Al netto delle poche righe del comunicato stampa di Palazzo Chigi, la dichiarazione dello stato di emergenza sulla "situazione di criticità in atto concernente il sistema ospedaliero della Regione Calabria" è una sorta di compromesso fra i desiderata del presidente-commissario Occhiuto e il governo. La sostanza - in attesa di conoscere l'atto ufficiale - è che sull'edilizia sanitaria, e principalmente sulla costruzione dei "nuovi" (fra molte virgolette) ospedali, ci saranno meno legacci burocratici poiché saranno attivati i poteri straordinari da Protezione civile. Un 'super-commissariamento' che, con ogni probabilità, sarà affidato allo stesso Occhiuto.
C'era già stata una traccia. Infatti, fra i recenti emendamenti a provvedimenti nazionali 'suggeriti' dal capo della Regione ce ne era uno che, per l'appunto, costruiva la figura di un commissario straordinario per l'edilizia sanitaria. Con la decisione del Consiglio dei ministri si va in quella direzione, sebbene con una strada parallela. I precedenti nazionali fra post-terremoti e post-alluvioni non incoraggiano, ma evidentemente i ritardi accumulati sui progetti dei nuovi ospedali calabresi necessitavano di un'azione giuridicamente forte.
Può essere il prodromo dell'uscita dal commissariamento della sanità regionale? Per logica, no. Una situazione straordinaria e poteri eccezionali per un settore importate come l'edilizia sanitaria è la spia che le cose non sono 'ordinarie'. Nella pratica, probabilmente sì. La Calabria 'avrebbe' i conti in ordine da qualche anno ma resterebbe inadempiente sui livelli essenziali di assistenza (per l'anno 2023, ad oggi in due aree su tre). Se tecnicamente non ci sarebbero tutti i requisiti, potrebbe prevalere la legittima scelta politica di un commissariamento statale troppo lungo e poco efficace (come detto dalla Corte Costituzionale) favorita da un governo centrale e regionale dello stesso colore politico. (g.r.)
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