Franco Cimino: "Silvia, la nuova prigionia e quel processo pubblico che la vorrebbe morta nel cuore"

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images Franco Cimino: "Silvia, la nuova prigionia e quel processo pubblico che la vorrebbe morta nel cuore"
Franco Cimino
  12 maggio 2020 22:33

di FRANCO CIMINO

“Se non ci fosse andata; ma chi gliel’ha fatto fare; se è stata trattata bene vuol dire che a lei piaceva; si è convertita all’Islam, quindi fiancheggia i terroristi; è stato pagato un riscatto, di sicuro saranno andati a un suo amante; ha detto che vuol tornare in quei luoghi, di sicuro vorrà rivedere i suoi “ amici” terroristi e forse prendersi la parte del riscatto e chissà se non anche un figlio ché in diciotto mesi il tempo c’è stato;sta bene in salute, quindi ha fatto una bella vacanza; e, quel sorriso insistente? vuol dire che è contenta del tutto vissuto o che si sta prendendo beffa del suo Paese; ma l’Italia è ancora il suo Paese?” Sono le cose più brutte che circolano nell’etere dell’idiozia prima che dell’odio, e che dai salotti televisivi(dove “ gridaioli e gridazzari-dal catanzarese-di professione ben pagati sputano veleno al posto delle parole), alla rete ballano sulla innocenza di una ragazza italiana che ha sognato che anche dalle sue mani potesse nascere il mondo nuovo.

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È l’Italia nella sua parte più piccola, che non solo ha paura della bellezza, e della bellezza di Silvia, come dice il mio amico, intellettuale pulito, Luigi Guzzo, ma ha paura di se stessa cambiabile. Ha paura, questa piccola italia, dominante pur se minoritaria, di trovarsi un giorno diversa e di non poter più scaricare le proprie frustrazioni, i propri complessi di inferiorità, la propria rabbia, la propria sconfitta, le proprie delusioni, sugli altri. Sui diversi. Sull’originale umano. Sulla Bellezza. Esorcizza, pertanto, questa paura, criminalizzando l’altro e negando la bellezza. Questa Italia piccola ha bisogno sempre di un colpevole per non trovarsi colpevole. Di scaricare le responsabilità per non assumersi la responsabilità. Questa piccola Italia- vedetela in rappresentanza caricaturale nei talk show,- vorrebbe restare bambina. Invece è solo capricciosa e immatura. Direi, forse anche stupida se non avesse quella furbizia con cui evita le conseguenze dei propri dannosi gesti. E non paga mai. “Se non fosse andata... non le sarebbe capitato quel che forse le sarebbe capitato se fosse vero”. Mi sembra di vederli dentro una filosofia da mercatino. Siccome questo insinuare, colpevolizzare, dubitare, è rivolto verso una donna, mi fa tornare in mente quelle frasi che addirittura, alcuni anni fa , fecero sentenza nei confronti di una accusa di stupro. La ricordate? “ Aveva i jeans stretti, era consenziente”.

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Quella ragazza, allora, fu trascinata in un bosco nero e coperta da un corpo mastodontico con in mano un coltello luccicante nel buio. E le parole della strada per altre violenze sessuali? Eccole, sono scolpite nell’aria pungente d’inverno:” aveva la scollatura troppo larga che le si vedeva il seno; e quella gonna tappo corta o quella veste troppo provocante”. Le ricordate? La colpa è sempre della donna. Badate, però, che questo mostro concettuale, non si ferma su questa superficie. C’è ancora sotto qualcosa. Un qualcosa che riguarda gli altri, ciò che è diverso da questa piccola Italia. Riguarda tutto ciò che si distingue dall’ordinario. Riguarda il coraggio che questa Italia non ha. Il sogno che questa Italia, non coltiva. La speranza che questa Italia nasconde. La purezza dei mondi altri, che questa Italia nega. La volontà di questi esseri umani lontani, che questa piccola Italia, cancella insieme ai diritti umani che portano con sé. La colpa, insomma, è della Bellezza e dei cercatori di Bellezza.

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Oggi è il turno di Silvia, che non è la prima e non sarà l’ultima, purtroppo. La si vuole colpevole ti tante cose. Anche della sua liberazione, avvenuta su una linea che lo Stato italiano(entrando anche in duro conflitto con Inghilterra, Francia, Germania e gli Stati Uniti che hanno un’altra strategia sul tema dei sequestri), segue da sempre, sia con i governi di centrodestra sia con i governi di centrosinistra. È una linea corrispondente esattamente alla cultura del nostro popolo, maturata nella morale cristiana, costruita nelle due battaglie per l’uomo, quella risorgimentale e quella resistenziale. E statuita nella Costituzione, la nostra, la più bella del mondo. Questa linea segue un percorso, storico e politico, antropologico e religiosamente filosofico, se così possiamo dire.

È il percorso della vita, nel principio che vivere è libertà e libertà di vivere. In atti concreti dell’agire politico. Tutto questo altro non significa che dovunque la vita sia in pericolo, compito della società è adoperarsi per salvarla. Una sola vita per l’intera vita della società. Si badi bene e ci si regga forte: non una vita in cambio della vita di tutti, ma l’intera società è nella vita di uno solo dei suoi componenti. Questa è lo spirito che anima la grande Italia, l’Italia che si è fatta dal suo stesso sangue, costruendo il principio della sacralità della vita attraverso anche il sacrificio di tanti morti. Quanta Bellezza c’è in tutto questo! Una Bellezza che spaventa, inquieta, tormenta. Ma non interroga. La mancata domanda è il più grande dei nostri problemi. Ne pongo, allora, io una, adesso: si vuole rifiutare questa cultura e il principio in essa contenuto? Si vuole modificare la linea italiana rispetto ai sequestri della vita?

Bene, lo si dica. A me il solo tentativo procura dolore e, questa sì, paura. E non si venga strumentalmente a riproporre la drammatica vicenda Moro, ché forte è il senso di colpa in cui si trascina il Paese e il mio cuore in esso. Fino a quando la nostra sensibilità collettiva e il senso democratico della nostra Repubblica con il lungo cartello di valori umani, non saranno modificati, bisogna avere rispetto per gli avvenimenti e per comportamenti umanitari. Se ci riesce, e qualcuno ancora potrebbe, si gioisca per la vita che viene salvata. Se il rancore e la frustrazione, fossero proprio radicati, lo ripeto, si resti in silenzio.

Per rispetto non solo, come in questo caso, di una ragazza di ventitré anni che si è salvata prima da se stessa e poi con l’intervento del suo Paese, ma della vita. E di quella famiglia che ha duramente sofferto per la paura di poterla perdere. Magari perché lo Stato ha voluto risparmiare quattro milioni di euro quale arma micidiale per sconfiggere il terrorismo più cattivo e potente che vi sia nel mondo. Diciotto mesi di prigionia in una terra non certo “ fertile” e ospitale sono un tempo infinito. Noi dalle nostre comode case, con i nostri figli al sicuro, non possiamo neppure immaginare come siano stati carichi di sofferenza, anche più duramente psicologica. Silvia si è però difesa. Lo ha fatto attraverso dei fogli, bianchi e inchiostrati. Sui primi, ha scritto il suo diario giornaliero. Ne ha fatto il suo migliore amico. Gli avrà parlato, si saranno parlati. In esso avrà trovato suggerimenti e forza sul come affrontare quel tempo senza orologio né calendario. Sui fogli scritti dentro un vecchio libro chiamato Corano, vi ha letto la parola ispirata da Dio. Ad essa ha fatto ricorso per trovare il senso della vita nella sua prospettiva terrena e ultraterrena. E la forza, quella dello spirito, con la quale voli se stai ferma e cammini sul mare se non hai una barca per navigarlo. Perché se voli e navighi e cammini, con Dio in cuore, non muori e la Bellezza negli esseri umani troverai sempre.

A chi si scandalizza della nuova fede di Silvia, del suo nuovo libro della Legge e della Parola, e del suo abbigliamento troppo coperto e di quel colore verde che lo dipinge, dico umilmente, perché lo dico a me stesso anche, di fare nel nostro campo la stessa cosa, leggere la Bibbia, viverla dentro e professarla nella chiesa e nella vita quotidiana.

 

 

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