Fratelli Corasoniti morti tra le fiamme a casa: la procura di Catanzaro chiede l'archiviazione

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images Fratelli Corasoniti morti tra le fiamme a casa: la procura di Catanzaro chiede l'archiviazione
I balconi del palazzo dove abitava la famiglia Corasoniti anneriti dalle fiamme
  10 settembre 2024 17:19

di TERESA ALOI

Gli elementi acquisiti nel corso delle indagini  per oltre due anni, non hanno consentito di formulare nè un reato nè tanto meno colpevoli. Si chiude così, con una richiesta di archiviazione da parte della Procura della Repubblica di Catanzaro, l'indagine sull'incendio avvenuto la notte tra il 21 e il 22 ottobre 2022 nel quartiere Pistoia di Catanzaro nell'appartamento abitato dalla famiglia  Corasoniti, in cui hanno perso la vita tre dei cinque figli: Mattia Carlo di 12 anni, Aldo Pio di 14 anni e Saverio Corasoniti di 22 anni, affetto da autismo(LEGGI QUI LA STORIA DI SAVERIO). 

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Fiamme e fuoco che "costrinsero" Vitaliano Corasoniti, 42 anni, alle cure ospedaliere a causa dell'intossicazione da fumo prima nel reparto di Rianimazione, per poi essere trasferito nel reparto di Medicina quando le sue condizioni migliorarono; la madre delle vittime Rita Mazzei alle cure ospedaliere a Bari e la sorellina  delle vittime, Zaira Maria a Napoli.

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Una tragedia attorno alla quale si ritrovò la città di Catanzaro in una gara di solidarietà  soprattutto per ridare serenità al nucleo familiare grazie ad una nuova casa. Non senza disagi, tuttavia. Ancora oggi, la bimba non è ancora completamente autosufficiente e Rita porta addosso i segni di quella terribile notte.

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Una notte illuminata dalle fiamme che si sprigionarono dalla sala dell'appartamento al quinto piano di uno dei tanti palazzi in Via Caduti 16 marzo 1978 per poi arrivare fino alle camere da letto. Lingue di fuoco che  avvolsero quelle tre giovani vite. I ragazzi più grandi, le squadre dei vigili coordinate dal funzionario Massimo Conforti, li  trovarono sul balcone, il più piccolo in bagno. Segno che non riuscirono, nonostante i tentativi a raggiungere la porta di casa per scappare. Con ogni probabilità erano nelle stanze da letto, poste alla fine dell'appartamento e quando si  accorsero delle fiamme provarono a scappare ma il fuoco lungo il corridoio li avrebbe "fermati" , chi verso il balcone, chi verso il bagno nella speranza di potersi salvare. Padre e figlio calati giù con la scala a ganci, la mamma e la figlia con la scala area: pur avendo montato il telo gonfiabile  era impossibile un salto dal quinto piano in quelle condizioni. 

Un "incendio generalizzato", lo definirono i vigili del fuoco subito dopo i primi sopralluoghi in quell'appartamento alla periferia sud. Ciò significa che le fiamme si formarono nello stesso momento in tutta la casa avvolgendo tutto. Chi, quella notte telefonò al Comando dei vigili del fuoco dando l'allarme - era l'1,12 -  raccontò di non aver sentito alcun boato. Nessuna esplosione in quella casa  a  quartiere periferico del capoluogo.   
LEGGI QUI LA CRONACA DI UN ANNO FA

Poi, le indagini. A tutto tondo. Per far luce sulla tragedia. "Si può affermare che l'incendio sia da ricondursi  ad un eccessivo surriscaldamento di apparecchi elettrici utilizzatori probabilmente conformi alle norme  ma con difetti di fabbrica ai sistemi di accumulo  in abbinamento ad un utilizzo non conforme  alle usuali prescrizioni del costruttore".

Dunque "l'incendio è da ricondursi  a un fenomeno elettrico combinato  con dispositivi di accumulo elettrochimico al litio  a supporto di apparecchiature  elettroniche  (Laptop o tablet) sotto carica la notte dell'incendio e non da un fatto umano". Così, scrisse Daniele Menniti, specialista in ingegneria elettrotecnica a cui la Procura di Catanzaro  affidò una consulenza per comprendere la natura e l'origine del rogo.

Quella tragica notte, scrisse  "risulta che nel soggiorno  vi erano tutte le notti  sotto carica 5  cellulari e 2 tablet  e soprattutto 6 laptop". Dunque,  - considerato che pare che alcuni tablet avessero difetti di ricarica -  l'origine dell'incendio  è stato,  al 75 per cento, causato  dallo scoppio  di una delle batterie  di uno dei 6 laptop o di due tablet in carica nella notte, probabilmente tutti custoditi all'interno dei cassetti  di un mobile, privi di ventilazione.   La "ragionevole certezza" che "l'incendio è da ricondursi a un fenomeno elettrico combinato con dispositivi di accumulo elettrochimico al litio a supporto di apparecchiature elettroniche sotto carica la notte dell'incendio e non da un fattore umano".

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