Il Consiglio di Stato conferma l'interdittiva antimafia per una ditta veneta di trasporti gestita con l'aiuto di commercialisti legati alla 'ndrangheta

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Parco camion
  19 maggio 2020 18:34

di PAOLO CRISTOFARO

LA BUSSOLA DELLE 'NDRINE CHE PUNTA A NORD E IL BUSINESS DA CAPOGIRO DELL'AZIENDA DI TRASPORTI

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E' l'ennesima storia che ci testimonia il potere e il grado di infiltrazione e di espansione della 'Ndrangheta calabrese in tutta Italia. Un racconto non inventato, non supposto, ma emerso delle sentenze dei giudici che hanno passato al vaglio le informative della Prefettura di Verona, che nei confronti di un'azienda di trasporti operante in tutta Italia, ma con sede al nord, ha emesso un'interdittiva antimafia adducendo gravi elementi a carico della compagine amministrativa aziendale.

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Un business da capogiro, con guadagni, nel 2016, di 11 milioni di euro, resi possibili soprattutto da importanti commesse pubbliche e private, con un parco di 150 automezzi, tra veicoli e rimorchi, ma con i libri contabili gestiti dai commercialisti della 'Ndrangheta. Per questo, il Consiglio di Stato (Sezione Terza) non ha voluto sentire ragioni da parte dell'azienda, confermando pienamente il contenuto dell'interdittiva emessa dal Prefetto, con sentenza dell'11 maggio 2020.

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DAVANTI GIOVANI IMPRENDITORI VENTENNI, DIETRO PADRE, SUOCERO E ALTRE QUOTE SOCIETARIE SOTTO SEQUESTRO

"La giovanissima età (circa 20 anni) che all’epoca aveva -OMISSIS-, il quale costituì la società e presiedette l’assemblea straordinaria fa sembrare inverosimile che potesse avere le doti di esperienza professionale necessarie per dirigere una struttura aziendale di notevole consistenza", scrive il tribunale nella sentenza che ha respinto il ricorso formulato dall'azienda. "La società non può ritenersi frutto dell’iniziativa autonoma dei giovani, all’epoca poco più che ventenni, per crearsi un’azienda autonoma dalle gestioni familiari facenti capo, rispettivamente, al padre e suocero per avviare di propria iniziativa e con le proprie forze un’attività imprenditoriale, tanto più se si considera che una notevole parte dei mezzi (91 su 148) e del personale (79 dipendenti su 93) provenivano da imprese già esistenti", continuano i giudici.

Il Tribunale ha sottolineato anche che "il primo giovane socio, titolare del 99% delle quote sociali, è figlio convivente con il padre ed il secondo genero dello stesso" e appunto che "la derivazione di buona parte dei mezzi e del personale è da ricondursi a precedenti imprese dello stesso -OMISSIS-, come la comunanza delle sedi sociali e l’utilizzazione dello stesso studio commerciale". Ulteriore elemento indiziario è desumibile dalla condizione di sequestro preventivo di tutte le quote delle società direttamente intestate ai due OMISSIS.

I LEGAMI NASCOSTI CON L'AMBIENTE MALAVITOSO E I COMMERCIALISTI DELLA 'NDRANGHETA

Vi sarebbe, dunque, per il Tribunale, il tentativo di un “passaggio di testimone al solo fine di trasferire l’attività già svolta in capo ad una nuova impresa, esente da gravami di qualunque natura", riporta il dispositivo. L’interdittiva antimafia, articolata in 8 capitoli, ripercorrendo l’evoluzione storica della società, i rapporti di parentela, la asserita contiguità dei due  - OMISSIS - con esponenti della criminalità organizzata (‘ndrangheta), richiama l’elenco delle società riconducibili a questi, i procedimenti penali dai quali sarebbe emerso il suo nome e la sua contiguità con esponenti della criminalità, le vicende relative alle emissioni di fatture false, i contatti con taluni commercialisti collusi con la ‘ndrangheta. 

"Particolare importanza assume il fatto che uno dei commercialisti – socio dello studio che ha svolto consulenza fiscale per il 2012 nei confronti di tutte le ditte intestate ai medesimi proprietari, alla moglie di uno ed al loro figlio – è stato successivamente condannato in primo grado dal Tribunale di Bologna, con sentenza del 22 aprile 2016, a dieci anni e quattro mesi di reclusione, per una serie di reati tra cui l’associazione a delinquere di stampo mafioso. L'interdittiva, in aggiunta, fa menzione di intercettazioni telefoniche relative ad esponenti dell'impresa - o delle imprese - e a rapporti di affari e di cointeressenze economiche intessuti dai gestori con "personaggi contigui, se non addirittura affiliati ai sodalizi criminosi".

 

 

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