Il Decreto Calabria non decolla: i forti ritardi sulle nomine dei nuovi commissari

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  27 luglio 2019 20:04

di GABRIELE RUBINO

La sanità regionale è sottoposta da mesi ad un regime normativo speciale, unico in Italia. È un tentativo estremo di ricondurla ad una situazione di “normalità”. I fatti stanno dimostrando che la cura non sta funzionando, o forse non è entrata proprio in circolo. Anzi, nelle ultime settimane nelle Asp e nelle aziende ospedaliere calabresi è aumentata la confusione amministrativa e le già strutturali carenze nei servizi sono rimaste intatte. Il Decreto Calabria (leggi qui) su questo ha contribuito in piccola parte (i danni arrivano da lontano), ma avrebbe dovuto garantire una cosa su tutte: il cambio pressoché immediato dei direttori generali delle aziende. Il provvedimento targato Cinque Stelle ha già fallito nei tempi. Sono decaduti i dg nominati da Oliverio ma finora non si è insediato nessun nuovo manager voluto dalla struttura commissariale governativa. Dall’inizio di maggio, quando è entrato in vigore il Decreto Calabria, le Asp e le aziende ospedaliere calabresi sono rette dai “facenti funzioni”. In teoria, seconde scelte.

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I TEMPI DOVEVANO ESSERE STRETTI- Eppure, il fattore tempo era essenziale. La stessa costituzionalità del provvedimento si regge sul fatto che l’estensione dei poteri statali, con ulteriore contrazione di quelli regionali, è limitato ad un solo anno e mezzo di vigenza. La celerità nelle nomine dei nuovi vertici degli enti del servizio sanitario regionale era data quasi per scontata anche dalle stesse norme del Decreto Calabria, prevedendo in caso di mancata intesa fra il commissario e presidente della Regione l’intervento diretto dell’esecutivo nazionale nell’indicazione dei nomi entro dieci giorni oltre a deroghe sulla discrezionalità della selezione. Sono passati tre mesi dalla pubblicazione in Gazzetta del Decreto (ed uno dalla legge di conversione) ma nessun nuovo commissario straordinario è sbarcato in Calabria, nemmeno i tre già individuati dal Consiglio dei ministri, vale a dire Gilberto Gentili all’Asp di Crotone, Giuseppina Panizzoli all’Annunziata di Cosenza e Isabella Mastrobuono al Pugliese-Ciaccio di Catanzaro. Ne mancano altri quattro, se non cinque, ancora non venuti fuori (o da trovare). La lista originaria dei manager ha patito parecchie defezioni dopo la riduzione delle premialità aggiuntive al normale stipendio da direttore generale da circa 124 mila euro lordi annui (i 20 mila euro di rimborso spese e la “condizionalità” ai 50 mila) decisa dal Parlamento in sede di conversione.

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INSOFFERENZE CINQUESTELLE- Il movente del Decreto era proprio la lotta alla supremazia su chi doveva individuare i direttori generali delle aziende. Si ricorderà il rabbioso intervento via Facebook del ministro Grillo, quando, all’inizio dell’anno, il governatore fece la sua ultima infornata di nomine. Per altro verso le ulteriori misure del Decreto, oltre alla confusione sulle gare per cui è stato necessario un Dca interpretativo di Cotticelli (leggi qui), non hanno ancora fatto venir meno la condizione di “isolamento” del generale quando si trova nel dipartimento di Tutela della Salute della Cittadella. Sulla carta era previsto un rafforzamento (quasi militare) della struttura commissariale ancora non entrato a regime. I ritardi sono evidenti su quasi tutti i fronti e alcuni segnali di insofferenza di una parte della delegazione pentastellata calabrese (su tutti Dalila Nesci) ne sono la controprova. Il ministro Grillo indubbiamente ci ha messo la faccia per settimane, salvo non citare le norme calabresi (le prime dieci) ma solo quelle nazionali del Decreto Calabria nel suo bilancio ad un anno dall’insediamento presentato alle commissioni parlamentari nei giorni scorsi. Forse ha capito di essere di fronte ad una “palude vietnamita”.    

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