Franco Cimino sul 2 giugno, "festa della vita, della democrazia e della speranza"

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Franco Cimino sul 2 giugno, "festa della vita, della democrazia e della speranza"
Franco Cimino
  02 giugno 2020 23:21

di FRANCO CIMINO

Quel giorno di settantaquattro anni fa non fu solo un giorno straordinario, unico e irripetibile. Fu molto di più. Più di un referendum storico, che avrebbe cambiato l’assetto istituzionale del Paese e lo spirito stesso che lo animava. Fu addirittura molto più che la votazione per l’elezione dell’Assemblea che resterà per sempre la più importante della storia politica italiana, la Costituente. Fu più ancora dell’evento storico tra i più importanti in assoluto, il suffragio universale che dava il voto alle donne, che per la prima volta votarono il due e tre giugno del 1946. Che fosse assai di più di tutto questo, il primo a capirlo fu il re “ di maggio” quel giovane Umberto II di Savoia a cui il padre, Vittorio Emanuele III, uomo “ piccolo” in tutto, caricò sulle spalle il peso di colpe gravissime e inemendabili.

Banner

Quel giorno nasceva, in stretto collegamento con il vicinissimo 25 Aprile, l’Italia democratica e antifascista, dove antifascista non significava il rafforzamento di un valore in sé pieno di tutti i principi fondamentali della libera convivenza. Significava soltanto la distinzione del suo essere Stato democratico nella ferma memoria di ciò che per vent’anni terribili ha subito il nostro Paese. Infatti, la Costituzione, che nel cielo fu scolpita, ha trovato il modo in ogni suo articolo, oltre che più formalmente nelle disposizioni transitorie e finali, di ricordarcelo sempre e di segnalarlo ai giovani di ogni futuro in modo che tutti sempre conoscano il percorso compiuto dalla nostra Democrazia e di che lacrime dolore e sangue essa si compone. Il re Umberto respinte, dicono decisamente, le sollecitazioni dei suoi più stretti adepti a resistere al risultato del referendum, capì due cose inoppugnabili: che opporsi a una volontà popolare chiara e pulita sarebbe stata una scelta scellerata e stupida; che la Repubblica o è democratica o non è. Ovvero, che la Democrazia o vive nella Repubblica o non è.

Banner

Insomma, che Monarchia e Democrazia sono inconciliabili. Incompatibili, non potendo mai concepirsi che vi sia un solo uomo che governi senza il rinnovato consenso del popolo, una sola autorità che non sia espressione della volontà popolare, un uomo che sia, per diritto ereditario per giunta, al di sopra del popolo, più in alto del popolo, più forte delle istituzioni e di tutti gli organismi statuali messi insieme. La fuga vigliacca di Vittorio Emanuele e l’addio immediato all’Italia di Umberto, rappresentano la vera testimonianza a favore di quelle ragioni e il più autentico riconoscimento della forza pulita e vivificante della Democrazia. Che bello, no? Chi se lo ricordava più o quanti l’avranno appreso mai? Oggi è la festa della Repubblica, non solo perché ce lo indica il calendario nel giorno in cui è stata fissata, ma perché ce lo dice ogni giorno la storia che ci cammina accanto, il sangue che ci scorre dentro, lo spirito della libertà che respiriamo nell’aria.

Banner

Oggi è due volte festa, non solo perché abbiamo potuto celebrarla dopo molte settimane in cui abbiamo temuto di non poterlo fare. È festa, festa. Sì è la Festa, perché il suo giorno coincide con il primo vero giorno di ritrovata libertà degli italiani dopo settanta giorni di chiusura del Paese. Gli italiani, dentro tutti quegli impedimenti e costrizioni, hanno potuto assaporata il valore autentico di tante cose che avevano dimenticato e che sono parte integrante dei principi fondativi della Repubblica. Ne elenco solo alcuni, i più comuni: la difesa della vita, la tutela della salute e la cura di una grave malattia epidemica, il senso del dovere e la generosità, il coraggio e il sacrificio fino a quello più estremo, la solidarietà, il primato della persona e il riconoscimento della persona negli altri, il valore della scienza e della ricerca scientifica, la condivisone della sofferenza e dei sacrifici nel sostenerla, l’amore per la libertà, l’Europa come spazio umano e politico in cui riconoscersi quali componenti di uno stesso popolo che cammina sullo stesso sentiero.

E, ancora, lo spirito di Nazione nell’idea più grande di un pianeta che le “patrie” raccolga tutte e nel contempo le annulli, pur conservandole nella loro peculiarità culturale. E, ancora, la giustizia sociale. E l’eguaglianza tra i cittadini italiani e tra gli uomini di tutto il pianeta senza discriminazioni di alcun genere, specialmente di razza e di religione. E, ancora, il pluralismo di opzioni e di istituzioni, nel principio dell’autonomia che, nella immodificabile unità del Paese, esalti le energie e le qualità dei territori come delle comunità che li abitano. E, ancora, il lavoro, energia vitale della società, motore dell’economia, strumento per la creazione della ricchezza generale, anima creativa della persona che vive di se stessa e per l’amore degli altri. La Politica, strumento necessario alla Democrazia e antidoto contro la corruzione del potere. La Natura e l’ambiente che ne è cornice. E, per non finire, il punto d’approdo dell’azione umana e della stessa Politica, la Pace, l’universo nel quale tutti quei valori trovano compimento e la forma più solenne della Bellezza.

Abbiamo riscoperto, forse per la prima volta scoperto, l’Amore per l’Italia e la sua bellezza in quelle immagini che le televisioni ci inviavano nel tempo del dramma che ha spopolato luoghi e città. Abbiamo visto l’Italia che non conoscevamo. Abbiamo capito non solo la bellezza della unità del Paese, ma il valore della sua necessità di fronte ai pericoli che le si muovono contro, talvolta, come pure è accaduto da febbraio, anche da parti della politica e di territori troppo chiusi nei vecchi egoismi e nelle nuove paure. Oggi, è il giorno della ritrovata libertà e della speranza di poter sconfiggere, tutti insieme, la malattia che colpisce i corpi e il male conseguente che mina nel profondo la nostra economia e tutte le sicurezze che essa evoca. Questa speranza la si vede nel cambio di scena sui passi di quel grande uomo, Sergio Mattarella, nel quale tutti gli italiani sinceri e onesti si riconoscono. Il teatro è lo stesso, l’Altare della Patria. Il 25 aprile quella triste solitaria salita fino al monumento principale. Oggi, il Presidente non era solo. Non c’era la grande folla fin lungo il viale dei Fori Imperiali e il tripudio di forze in armi e umane festose dell’anno scorso.

C’era, però, il suono della speranza che si rinnova e persone, pur poche, che mostravano emblematicamente l’Italia democratica, quella che lotta per vivere e per vincere. Con Sergio Mattarella, simbolo egli stesso dei più alti valori della Repubblica, c’erano i simboli più belli della liturgia laica in cui il Paese intero si riconosce: le Frecce Tricolori nel cielo di Roma, la Bandiera italiana verde, bianco e rosso, il canto dell’Inno Nazionale e perfino, all’ingresso del Capo dello Stato a Codogno Monzese, la canzone del Piave, che mio nonno mi cantava quasi come ninna nanna, a ricordarci che la nostra Repubblica ripudia la guerra. Io mi sono commosso con lacrime vere.

Oggi è Festa. La festa della nostra Repubblica, la festa di tutti gli italiani (anche di quelli che l’hanno voluta svilire). Perché la Repubblica, nella sua casa della Democrazia, è di tutti. Anche di quelli che l’hanno combattuta o che ancora non la vogliono pienamente riconoscere. Viva l’Italia, libera e democratica! L’Italia di tutti. 

 

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner