Furriolo: "Il vero tema sono le funzioni assunte dalle Regioni non immaginate dai padri costituenti"

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Marcello Furriolo
  21 gennaio 2024 15:11

di MARCELLO FURRIOLO 

Ci sono molti modi per definire il progetto di Autonomia differenziata in discussione al Senato e che porta il nome del ministro Calderoli che l’ha fortemente sponsorizzato. Ovviamente la fantasia degli oppositori in questi mesi si è sbizzarrita senza freni, all’insegna del catastrofismo più esasperato, prefigurando per l’Italia delle regioni gli scenari più apocalittici e distruttivi. 

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In questa kermesse dell’ iperbolico, se non dell’assurdo, si stanno distinguendo sicuramente i Sindaci, che disegnano il day after dell’approvazione della legge come il giorno del giudizio universale per la nostra democrazia e la nostra Costituzione.

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Non sono rimasti a guardare i Sindaci delle maggiori città calabresi, che si sono messi alla testa della protesta, con un tempismo forse discutibile, dal momento che in questa fase la partita si gioca giustamente nelle aule del Parlamento e non nelle sale dei Consigli Comunali.

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Un certo scalpore ha suscitato la dichiarazione del sindaco della Città Metropolitana di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà che, in un eccesso di entusiasmo e di fantasia, ha parlato dell’autonomia differenziata come di una moderna forma di Fascismo. In occasione della presentazione del libro di Gianfranco Pagliarulo, Presidente nazionale dell’ANPI ” Antifascisti adesso. Perché non è ancora finita.”  Falcomatà ha affermato che “ L’autonomia differenziata è un nuovo fascismo perché se è vero che il fascismo toglie la libertà, non garantisce i diritti per tutti, non consente ai territori di poter crescere insieme e svilupparsi, possiamo tranquillamente affermare che, oggi, un nuovo fascismo è rappresentato dalla riforma leghista”. 

Un concetto abbastanza estemporaneo e per nulla coerente intellettualmente e storicamente. Giuseppe è un giovane amministratore di grandi qualità umane e politiche, che legittimamente è tornato alla guida, con passione e intelligenza, di una città difficile come Reggio. Gli porto grande stima anche perché mi lega un ricordo estremamente forte con il papà Italo, indimenticato sindaco della speranza per la sua martoriata città, che seppe accogliermi a Reggio, nella mia fugace apparizione di Commissario dell’ASP, con grande rispetto per il mio gravoso impegno, senza mai interferire nel mio lavoro, ma sostenendolo con lealtà, affetto e intelligenza. Oggi, però, la questione dell’autonomia differenziata è diventata, per i limiti del pensiero leghista, che stenta a liberarsi dalla palingenesi del separatismo del Nord Est, un terreno di scontro radicale e spesso pregiudiziale da parte di una sinistra a corto di idee, di vera e credibile alternativa alla destra di Giorgia Meloni. Sicché il richiamo stereotipato allo spettro del fascismo è diventato la spia del vuoto politico e di pensiero. Se tutto è fascismo, per assurdo, niente è fascismo. E assai sterile rischia di diventare anche l’iniziativa dei Sindaci, che perdono di vista i reali problemi che assillano le loro comunità, lanciandosi nel mare largo dei temi generali, disconoscendo che la riforma in discussione al Parlamento, se approvato l’emendamento, assai caro al Governatore Roberto Occhiuto, di condizionare l’entrata in vigore dell’autonomia differenziata al totale finanziamento dei Livelli Essenziali delle Prestazioni uguali per tutte le regioni (si guardi ai LEA in Sanità), depotenzierà in radice gli effetti divisivi del disegno Calderoli. Ma il problema vero è che ai Sindaci, con in testa il Sindaco di Catanzaro, sfugge che il vero tema di una riforma che voglia ridisegnare, modernizzandolo, l’assetto istituzionale del Paese, nel rispetto autentico della Costituzione, deve ripensare al ruolo delle Regioni, che hanno acquisito funzioni e capacità gestionali proprie delle autonomie locali e certamente non immaginate dai Padri Costituenti. Questo sarebbe il vero terreno su cui esercitare la spinta riformista dei rappresentanti delle comunità locali. Troppo facile cavalcare una sterile protesta nominalistica su un pericolo immanente, rispolverando un vecchio meridionalismo, che la storia di questi anni ha purtroppo sepolto.  

Proprio in Calabria occorre avere il coraggio di affrontare il ragionamento in modo lucido e corretto, partendo dall’ amara considerazione che tutti i problemi che fanno della Calabria una realtà “diversa e marginale” persistono, non si sono ridimensionati dall’avvento del regionalismo in poi, malgrado non ci sia l’autonomia differenziata. I problemi della sanità si sono radicalizzati da quando la politica centralista e rigorista romana, di ogni colore politico, ha imposto il Commissariamento straordinario, togliendo capacità di programmazione delle risorse economiche, umane e strutturali legate al fabbisogno effettivo del territorio, alle tante professionalità locali; i disastrosi ritardi infrastrutturali (ferrovie e alta velocità, strade, autostrada, aeroporti) sono frutto delle scelte delle politiche nazionali, che hanno sempre considerato la Calabria periferia emarginata dello Stato padanocentrico; il modello di sviluppo imposto a questo territorio dalle politiche governative ha condannato le migliori risorse calabresi all’unica alternativa possibile per uscire dalla disoccupazione e l’emarginazione: la fuga senza ritorno, l’esatto contrario della “restanza”. Semmai bisogna ritrovare l’orgoglio di valorizzare quanto di positivo in questa terra si sta realizzando e sta emergendo anche all’attenzione nazionale e internazionale. Hanno ragione Paride Leporace e Filippo Veltri, quando affermano con acuta lucidità il grande significato come modello di impegno e di progettualità legato, ad esempio, a realtà come il Porto di Gioia Tauro, che se non mortificato dalle fumisterie nord europee può consolidarsi come hub primario della nuova geopolitica mondiale. E l’Unical di Cosenza-Rende, ma aggiungo anche l’UMG di Catanzaro e la Mediterranea di Reggio Calabria, che ha raggiunto una dimensione scientifica e culturale planetaria ed è stata scelta come luogo di lavoro e di ricerca da una figura come Georg Gottlob, il “ re dell’informatica”, che ha lasciato Oxford per vivere e continuare in Calabria, “terra bellissima”, i suoi studi e l’insegnamento sulla Intelligenza Artificiale, grazie alla quale “ si possono raccogliere pensieri delle persone e rielaborarli in maniera intelligente “. Tutto questo può avvenire in Calabria, oggi, grazie all’iniziativa delle migliori intelligenze, che non hanno avuto paura di pensare in grande, di confrontarsi e mettersi in gioco su un palcoscenico immenso come la voglia di cambiamento che pervade le coscienze e le sensibilità di migliaia di giovani calabresi. 

E tutto questo prescinde dall’autonomia differenziata. Anzi verrebbe voglia di dire che, garantito il diritto al raggiungimento dei livelli essenziali di prestazioni uguali per tutti, maggiore autonomia politica e amministrativa, riscoprendo magari il pensiero di Don Luigi Sturzo, può diventare la vera sfida vincente dei calabresi del terzo millennio.

 

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