di STEFANIA PAPALEO
Quelle fiamme bruciano ancora nella mente dei titolari dei capannoni di Caraffa rimasti coinvolti nell'incendio che, nella notte del 15 novembre dello scorso anno, si è propagato dai locali dell'agenzia funebre "Inca Srl". E adesso bruciano ancora di più con l'inchiesta della Procura della Repubblica di Catanzaro che ha portato all'arresto proprio del titolare di quest'ultima impresa, Antonio Infusino, accusato di aver messo fuoco lui stesso al proprio capannone, con la complicità del titolare dei locali, Francesco Giannini, al fine di incassare il premio assicurativo previsto dal contratto stipulato con la "Groupama" e aumentato nel massimale proprio pochi giorni prima dell’incendino, per poter così pagare i fornitori ed avviare una nuova e più redditizia attività operante nel campo dei servizi funebri nel comune di Catanzaro.
Incendio doloso e fraudolento e danneggiamento di beni assicurati le accuse formulate a loro carico dal sostituto procuratore Stefana Caldarelli e rispetto alle quali gli indagati, comparsi stamattina davanti al giudice per le indagini preliminari, Gilda Danila Romano, hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, sulla base di una precisa strategia difensiva adottata per loro dai rispettivi difensori di fiducia, gli avvocati Francesco Giacobbe, Gregorio Viscomi e Maurizio Belmonte. Saranno i legali adesso a valutare se procedere o meno con un'istanza di scarcerazione da presentare al gip o, in un secondo momento, al Tribunale della Libertà.
Al centro del fascicolo, dunque, l'incendio che ha distrutto completamente i capannoni che ospitavano l'agenzia funebre di Infusino, con danneggiamenti gravi ad altri cinque capannoni situati nella stessa area industriale di Caraffa di Catanzaro, località Difesa, dove i carabinieri erano intervenuti tempestivamente con l'avvio delle indagini confluite negli arresti di venerdì scorso 1 marzo.
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