Giustizia in crisi: l’ordinanza di Verbania riapre il tema dell’equilibrio tra indagato e persona offesa

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images Giustizia in crisi: l’ordinanza di Verbania riapre il tema dell’equilibrio tra indagato e persona offesa
L'avvocato Maria Claudia Conidi
  04 ottobre 2025 13:43

di M. CLAUDIA CONIDI RIDOLA*

Il Tribunale di Verbania ha recentemente sollevato una questione di legittimità costituzionale di grande interesse: l’assenza, nel nostro codice di procedura penale, di una disciplina che preveda il rimborso delle spese legali sostenute dall’indagato nel caso in cui l’opposizione della persona offesa all’archiviazione risulti infondata.
La vicenda nasce dalla denuncia di una cittadina, proprietaria di una villa in un comune montano, la quale, a seguito di un’alluvione che aveva reso impraticabile l’accesso alla sua abitazione, lamentava l’inerzia del Sindaco e del Comandante della Polizia Locale. Li accusava di omissione di atti di ufficio e violenza privata, poiché non avrebbero garantito un ripristino tempestivo della strada di accesso.
Il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione, ritenendo che l’amministrazione fosse stata impegnata in attività di emergenza ben più gravi e complesse, e che non vi fosse alcun dolo nei comportamenti contestati. La querelante, però, si è opposta a questa archiviazione, chiedendo ulteriori indagini. Il giudice, dopo aver ritenuto infondata l’opposizione, ha posto un tema più ampio: quello della tutela dell’indagato.
Il problema che ha posto il giudice di Verbania merita attenzione.
Quando una persona offesa si oppone all’archiviazione, la legge prevede un contraddittorio davanti al giudice. In questo passaggio, l’indagato è obbligato a farsi difendere da un avvocato: ciò comporta costi e oneri che, se l’opposizione si rivela infondata, ricadono interamente sull’indagato. La legge, però, non prevede che tali spese possano essere rimborsate.
Il giudice di Verbania ha rilevato un possibile squilibrio: da un lato, la persona offesa può liberamente esercitare il proprio diritto di opporsi, anche senza l’assistenza di un difensore; dall’altro, l’indagato è obbligato a sopportare le spese per tutelarsi. Ne deriverebbe una disparità contraria ai principi costituzionali di uguaglianza (art. 3) e di effettività del diritto di difesa (art. 24).
L’importanza del controllo sull’azione penale che è obbligatoria,anzi dovrebbe esserlo,esige solerzia da parte di chi si sente ingiustamente offeso.
L'opposizione all’archiviazione non è un capriccio del legislatore. È uno strumento di garanzia. Nel nostro ordinamento, l’azione penale è obbligatoria: ciò significa che il pubblico ministero deve agire ogni volta che vi siano elementi sufficienti per sostenere un’accusa in giudizio. Se la persona offesa ritiene che il PM abbia valutato male i fatti o non abbia indagato a fondo, ha diritto di chiedere al giudice un controllo. È un meccanismo che serve a garantire che nessuna inefficienza o superficialità da parte della Procura lasci impunito un reato.
Da ciò però è necessario tener presente che esistono 
due diritti paritetici da bilanciare.
La questione, dunque, non è negare alla persona offesa questo diritto di controllo. Sarebbe un grave arretramento. La vera sfida è bilanciare i diritti in gioco:
quello della persona offesa, che deve poter pretendere un’indagine seria e completa;
quello dell’indagato, che non può essere gravato da costi ingiusti derivanti da iniziative infondate.
Il giudice di Verbania ha quindi chiesto alla Corte costituzionale di valutare se sia conforme alla Costituzione lasciare questo squilibrio, oppure se sia necessario prevedere una forma di ristoro per l’indagato, analogamente a quanto avviene in altri ambiti processuali.
Ciò induce invrero a una riflessione più ampia.
Il dibattito che si apre non riguarda solo questo caso specifico. Si tratta di interrogarsi su come garantire una giustizia equilibrata, in cui nessun diritto resti schiacciato dall’altro. La persona offesa deve poter vigilare sull’operato del pubblico ministero, ma l’indagato non può essere esposto a spese e danni morali senza alcuna tutela. La Corte costituzionale sarà chiamata a trovare questo punto di equilibrio.
Questa vicenda, inoltre, mette in luce una realtà più profonda: la crisi strutturale della giustizia italiana. Da un lato, le carceri soffrono di un sovraffollamento cronico; dall’altro, le Procure sono sommerse da indagini e fascicoli, spesso a causa di un organico insufficiente e di un proliferare di denunce e procedimenti che la legge impone di trattare d’ufficio. Questo genera inefficienze, ritardi, e alla fine produce un malessere diffuso che ricade sui cittadini. Non di rado, infatti, le Procure – oberate da un numero eccessivo di fascicoli e da un organico insufficiente – finiscono per chiudere frettolosamente le indagini, senza approfondire adeguatamente i fatti. Un po' come avviene con il sovraffollamento delle carceri, anche gli uffici giudiziari si trovano a gestire un "sovraffollamento" di procedimenti, che li rende carenti di risorse e incapaci di garantire tempi e qualità adeguati delle indagini. Spesso, infatti, gli uffici di Procura non riescono ad essere efficienti proprio perché oberati: l’organico ridotto deve fronteggiare un sovraccarico di indagini e di fascicoli, con un numero di indagati paragonabile al sovraffollamento delle carceri.

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Un sistema così appesantito denuncia un malessere profondo, in cui la giustizia rischia di andare alla deriva, incapace di far fronte al proliferare delle azioni penali obbligatorie. Questo squilibrio porta con sé un ulteriore paradosso: le indagini, schiacciate dal peso dei fascicoli, diventano spesso carenti e superficiali. Ecco perché il diritto di opporsi a una richiesta di archiviazione assume un valore fondamentale, perché consente di sollecitare un controllo effettivo sull’operato delle Procure. Ma tutto ciò fotografa anche un grave disagio della comunità, che vive dentro un sistema al declino, in cui la pressione sociale ed economica spinge talvolta i cittadini a compiere azioni illecite per far fronte a condizioni di disagio esistenziale sempre più diffuse.

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Un appello alla fiducia

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In un contesto economico in cui le famiglie devono già affrontare enormi difficoltà per sopravvivere e gestire una vita sempre più complessa, anche il malfunzionamento della giustizia diventa un peso ulteriore. Per questo, il richiamo del giudice di Verbania deve essere colto non solo come un atto tecnico, ma come un invito a ripensare il sistema nella sua interezza. Una giustizia che non riesce ad essere efficiente, equilibrata e accessibile rischia di tradire proprio quella fiducia che è alla base del patto tra Stato e cittadini. È necessario uno sforzo comune, legislativo e istituzionale, per restituire credibilità a un sistema che oggi appare fragile e distante dalla vita reale della gente.

*avvocato

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