piazza Venceslao, Cecoslovacchia, la Rynek Starego, Polonia e la Piazza Rossa, Mosca. Io ero poco più che un ragazzo, allora.
Sono cresciuto nel nome di Libertà, ascoltando questo urlo e questo canto. E questa parola, che in qualsiasi modo pronunciata, ha sempre avuto lo stesso suono, la stessa melodia. Lo stesso ritmo e lo stesso colore del fuoco ardente dei grandi ideali di liberazione, che essa evoca e, come un contagio, nel mondo diffonde. Libertà è la parola che mantiene giovani. Ed io, giovane sono rimasto, quando l’ho sentita cantare nelle piazze della Primavera Araba. E giovane, ancor più da un anno mi sento, per aver visto Libertà da sola cantarsi e, come una poesia, solitariamente declinarsi verso i giovani nelle strade e piazze di Hong Kong. E, in questi ultimi mesi, attraverso il coraggio dei ragazzi e delle donne di tutte le età, nelle strade di Minsk, Bielorussia. “ LI-ber-tá, li-ber-tá, li-ber-tá, così ritmata la stiamo in questi giorni ascoltando pure in alcune piazze italiane. Le immagini televisive sembrano farla plasticamente vedere come corpo che goffamente si muove in quello spazio. Risibilmente la “declamano”, in verità, poche persone, che, sulla scia di quei quattro falsi maestri prezzolati dalle televisioni commerciali di ogni colore, accusano il presidente del Consiglio e il suo governo di attacco alla Costituzione nel continuo atto di reprimere la libertà nel nostro Paese.
I DPCM, che ricordiamo sono autorizzati da un atto formale, più volte reiterato, del Parlamento, per taluni altro non sarebbero che la volontà, non più sotterranea, di imporre una sorta di regime autoritario con il quale tenere sotto “ obbedienza” il popolo italiano. Giuseppe Conte, non si sa bene se per averlo provocato o inventato, userebbe il Covid 19 per imporsi quale capo solitario e assolutista, una sorta di dittatore mascherato da gentleman inglese. In questo sospetto, e conseguente accusa, egli potrebbe anche essere un agente di una superpotenza planetaria( forse, la Cina, ma non lo si dice) che, con un forza invisibile e però incontrollabile, avrebbe il compito di tenere assoggettata l’Italia a quel potere lontano. Mi vengono i brividi. Non so se ridere o piangere. Confesso, tuttavia, che sentire scandire la magica parola, oggi, dopo la drammatica esperienza nazi-fascista vissuta dall’Italia nel tragico ventennio conclusosi appena settantacinque anni fa, mi provoca dolore e un senso di strisciante timore. Sentirla battere, come un tamburo di guerra, nelle strade di un Paese, il nostro, che questa parola ha scritto indelebilmente sul principio assoluto del rifiuto della guerra e di ogni gesto di violenza contro l’uomo, sinceramente mi procura un imbarazzo pietrificante. Se penso, poi, a quei popoli che negli ultimi trent’anni hanno pagato un prezzo altissimo di vite umane e di prigionie disumane per milioni di giovani, provo un senso di vergogna profonda. La stessa, mista alla preoccupazione per la nascita di una nuova indifferenza e di un più forte egoismo nelle nuove generazioni europee, io provo se penso a quei popoli che ancora oggi disperatamente Libertà cercano per respirare finalmente il profumo della Democrazia.
Si dice, come spesso si è detto nella storia delle grandi distrazioni o sottovalutazioni delle piccole minacce alla civile convivenza, che sono soltanto “ quattro gatti” a cui non bisognerebbe neppure dar importanza. Sì, sono quattro gatti, ma oggi anche quattro gatti sono pericolosi se la potentissima rete e i diffusi mezzi di informazione te li portano dentro casa, e nella tua testa ( anche per mezzo di alcuni salotti televisivi, i cosiddetti talk show) ad ogni ora, moltiplicandone la consistenza numerica e amplificandone la voce, attraverso la comunicazione di un messaggio bugiardo e distorcente. Già nelle scuole e nelle famiglie, il tema della Libertà, unitamente ai grandi valori ideali e morali che la ispirano. Se vi aggiungiamo pure una nuova distrazione di massa su queste sceneggiate strumentali, i giovani di oggi davvero rischiano di non cogliere la grande sfida che dinnanzi a loro si è aperta. Una sfida che li carica di enormi responsabilità. Da decenni, una cultura “ materialista” falsamente liberale ha diviso il sentire umano tra la necessità di soddisfare l’istinto alla conquista di crescenti quantità di cose per sé( le materie indistinte del riempimento)e il bisogno di una socialità che metta l’uomo al centro del suo divenire sociale e personale. Questa cultura ha prodotto la più drammatica dicotomica della storia. Quella tra il dieci per cento, che detiene il novanta per cento della ricchezza planetaria, e il novanta per cento di uomini e donne e bambini che devono sopravvivere con quel poco che resta sul “ mercato”. Un mercato in cui l’essere umano è diventato merce e la sua carne “, peregrina” sul mare, merce di scarto.
La sfida vera, che devono affrontare oggi i giovani, è quella di salvare il mondo e l’umanità. Di salvarli tutti interi e contemporaneamente. Per vincerla, essi devono, senza alcuna divisione se non quella marginale e fanaticamente ideologica, scegliere il campo della Libertà. Anzi, devono costruirlo nuovo e più bello questo campo. Soprattutto, più sicuro. Difenderla, la Libertà, dove essa ancora vive, i giovani devono. Battersi, tutti insieme, per darle vita dove ancora manca. E siccome Libertà è respiro vitale dell’essere umano, essi devono respirarla nei propri polmoni anche quando nell’aria venga fatta mancare. Per potersi battere in sua difesa, ovvero per promuoverla, occorre però che i giovani imparino, laddove naturalmente non la sentissero, il senso più profondo di Libertà, il quale non si trova soltanto nei tanti significati formali, che l’etimologia della parola, in tutte le lingue, suggerisce. Un lembo piccolo del suo senso più profondo, io l’ho tratto dalle artefatte divisioni di questi ultimi giorni sulle misure “ liberticide” imposte dalle autorità politiche e sanitarie italiane.
Mi permetto, da padre e da vecchio prof, di indicarlo ai “Miei” ragazzi, ché tali sono tutti i giovani: Libertà è la forza che dall’io individuale, liberata, si muove in direzione della Libertà dell’altro. Qual è la Libertà dell’altro? Ne parlo al singolare. Al plurale, che segue, è intesa quale somma di ogni singola libertà. La Libertà di ogni singola persona è quella di poter mantenere, difendere, essere aiutata a mantenere e a difendere, ciò che essa possiede come inalienabile diritto naturale, la vita. E in essa, quando ci fosse, o per quel che gli resta, la salute. Libertà, dunque, è il respiro vitale dell’essere umano, il primo e ultimo battito del suo cuore. Essa non esiste se non nella tutela di quel magnifico involucro che la contiene, la vita. Come non esiste, se non in un mondo disumano, la mia vita senza che io abbia tutelato quella dell’altro e, quindi, di tutti, non esiste Libertà per me che non sia strumento, condizione e risorsa della Libertà dell’altro e, quindi, di tutti.
Mi piacerebbe davvero, e in questo senso profonderò tutto il mio impegno, che da questa drammatica situazione dell’Italia, dell’Europa e del mondo, si possa uscire presto con meno morti e più guariti. Soprattutto, più sani. Nel corpo e nell’anima. Nella mente e nel cuore. Che riviva, insomma, Libertà. In tutti. Ché da essa potrà nascere quel nuovo auspicato mondo. Tutto bello, generoso e solidale, che affratelli gli uomini e le nazioni.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736