di FRANCO CIMINO
Ho voluto attendere qualche giorno per dire di Michele Traversa. Non volevo che l’emozione e il dolore personale, che aveva colpito anche me coprisse il significato del mio pensiero verso la sua persona straordinaria. Tante parole sono state dette per Michele in questi quattro giorni di lutto vero. Stretto. Unanime. Tantissime venute da ogni parte del mondo politico. Ovvero, quello che resta di esso. Di quello delle istituzioni. Del mondo della cultura. Parole sincere e commosse sono venute anche dalla società civile. Cioè delle persone semplici. Quelle che piacevano a lui e che hanno invaso il web e la rete con espressioni di sentimenti profondi e sinceri. Mai come questa volta, tutte le parole dette e scritte da chiunque sono state giuste. Nessuna ridondante o eccessiva. Tutte autentiche di sentimenti. E di opinioni fondate e sincere. Tutto questo fa dire anche a me ciò che ho sempre pensato di lui. Michele è sempre stato un uomo buono, una persona pulita. Alla mano. Genuina. Umile.
Un politico onesto. Sul Iato morale. E su quello politico-culturale, aldilà di scelte e posizioni talvolta discutibili. O non condivisibili, almeno secondo la mia postazione e posizione personale. Michele era onesto non solo perché aveva le mani pulite, cosa per me scontata ed elementare quando si giudica l’operato e la vita di un politico. Onesto anche per la chiarezza, la schiettezza, la trasparenza, con cui portava nella sua azione politica, e nelle relazioni personali e politiche, le sue opinioni, le sue scelte, le sue azioni. Diversamente è disonesto, in politica, chiunque nasconde la mano e vigliaccamente agisce, con cattiveria, nei confronti delle istituzioni, della politica, delle persone che in essi operano, come quelle che dalla politica e dalle istituzioni sono interessate. Michele era un uomo credibile. Rassicurante. E leale. Un uomo di cui fidarsi e a cui affidarsi. Questa la prima sua caratteristica che lo ha reso più bello della sua stessa bella persona. Dote rara, questa. Pertanto, la sottolineo. L’altra sua, chiamiamola qualità nella virtù, era la coerenza. Non so, io democristiano, cosa egli conservasse, nel corso della sua lunga carriera politica, della ideologia della sua antica militanza nella destra ideologica italiana. So, per certo, che egli non ha mai portato la sua azione politica allo scontro ideologico fra partiti diversi. So anche che alle centinaia di giovani che l’hanno seguito come maestro, oltre che leader, non ha mai inculcato l’idea che la politica fosse un un campo di dura battaglia in cui individuato il nemico lo si dovesse distruggere. So anche, per certo, che egli fosse un’intelligenza aperta al dialogo con gli altri. In particolare, i più lontani dalle sue posizioni.
Guardava con attenzione i migliori e studiava le politiche e le idee di forze diverse dalla sua. Questa attenzione e questa apertura mentale l’hanno portato a costruirsi una cultura politica democratica. Autentica, che ha ben impiegato negli ampi spazi di potere in cui Michele ha eccelso, prima che per il governo del fare, per la qualità del confronto cui egli tutti chiamava nell’assumere le sue decisioni. Io me lo ricordo sempre attento e in prima fila nei congressi della Democrazia Cristiana, un partito a cui guardava con rispetto. E, se mi posso allargare, con simpatia. Ricordo in particolare l’ultimo. Quello mio provinciale, in cui lasciai dopo molti anni la guida del partito. Era il 1992, una vita fa. Un mondo ormai lontano, come i miei anni di quella lunga giovinezza stracarica di sentimenti, di idee di passioni. D’amore per la politica. E per le istituzioni. Anni che sono passati, però, solo sulle mie gambe. E non sul mio cuore e sulla mia mente, ancora pieni di quei valori e di quei sentimenti. Ricordo bene ciò che mi disse in conclusione della giornata. Non l’ho dimenticato mai. Lui non era ancora diventato Presidente della provincia, il primo incarico di leader che avrebbe poi segnato positivamente tutta la sua lunga carriera. Quel suo giudizio e quella sua profonda stima li ha ampiamente confermati e pubblicamente in tutti gli anni a seguire. Anche in quelli, oserei dire drammatici del 2006, dell’ormai famosa, per certi versi drammatica, elezione del sindaco di Catanzaro, da me perduta, a vantaggio di Rosario Olivo, per soli pochi voti. Anche in quell’occasione Michele dimostrò, diversamente da tanti altri, in particolare democristiani, i miei “ amici” di partito, coraggio, coerenza, onestà, lealtà. E anche una certa visione politica, legata da lui stesso ad una strategia che, in quel passaggio, aveva un un elemento necessario, di come i fatti successivi ampiamente dimostrarono, al successo per lui e a quanti nel centrodestra l’hanno seguito. Dico di più. Senza quella vicenda il Centrodestra a Catanzaro sarebbe sparito, e più velocemente di quanto, in conseguenza di quel passaggio, fu fatto scomparire l’area di Centro e quell’ancora largo bacino elettorale “ democristiano”, che progressivamente si portò in larga parte presso di lui. Il resto dei suoi numerosi successi e dei tanti suoi amici, è noto a tutti. La storia più avanti, se Catanzaro politica di scrittura storia sarà meritevole, si incaricherà di comprendere e rappresentare bene quel breve ma importante periodo, che ha cambiato radicalmente il corso degli eventi, e il cammino di persone e istituzioni. Ma in quella storia Michele resterà un grande protagonista. Resta la domanda che anni fa si fece Matteo Cosenza alla presentazione del mio libro sulla Politica:” Cosa sarebbe stata la Città Capoluogo, se il risultato elettorale fosse stato diverso. Diverso sarebbe stato senza l’intelligenza è il coraggio di Michele.” È una domanda che sono certo si sarà posto più volte lui stesso. Ma resterà senza risposta. Ovvero, quella che solo Michele con la sua intelligenza e il suo intuito politica avrebbe saputo dare. Una cosa è certa, egli è stato un grande innovatore. Un coraggioso attore di processi di cambiamento reale degli spazi politici. E anche della classe dirigente. Ognuno trarrà i giudizi liberi e soggettivi su questo.
Ma unanime sarà il riconoscimento di queste straordinarie sue qualità. Si è detto tanto della sua azione politica. E tanto dalla sua capacità di governo. Ma lui non era solo l’amministratore più pragmatico. L’uomo del fare. Era un politico vero. Quello che al fare faceva precedere la visione del futuro. Il disegno della nuova realtà sulla vecchia. Idea e braccia. Questo era Michele. Infine, ma non per finire di dire ché si potrebbe state ancora ore, la qualità più importante. Amava le istituzioni. Le rispettava. Le rappresentava con dignità e onore. Michele era uomo delle istituzioni. Le due fasce sulla base e i tre gonfaloni a un metro, ne sono la più degna e coerente testimonianza. Sento ancora forte la commozione anche per questa immagine. Che dovrebbe restare impressa nella mente dei i giovani e dei non più giovani, per comprendere e imparare che la Politica è servizio. Alla gente. E che il primo compito di chi la vive è l’amore per le istituzioni. Chi fa questo ama e serve la Democrazia.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736