Giuseppe Napoli e il dopo Coronavirus: "I nuovi spazi del riformismo"

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images Giuseppe Napoli e il dopo Coronavirus: "I nuovi spazi del riformismo"
Giovanni Napoli
  29 aprile 2020 23:17

 

di GIUSEPPE NAPOLI

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Il grande tema che si porrà dopo l’emergenza sanitaria, che l’Italia e il mondo stanno vivendo, riguarderà la politica. 

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 La prova, alla quale il Paese è da mesi sottoposto, ha evidenziato limiti nell’azione di governo che - tagliando fuori il Parlamento, inopinatamente silente - ha fronteggiato con grande ritardo un’inedita gravissima emergenza, le cui proporzioni e ricadute non sono ancora completamente calcolabili, giungendo con produzione normativa (legislativa d’urgenza e troppo spesso amministrativa emergenziale) a condizionare, seppur temporaneamente, i più elementari diritti umani.

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 La crisi da coronavirus può e forse deve essere l’occasione per ripensare come potrà essere l’Italia, cogliendo le recepite aperture al diffuso utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici di comunicazione.    

Si è aperto il dibattito sulle prospettive delle fasi successive all’emergenza epidemiologica.  Ripristinare l’Italia che abbiamo conosciuto con tutti i limiti e le disfunzioni note oppure avviare un nuovo cantiere di idee? Aggiustare i vecchi attrezzi di cui disponiamo o viceversa progettare una nuova contemporaneità? Riproporre lo scontro tra europeisti e antieuropeisti, che impantana il confronto politico e istituzionale o piuttosto aprire la discussione sull’utilizzo più funzionale delle risorse finanziarie che l’Europa,presto o tardi, erogherà per consentire all’Italia (e non solo) di affrontare il dopo-coronavirus?

 Si impone, invero, un serio ripensamento del welfare, a partire dalla sanità - il cui sistema pubblico ha retto grazie al sacrificio di medici, infermieri e personale socio-sanitario -piegata da una lunga stagione di privatizzazioniche, specie in alcune realtà regionali, ha messo in tragica evidenza tutti i propri limiti, proprio in coincidenza dell’epidemia COVID-19; dalla scuola che ha offerto, nitidamente, in questi mesi di pandemia, i vistosi ritardi del mancato decollo della digitalizzazione; dalle attività imprenditoriali, che stanno soffrendo più di altri settori gli effetti dell’epidemia, ma che dovranno introdurre modalità di sicurezza ulteriori nei processi produttivi; dalle infrastrutture che denunciano trent’anni di mancati investimenti pubblici e privati resi, plasticamente, evidenti in occasione della funesta caduta e della necessaria ricostruzione del “Ponte di Genova”; dalla svolta ambientalista e culturale che tarda ad affermarsi nel nostro Paese; dal turismo che risente del mancato sostegno pubblico e degli ostacoli che ancora si frappongono all’ordinato sviluppo territoriale; dalla qualità della vita nelle città e nei borghi.

 Analogamente, è tempo di una riflessione sull’articolazione territoriale della Repubblica ed in specie sul livello regionale di governo; dopo cinquant’anni di esperienza istituzionale e politica si avverte, infatti, l’esigenza di misurare l’efficacia del decentramento di attribuzioni statali e di verificare la possibilità di conseguire, nelle migliori condizioni, gli obiettivi di partecipazione e di cittadinanza.

A ben vedere l’esplosione dell’emergenza epidemiologica, pagata al prezzo della vita per centinaia di migliaia di persone nel mondo impone, ovunque, una profonda e non rinviabile riconsiderazione del sistema sociale ed economico, modificando le gerarchie delle priorità che a lungo hanno dominato le politiche nazionali ed internazionali. 

 Si sono aperti, a ben guardare, spazi inimmaginabili di confronto delle idee che, per orientare e guidare, pretendono competenza, adeguatezza, autorevolezza, passione civile e politica che, purtroppo, non si intravedono nella stragrande maggioranza delle classi dirigenti politiche, ad ogni livello.

È tempo, dunque, di un riformismo autentico, capace di coniugare meriti e bisogni, di risollevare il livello del confronto politico, di innovare sul terreno delle proposte senza riavvitarsi nelle polemiche passatiste, che finirebbero per disperdere le energie e le risorse intellettuali in discussioni infruttuose, che non appassionano più.

Il Paese, oggi più di ieri, ha bisogno di saperi e velocità. Se riusciremo a fare sintesi potremo inaugurare una stagione migliore. 

 

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