Il dibattito. La docente Maria Marino: "Ripensare la scuola in Calabria, e non solo!"

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La docente Maria Marino
  09 maggio 2020 15:45

di MARIA MARINO

Da giorni oramai si assiste al dibattito  sull’organizzazione della scuola post-emergenza, o meglio in convivenza con essa. Una seria proposta organizzativa, deve però muoversi da un’ analisi  preventiva dei fatti accaduti, delle problematiche evidenziate e delle considerazioni  sul sistema nel suo complesso, prima che le ipotesi possano essere formulate ed eventualmente verificate nella loro possibile attuazione.

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La fase iniziale ha visto la scuola capovolgere abitudini e contesti, come mai prima era avvenuto: aule vuote e lavoro agile hanno sostituito il quotidiano con l’alternativa della Dad e della produzione lavorativa online; le famiglie, obbligate a rinchiudersi in casa coi figli, hanno trasformato l’habitat familiare in siti lavorativi, adattando logisticamente gli ambienti e mentalmente le proprie routine lavorative , conciliando i nuovi tempi lavorativi con  quelli familiari, anch’essi completamente reinventati. I nuovi scenari determinatesi in tali contesti sono stati a dir poco travolgenti di tutto un equilibrio, familiare e lavorativo, che negli anni si era, a mio modestissimo parere, incancrenito in un sistema di delega di diritti e di doveri che poco avevano a che fare con le grandi battaglie dei lavoratori, tantomeno con le politiche di conciliazione tra i tempi di lavoro e i tempi familiari. Ad aggravare la già precaria rivisitazione del proprio sistema di vita, le coperture geografiche dei sistemi tecnologici,  che con tutti i suoi limiti, ha obbligato tutti a tempi di lavoro senza limiti, a modalità di comunicazione improvvisate e dell’ultimo momento che, utilizzati prima solo occasionalmente e per le urgenze, sono diventati sistema ordinario. In tale contesto la risposta è stata nel tempo formulata a pezzetti e passata sottobanco, a fronte delle grandi promulgazioni degli intenti, mi riferisco ai piccoli bonus concessi qua e là, ma che con approfondita ( ma non tanto) analisi si è scoperto che finivano, in molti casi, per penalizzare di fatto tutti coloro che, seguendo le regole date, riorganizzavano i loro tempi sia familiari che lavorativi, continuando comunque a produrre, seppur nei limiti imposti e con la lentezza che la situazione di contesto permetteva.

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In tale fase si è scoperta la valenza della scuola nella sua visione peggiore: “parcheggio sicuro” per i figli, perché all’ombra dell’esercizio del diritto allo studio, ma, ancor peggio, utile parcheggio per essere liberi di svolgere le proprie attività, anche non lavorative, in piena libertà di tempo e di responsabilità: perché pagare una baby sitter ad ore quando la scuola può essere gratuita, e allo stesso tempo istruttiva? Ecco la particolarità: la scuola è spesso “prima” comodità e “poi” istruttiva, nel comune pensare. Ecco perché la sua “visione peggiore”. Già questa è una considerazione sulla quale riflettere e un pensiero sul quale occorre intervenire: la scuola e il diritto allo studio non devono e non possono essere più considerati optional della vita familiare e sociale, tantomeno un parcheggio nell’organizzazione dei tempi nella vita degli adulti. La scuola, tempio sacro della formazione dell’Uomo deve riappropriarsi della sua indiscutibile funzione sociale, co-educativa, formativa e culturale nel comune pensare; deve riprendersi la dignità del diritto universalmente riconosciuto e in quanto tale inviolabile, sotto qualsiasi forma avvenga la violazione, compreso il discredito o lo svilimento e riduzione a “sano parcheggio ad ore”.

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Occorre quindi che chi è chiamato a prendere decisioni, sappia investire molto di più di quanto finora si è fatto: il “patto sociale” a cui i gli individui aderiscono nell’organizzare la propria comunità sociale e politica, deve necessariamente individuare nella scuola la fonte primaria della costruzione sociale, la pietra d’angolo su cui costruire la propria identità e sulla quale puntare per la propria autodeterminazione futura. Docenti malpagati e situazioni logistiche e, oggi più che mai, tecnologiche a più velocità diventano necessariamente sistemi di disparità culturale nei confronti degli altri paesi, e la globalizzazione dei sistemi purtroppo, non lascia spazi sufficienti per il rallentamento o tempi sufficienti per l’allineamento, esso deve avvenire in corso d’opera o si resta fuori da tutto.

Quanto questo aspetto concorrenziale della scuola è stato finora compreso?

I docenti di ogni ordine e grado di scuola, in questa fase non sono rimasti a casa soltanto, hanno accettato la sfida della tecnologica relazione didattica che la dad ha imposto, con grande spirito di sacrificio, abnegazione e professionalità, reinventandosi, in alcuni casi anche inventandosi ex novo, esperti informatici, per fornire al capitale umano che, quotidianamente, e più di tanti altri, hanno davanti: l’essere umano nella fase più delicata della propria esistenza, quella dell’età evolutiva; quella in cui “accendere la luce del sapere” significa accendere un percorso verso la conoscenza, infinita e ancora tutta da indagare, nelle sue immense ricchezze e possibilità; i docenti sanno bene, più di chiunque altro, che l’essere umano che ha davanti non può essere rinviato a domani nella sua sete di conoscenza, il cui stimolo proviene dalla capacità di incuriosirlo alla conoscenza, ancor prima di proporla. E in questo particolarissimo periodo, la Scuola ha saputo raggiungere tutti gli studenti, proprio perché convinta dell’importante ruolo ad essa affidato dallo Stato.

Ma quanto questo importante ruolo è riconosciuto in termini quantitativi sul piano economico e finanziario, sul piano degli investimenti, e sul piano della dignità sociale? La scuola costa e anche tanto, ma si deve anche ammettere con lealtà intellettuale, che il senso di responsabilità umana, prima che lavorativa, dei docenti è stata da sempre malripagata a tutti i livelli, fino alla ormai retorica asserzione “i docenti stanno a casa tre mesi l’anno!” che tanto offende e denigra la funzione.

Sorvolando sulla retribuzione che risulta essere tra le più basse d’Europa, sul piano dei diritti, incompiuto è rimasto il percorso di riconoscimento del ruolo unico: vergognose le Tabelle di Equiparazione fra i livelli di inquadramento dei lavoratori dei diversi comparti pubblici del DPCM del 2015 sulla mobilità: seppur dal 2001 il titolo d’accesso ai ruoli per l’insegnamento nelle scuole dell’Infanzia e della Primaria sia la Laurea Magistrale, il personale di questi due ordini di scuola risulta inquadrato nell’area II da diplomato di scuola superiore di II grado; a nulla è valsa la lieve “battaglia” (se tale può esser definita) delle maggiori sigle sindacali, che poi hanno finito per arrendersi con facilità alla situazione, abbandonando per sempre l’argomento nel dimenticatoio delle cose non fatte.

Questo mancato di riconoscimento dello Stato per i suoi lavoratori, con la tecnica storicamente sempre valida delle grandi incompiute, già in sé ne sminuisce il valore sociale, non solo dei docenti, ma della scuola tutta, ministeriali e comparto scuola, che li vede tra i  lavoratori dei diversi ministeri, quelli con la retribuzione più bassa, anche a parità di inquadramento di funzioni.

Reinventarsi e ipotizzare la scuola quindi non può e non deve essere solo l’organizzazione del distanziamento sociale e dei sistemi di protezione personale,pur importante e necessaria, deve essere per forza un ripensamento dell’intero sistema: a fronte delle maggiori cautele ed attenzioni che si richiedono, occorre prevederne le conseguenti risorse umane e finanziarie; individuare con precisione nuove responsabilità e nuove funzioni in capo a nuove figure o in aggiunta alle figure già esistenti, rivedendo i profili degli incarichi e delle mansioni di ciascuno con specifiche tutele, anch’esse riconosciute chiaramente ed analiticamente; se l’organizzazione deve essere nuova e diversa rispetto al passato, anche tutto ciò deve essere rivisitato e non solo la didattica; nessuno  pensi di scaricare sul mondo della scuola responsabilità che poi, col consueto metodo  a scarica barile, tutto vada a  ricadere sul “sacrificio incomiabile” (che di fatto non viene mai encomiato di nulla) dei Dirigenti scolastici e dei Docenti quali riferimenti terminali e frontline dell’intero sistema scolastico.

Se nella “comunità educante” si amplia e si consolida la presenza delle famiglie (presente da sempre, anche prima dei Decreti Delegati), purtroppo molto spesso quale controparte, invece che co-partecipe  nel percorso formativo dei propri figli (la famiglia educa, la scuola forma), siano ben chiariti il ruolo e la funzione delle parti, la competenza di ciascuno e la possibilità  che ognuno ha d’interferire nella sfera delle competenze di ciscuno delle altre parti in concorso di causa. La causa è una sola e tale deve restare: la formazione integrale del soggetto in formazione, alunno o studente che sia; il patto formativo trovi nella sua forma, la sostanza di contenuti ineludibili e non contrapposti all’interno delle parti che lo sottoscrivono, ma la visione chiara di un unico obiettivo dalle sfaccettature diversificate certamente, ma in cui ciascuno mette a servizio della formazione le proprie competenze.

Infine, ma non per ultimo, il territorio si adoperi perché le infrastrutture necessarie per l’esercizio del diritto all’istruzione, siano all’altezza del compito: trasporti e copertura internet siano priorità rispetto a tutte le altre seppur necessarie; se la scuola deve ripartire in forme nuove di partecipazione, anche il contesto territoriale è chiamato a fare la sua parte, garantendo nuove forme di attenzione e di disponibilità, nuove possibilità di collegamenti per gli studenti pendolari ai cui orari, legati ai trasporti, spesso le scuole hanno dovuto declinare i propri orari e le proprie attività didattiche, curriculari e extracurriculari. La Calabria molto più di altre regioni dovrà attenzionare e rimodulare i propri trasporti: lo scenario della turnazione pomeridiana potrà essere realizzata solo se i trasporti potranno garantire il servizio, che finora non sempre e non dappertutto era garantito; molte attività extracurriculari non venivano proposte proprio per l’impossibilità per gli studenti di rientrare a casa, salvo la buona volontà di organizzazione privata a carico delle famiglie; l’ampliamento dell’offerta formativa che la società richiede oggi alla scuola, purtroppo in Calabria ha subito molte limitazioni, proprio a causa della inefficienza dei servizi di trasporto; rispetto alle scuole di altri territori dove i servizi sono molto più efficienti e dunque gli studenti possono usufruire di una maggiore offerta formativa. Disparità che nel reinventare la vita, dove il Covid19 ha fatto minor danni, non dovrà assolutamente verificarsi, anzi, come da più parti si dice, al Sud l’occasione può e deve diventare occasione di recupero del gap ormai secolare con le altre aree geografiche d’Italia e non solo; gap che ha portato alla grande emigrazione intellettuale degli ultimi anni: oggi si può e abbiamo tutti il dovere morale e civile di intervenire, per invertire  la tendenza che ha impoverito la Calabria collocandola agli ultimi posti di quasi tutte le classifiche socio-economiche. La scuola necessiterà di nuovi servizi di trasporto, adattabili alle esigenze nei percorsi e negli orari, oltre che nella intensificazione dei percorsi per ridurre quanto più possibile le distanze tra casa e scuola.

Il territorio sarà in grado di rispondere alle esigenze del nuovo sistema scolastico che i nuovi scenari prevedono di attuare? Queste sono solo alcune delle considerazioni sulle quali occorre riflettere bene nella formulazione di ipotesi di organizzazione del sistema scolastico che verrà. La speranza è che le analisi quali-quantitative necessarie vengano fatte in maniera approfondita e non per approssimazione, con esperti della scuola e non con chi in un’aula non è mai entrato, perché è facile dare per scontata la propria esperienza e trascurare quella altrui, ancor più facile credere di avere a portata di mano le migliori soluzioni possibili e, soprattutto, a buon mercato!

*Docente

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