Gualtieri: "Miracoli d’estate e fanghi d’inverno. Viaggio nella narrazione magica della burocrazia ambientale calabrese”

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images Gualtieri: "Miracoli d’estate e fanghi d’inverno. Viaggio nella narrazione magica della burocrazia ambientale calabrese”
Bruno Gualtieri
  04 luglio 2025 14:35

di BRUNO GUALTIERI (*)

 

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C'è una Calabria che ogni giorno fa i conti con l’inerzia amministrativa, i progetti bloccati e le procedure europee ancora tutte aperte. E poi c'è la Calabria di Letizia Varano: un luogo fiabesco, dove il Dipartimento Ambiente e Territorio agisce come un mago buono, trasformando infrazioni in successi, fognature in fontane, inquinamento in turismo balneare. Peccato che questa visione idilliaca assomigli più a una saga fantasy che a un rapporto dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

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Nel suo recente articolo, la Varano ci presenta un Dipartimento che, a suon di “somme urgenze”, ordinanze estive e tavoli permanenti, starebbe riportando ordine là dove regnava il caos, evocando milioni di euro spesi, database all’avanguardia, progetti integrati, monitoraggi, controlli remoti, digitalizzazione gestionale. Tutto molto moderno, tutto molto rassicurante. Ma qualcosa non torna.

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Come ho documentato negli articoli Calabria e depurazione: una battaglia da vincere, oggi e Infrazioni europee senza fine, il quadro è ben diverso. La Calabria conta ancora 188 agglomerati fuori norma, un dato che ci colloca al secondo posto in Italia per infrazioni nel trattamento delle acque reflue. La procedura d’infrazione 2017/2181 è tutt’altro che risolta. E gli obblighi europei – quelli veri, non quelli annunciati nei comunicati stampa – restano disattesi: mancano i controlli automatizzati, la validazione indipendente dei dati, un catasto degli impianti completo. L’audit di conformità – condizione indispensabile per uscire dall’infrazione – non è mai stato nemmeno avviato.

Di fronte a questi fatti, i racconti entusiasti sui “successi balneari” ricordano più un volantino elettorale che un’analisi tecnica. L’abuso delle “somme urgenze” genera solo l’illusione di un dinamismo amministrativo che non esiste, alimentando una gestione emergenziale ciclica: ordinanze dell’ultima ora, fondi di salvataggio, interventi-tampone. E poi, puntualmente, acque inquinate, turisti delusi e cittadini infuriati.

A tutto questo si aggiungono pratiche quantomeno discutibili nella gestione delle risorse pubbliche: ogni anno vengono spesi circa 15 milioni di euro per interventi estivi su depuratori già affidati, per contratto, alla gestione dei Comuni. Il risultato? Erogazioni che si sommano agli affidamenti esistenti, acquisti in somma urgenza di prodotti spesso irreperibili sul mercato e consegnati quando la stagione balneare è ormai conclusa, con costi che in alcuni casi raddoppiano rispetto ai prezzi di mercato. In altre parole, una gestione che fatica a reggere alla prova della logica, prima ancora che a quella della trasparenza.

Nel frattempo, il Piano d’Ambito approvato da ARRICal nel settembre 2024 – lo strumento tecnico che dovrebbe guidare con razionalità gli investimenti, basandosi su carichi inquinanti e obblighi normativi – resta bloccato proprio dal Dipartimento, che continua ad agire come se detenesse competenze operative ormai superate dalla riforma. Ne derivano ritardi, convenzioni non firmate, risorse non trasferite. Un cortocircuito istituzionale che paralizza il sistema, in barba alla legge e al buon senso.

Eppure, nella narrazione parallela della Varano, tutto sembra procedere a meraviglia: bastano una manciata di ordinanze, qualche tavolo permanente e un’app di monitoraggio per restituire limpidezza al mare e credibilità alla Calabria. Peccato che, mentre si esalta il “Progetto CEWS” e si elogia la “reingegnerizzazione del comparto depurativo”, le stesse criticità denunciate nel 2012 siano ancora tutte lì. Alcune peggiorate, altre semplicemente camuffate con titoli nuovi.

Il rischio è che l’obiettivo “mare pulito” si trasformi in una scenografia stagionale, utile solo a superare indenne il mese di agosto, senza toccare le cause profonde del problema.

Ancora più grave è la gestione delle risorse disponibili: i progetti già finanziati da anni restano lettera morta, in parte ostacolati dal Dipartimento, in parte duplicati dalla delibera CIPES n. 79/2021, che ha generato una sovrapposizione tra interventi vecchi e nuovi. Non è difficile intuire che il Dipartimento intenda riproporre proprio quei progetti “a scorrimento” – spesso dubbiosi per genesi e modalità di finanziamento – nel tentativo di rimetterli in gioco. Tentativo sinora respinto, poiché tali interventi non rientrano tra le priorità del Piano d’Ambito, costruito sulla base di criteri oggettivi, come le infrazioni europee e i carichi inquinanti. Così il Dipartimento resta in attesa: paziente, certo, ma anche in cerca di compiacenze che consentano di far avanzare interventi redatti dagli amici, al di fuori di ogni logica trasparente e meritocratica.

Forse è anche per questo che, da oltre un anno, il Dipartimento si sottrae alla firma della convenzione con ARRICal, necessaria per trasferire competenze e fascicoli utili all’attuazione degli interventi programmati. E così, mentre si parla di “standardizzazione dei processi gestionali”, si bloccano i cantieri proprio nei territori più colpiti dalle infrazioni comunitarie, oltre a lasciare in sospeso numerosi interventi già finanziati e fermi da anni, molti dei quali risalenti al periodo pre-Covid e oggi in attesa di adeguamento dei prezzi.

Una contraddizione evidente, che finisce per tutelare interessi estranei a quelli della collettività calabrese.

La Calabria resta impantanata in un sistema che confonde l’eccezione con la regola, la comunicazione con la soluzione. A pagare il conto sono sempre i cittadini: servizi inadeguati, sanzioni europee, perdita di credibilità istituzionale. E mentre per chiudere una procedura d’infrazione servirebbero due anni di conformità documentata, o sei mesi per i casi meno complessi, non si muove foglia. Anzi, si continua a ostacolare proprio quegli interventi che il Piano – redatto sulla base dei dati del Dipartimento stesso – aveva chiaramente indicato come prioritari.

È tempo che la realtà si riprenda il suo posto nel dibattito pubblico. Perché l’acqua, come il futuro, non può restare un miraggio mediatico. Servono trasparenza, competenza, coraggio. Non bastano più gli slogan.

La verità non ha bisogno di effetti speciali. Ha bisogno di fatti. E in Calabria, purtroppo, i fatti sono ancora tutti da realizzare.

Con la speranza che la politica si affidi agli atti – quelli veri – e non alle mezze verità della burocrazia. E che finalmente faccia piazza pulita.

(*) Già Commissario Straordinario dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria (ARRICal)

 

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